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Gluten Friendly: start up italiana mette a punto metodo per far mangiare glutine ai celiaci

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Published in: Alimentazione & Salute

Celiachia farine

La pugliese New Gluten World – spin off accademico dell’Università di Foggia – ha infatti messo a punto un metodo low cost per “definire il processo di detossificazione delle proteine del glutine, grazie al quale è possibile realizzare farine impiegabili per produrre alimenti con qualità sensoriali e nutrizionali del frumento, tali da essere consumati da tutti, compresi i soggetti celiaci”. Il grano, in pratica, si rende innocuo per il paziente celiaco.

Si tratta di una soluzione tecnologica che usa solo calore e acqua e che non sottrae il glutine dalle farine, bensì ne elimina la componente tossica mediante un processo chimico-fisico a basso costo, “a zero impatto ambientale e facilmente industrializzabile” – come si legge sul sito – che non altera le proprietà sensoriali e nutrizionali del cereale e non usa enzimi o sostanze chimiche.

Secondo le ultime stime in Italia sono presenti almeno 600 mila persone celiache ed è ormai un anno che all’interno della classificazione dei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza, prestazioni sanitarie che risultano gratuite o che richiedono il pagamento di un ticket offerte dal Sistema Sanitario Nazionale), la celiachia è passata da malattia rara a malattia cronica.

Con il processo gluten friendly messo a punto per mano della dottoressa Carmela Lamacchia, si riconciliano le proprietà tecnologiche e nutrizionali del grano con la sicurezza alimentare di cui hanno bisogno i soggetti celiaci. Con questo processo, il celiaco potrà mangiare quello che mangiava prima dell’insorgenza della patologia, riacquistando anche un benessere fisico e psicologico e, perché no, anche economico.

"In Puglia nei campi di grano dopo il raccolto, i contadini bruciano le stoppe per ripulire il campo e poi si raccolgono i chicchi bruciati rimasti a terra: quello è il grano arso e – racconta la Lamacchia – nel 2010, come chimica e ricercatrice dell’Università di Foggia, m’interessai alle proprietà molecolari del grano arso. Mi accorsi che nei chicchi di grano esposti a forte calore, le proteine del glutine non si aggregavano, al contrario di quanto succede nella farina impastata e infornata. Le proteine nel chicco, cioè, si comportavano in un modo che non aveva riscontri in letteratura. Ho iniziato quindi a ipotizzare che col calore si potessero plasmare le proteine del glutine all’interno del chicco, dove convivono separate fra loro, ma senza arrivare a bruciare il grano. È così che è nato il glutine amico di tutti, che ho chiamato Gluten Friendly".

Di recente, il brevetto della tecnologia Gluten Friendly è stato riconosciuto in tutta Europa e ha ottenuto diversi riconoscimenti nazionali e internazionali.

Gluten free

Come funziona la detossificazione

In pratica, il chicco di grano intero (per ora il trattamento è stato previsto per il grano duro e il grano tenero, le due varietà più diffuse al mondo, ma gli studiosi non escludono di lavorare in futuro anche su altri cereali) viene esposto ad alte temperature, secondo parametri brevettati di tempo, umidità, e asciugatura.

Sulla celiachia puoi leggere anche:

Le prove di laboratorio hanno dimostrato che dopo il trattamento, il glutine della farina Gluten Friendly perde tra il 90 e il 99% del suo potenziale tossico e mentre prima il glutine veniva riconosciuto e mandava in allarme il sistema immunitario, adesso passa non scatena più la reazione autoimmune.

Ritornano per i celiaci diete non restrittive? Il gluten friendly ridonerà i piacere della cara vecchia dieta mediterranea? Si avranno benefici anche dal punto di vista dei portafogli? Per ora rimane il brevetto, aspettiamo solo che la farina Gluten Friendly venga commercializzata.

Germana Carillo


La dieta occidentale sta facendo estinguere i batteri buoni dal nostro intestino

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Published in: Alimentazione & Salute

Hadza tribu

Se infatti il microbioma è quell’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali di tutti i microrganismi che colonizzano il nostro tratto digerente, la dieta occidentale lo sta mettendo via via a dura prova, facendo in modo che quella stessa raccolta di batteri che influenza metabolismo e sistema immunitario stia scomparendo.

Insomma, proprio per questo quella tribù di circa 1.300 cacciatori-raccoglitori, una delle ultime rimaste in Africa, sono stati svolti importanti studi e, in ultimo, è stata presa in esame da un testo pubblicato sulla rivista Science.

Già negli ultimi anni, gli scienziati di tutto il mondo hanno verificato che lo stile di vita occidentale sta modificando il nostro microbioma e, ora, come afferma Justin Sonnenburg, un esperto della Stanford University, negli intestini degli occidentali c’è una minore varietà di microbi.

