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Il bike sharing diventa globale e spopola in tutto il mondo... tranne a Roma

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Per citare alcuni esempi internazionali, a Copenhagen, per facilitare la vita dei ciclisti, sono nati dei semafori segnaletici temporizzati appositi per chi si reca in ufficio sulle due ruote più ecologiche. In Cina, nella località di Hangzhou sono state realizzate apposite corsie per le bici, ritagliate in gran parte dei percorsi solitamente riservati alle auto. Ogni domenica a Città del Messico migliaia di ciclisti sono liberi di spostarsi lungo un percorso composto dalle maggiori strade principali, chiuse al traffico da parte dei mezzi a motore per l'occasione.

In tali località ed in numerose altre città del mondo non soltanto è stata aperta la condivisione delle vie di comunicazione automobilistiche con i ciclisti, ma anche la condivisione degli stessi mezzi di locomozione rappresentati dalle biciclette, grazie al bike sharing. I progetti di bike sharing riguarderebbero al momento più di 500 città in almeno 49 Paesi del mondo. Si calcola che le biciclette in condivisione nel mondo siano oltre 500 mila. A Copenhagen è prevista l'apertura di un nuovo programma di bike sharing, che renda ancora più semplice e diffuso l'impiego di biciclette in condivisione.

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Nel mondo il bike sharing è parte di progetti che prevedono l'impiego di biciclette che possono essere noleggiate grazie all'impiego di una tessera o di una carta di credito ed il cui aspetto e valore, nonostante il perfetto funzionamento, non avrebbe motivo di attirare i ladri. Non è così a Roma, dove il bike sharing è stato definito come un vero e proprio fallimento.

A Roma il bike sharing non sarebbe nato per offrire un servizio, ma semplicemente per vendere spazi pubblicitari, secondo quanto dichiarato da parte di Matteo Costantini, candidato alla presidenza del nuovo Municipio I, all'interno della lista civica "Uniti per il Centro Storico". Il bike sharing a Roma non è considerato un servizio di efficienza.

Per quanto riguarda Roma, il progetto delle bici in condivisione è stato additato come un flop milionario. Rastrelliere vuote, centinaia di biciclette rubate, stazioni abbandonate al degrado e non più utilizzate. Sono stati sprecati in questo modo 1 milione e 600 mila euro, soprattutto a causa di un sistema di sicurezza non sufficiente e della mancanza di controlli del funzionamento del servizio.

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Ecco inoltre la situazione di un'altra delle più estese città Italiane. Si tratta di Milano, dove tra il 2010 ed il 2012 è stata registrata una crescita in positivo del servizio di bike sharing. Nel capoluogo lombardo la condivisione delle biciclette è stata immediatamente ben accolta da i cittadini e da coloro che si recano in città per motivi di studio o di lavoro, molti dei quali utilizzano le bici regolarmente. Nonostante il servizio sia efficiente a Milano, non manca però purtroppo una nota negativa. Una notizia riportata negli ultimi giorni da Repubblica denuncia l'ombra di mazzette e corruzione per quanto riguarda il contratto stipulato nel 2008 con la giunta Moratti per il bike sharing e dei reati commessi nel 2011.

La speranza, per Milano, dato il buon funzionamento del servizio, è che esso possa proseguire senza problemi, nonostante le indagini. A Roma ci si attende che la prossima Amministrazione, che nascerà dalle elezioni comunali, si impegni nel permettere che il bike sharing decolli nella Capitale, così come è avvenuto nel mondo, in nome della mobilità sostenibile, di una vera e propria #mobilitànuova.

Marta Albè

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