Il team di Sonnenberg ha analizzato 350 campioni di microbioma di persone di Hadza – la cui dieta si basa su ciò che si trova nella foresta, tra cui bacche selvatiche, tuberi ricchi di fibre, miele e carne selvatica, per circa un anno. Poi hanno confrontato i batteri presenti negli Hadza con quelli che si trovano nelle persone di altre 17 culture in tutto il mondo, tra cui le comunità di cacciatori-raccoglitori del Venezuela e del Perù e di contadini che praticano un’agricoltura di sussistenza, in Malawi e in Camerun.

Dai risultati è emerso che le persone che seguivano diete lontane da quella occidentale, avevano una maggiore varietà dei microbi nell’intestino. Le persone che vivono in Africa, Papua Nuova Guinea o Sud America, per esempio, posseggono i comuni microbi intestinali, quelli che ormai non ci sono più nel mondo industrializzato, composto da diete a basso contenuto di fibre e da alti livelli di zuccheri raffinati.

Su una dieta sana ed equilibrata puoi leggere anche:

La nostra dieta, in pratica, sta eliminando delle specie di batteri dai nostri intestini. Mangiare più fibre sarebbe la soluzione ideale? Magari sì, ma anche eliminare tutti i cibi raffinati ed estremamente lavorati, osservare una certa varietà nell’alimentazione ed eliminare del tutto il cibo spazzatura.

Germana Carillo

 

Alberi dei prigionieri: i due leggendari baobab in cui venivano rinchiusi i nativi

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Published in: Natura & Biodiversità

baobab dei prigionieri

Il baobab australiano è uno dei più famosi di tutto il paese. L'albero può raggiungere un'altezza di 9-12 m. Il tronco è corto e molto largo e può raggiungere anche i 5 m di diametro. Per via delle sue dimensioni può contenere molta acqua, da qui il soprannome di albero bottiglia.

La sua bellezza attira numerosi visitatori ma alcuni esemplari hanno suscitato maggiore curiosità per la miriade di storie o leggende che li circondano.

È quanto accade al baobab che si trova nei pressi del fiume King a sud di Wyndham, nell'Australia Occidentale. L'albero ha una circonferenza di circa 15 metri e il tronco è vuoto. È stata intagliata una porta per accedere al suo spazio interno, molto ampio. Si narra che attorno al 1890 una pattuglia di polizia che conduceva un gruppo di prigionieri aborigeni a Derby per la condanna si fermò li per la notte. Vedendo il grosso albero vuoto, creò la porta per rinchiudere i prigionieri all'interno del tronco.

Questa “abitudine”, secondo i racconti della gente del luogo, continuò anche in seguito, motivo per cui il baobab venne soprannominato “albero dei prigionieri”.

Quando il gruppo di prigionieri era numeroso e non c'era spazio per tutti, alcuni dei nativi venivano stati incatenati al tronco all'esterno. La cella all'interno era circa 9 metri quadrati e secondo i racconti avrebbe ospitato fino a 30 persone.

A sud di Derby, c'è un altro baobab servito allo stesso scopo. Molti storici hanno considerato queste storie come folklore visto che non ci sono prove che i baobab siano mai stati usati come prigioni. Quello vicino a Derby, in particolare, è così vicino alla città (solo 16 km) che non ci sarebbe stato bisogno di rimanere nascosti in un albero per la notte.

boab prison tree 56

D'altra parte, c'è chi sostiene anche che il baobab di Wyndham avesse addirittura un grosso bullone fissato per incatenare i prigionieri.

wyndham prison boab

Questi racconti, che siano reali o no, hanno reso popolari i due alberi. L'industria turistica locale ne ha anche sfruttato la storia per promuovere il turismo.

LEGGI anche:

Gli alberi sono ora recintati per impedire che i visitatori si possano arrampicare o che possano incidere i loro nomi nella corteccia come successo in passato prima.

Francesca Mancuso

Foto

Auto elettriche: le miniere di nichel per produrre batterie avvelenano intere città

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Published in: Auto

batteria tesla

L’estrazione delle materie prime ha costi ambientali elevatissimi

L’attività di estrazione mineraria di alcune sostanze utilizzate per produrre batterie utilizzate dalle auto elettriche è al centro del dibattito, ripreso proprio in questi giorni dal Guardian. Lo scorso anno Elon Musk, parlando di una gigafactory dove produrre le batterie per i veicoli Tesla, aveva risposto ad alcune domande e sottolineato che il problema della mancanza di litio sufficiente ad alimentare una simile fabbrica è un falso problema: il litio è come “il sale sull’insalata”, gli ingredienti primari sono nichel e grafite.

Ma lo stesso nichel – estratto prevalentemente in Australia, Canada, Indonesia, Russia e Filippine – ha un costo di estrazione elevato in termini sia di salute che ambientali. Non a caso le Filippine quest’anno hanno chiuso o bloccato temporaneamente 17 miniere di nichel proprio per via di questioni ambientali. Ma il mercato esige nichel, la domanda continua a crescere per via del suo prezzo contenuto e anche grazie a nuovi settori come quello della produzione delle batterie. 

Più veicoli elettrici, più estrazione mineraria

Nella zona Ovest dell’Australia, la miniera di Ravensthorpe è l’ultimo di una serie di siti minerari destinati alla chiusura, prevista per settembre. Ma lo stesso giorno dell’annuncio, nella stessa regione, il gigante BHP Billiton ha svelato un progetto nuovo: 43 mln di dollari di investimento in un impianto di lavorazione che garantirà 100 mila tonnellate di solfato di nichel all’anno all’emergente mercato delle batterie.

Sono ben noti gli effetti sulla salute di chi lavora in miniera. Un altro esempio è quello di Cerro Matoso, in Colombia, dove una spinoff della stessa BHP, la South32, gestisce una miniera. Qui nella popolazione sono stati riscontrati casi di deformità, problemi respiratori e patologie legate al livello elevatissimo di inquinamento generato dall’estrazione di nichel e ad attività come quella di fusione. Naturalmente, la BHP si difende: al Guardian ha dichiarato che comunque è risaputo che tutti i progetti hanno bisogno di autorizzazioni ambientali.

Da Greenpeace David Santillo ricorda la posizione degli ambientalisti: “L’estrazione mineraria combinata con la lavorazione, il trasporto su strade o rotaie, può generare il riversamento di grandi quantità di polvere nell’aria, polvere che contiene concentrazioni altrettanto elevate di metalli tossici, non solo il nichel ma anche cobalto, rame o cromio”.

In tutto il mondo le miniere causa danni immensi a esseri umani e ambiente:

Possibili soluzioni per ridurre il problema

Secondo Santillo, innanzitutto occorre utilizzare e riutilizzare il nichel che è già stato estratto invece di puntare gli occhi su quello che ancora si trova nel sottosuolo a costi ambientali insostenibili. Renault – che produce Zoe, il veicolo elettrico più venduto in Europa nel 2016 – sostiene di riciclare circa il 70% del peso della batteria, anche se non si conosce la quantità di nichel effettivamente riciclata. Tesla invece sostiene che a fine vita è riutilizzabile tutto il nichel impiegato nella produzione. Anche la russa Norilsk Nickel prende posizione e risponde alle pressioni, dichiarando di aver ridotto nelle operazioni di estrazioni l’utilizzo di energia da fossili di circa il 49% nel 2016. Peccato che abbia sede in una delle cittadine più inquinate del mondo, Norilsk, a causa delle 350 mila tonnellate di diossido di zolfo emesse proprio dalla fabbrica di nichel ogni anno, smantellata lo scorso anno.

Anna Tita Gallo

Svelati i segreti del Dodo: si estinse 350 anni fa per colpa dell'uomo

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Published in: Animali

dodo

Il gruppo di ricercatori dell'Università di Cape Town ha rivelato che prima di “conoscere” l'uomo, il dodo non aveva predatori. Inoltre, gli uccelli deponevano le uova nel mese di agosto. La schiusa dei piccoli avveniva circa a un mese di distanza e la loro crescita era molto veloce. Essi diventavano grandi e indipendenti nell'arco di pochi mesi per poter affrontare indenni il rigido clima dell'estate australe.

Delphine Angst e il suo gruppo hanno analizzato al microscopio le ossa di 22 esemplari di dodo per saperne di più sulla crescita degli uccelli.

“Prima del nostro studio sapevamo molto poco su questi uccelli”, ha detto Angst.

Gli scienziati possono oggi spiegare i modelli di crescita delle ossa dei pulcini. La velocità avrebbe dato loro un vantaggio di sopravvivenza nel momento in cui i cicloni avrebbero colpito l'isola tra novembre e marzo, con la conseguente minore disponibilità di cibo per gli uccelli.

Tuttavia, questi ultimi impiegavano diversi anni per raggiungere la maturità sessuale, probabilmente perché gli adulti mancavano di predatori naturali.

Anche se le raffigurazioni artistiche li ritraggono come uccelli colorati, secondo le testimonianze tramandate dai marinai della zona, il dodo era coperto di piume nere o di colore grigio. E la nuova ricerca sembra confermarlo.

“Il dodo era piuttosto un uccello grigio e durante la muta aveva un piumaggio nero,” ha spiegato Angst. “Quello che abbiamo scoperto usando i nostri metodi scientifici si adatta perfettamente a quello che i marinai avevano scritto in passato”.

La ricerca potrebbe far luce anche sull'estinzione del dodo, avvenuta circa 350 anni fa, meno di 100 anni dopo l'arrivo degli esseri umani sull'isola.

Secondo lo studio, per la prima volta l'animale venne descritto nel 1598 dai marinai olandesi e si estinse tra il 1662 e il 1693. Ciò lo ha reso un'icona dell'estinzione indotta dall'uomo. Il mito che voleva che tali animali fossero stati cancellati dalla Terra a causa della caccia non ha basi solide, ma secondo la nuova ricerca la "colpa" è da imputare al'introduzione, da parte dei colonizzatori, di mammiferi invasivi, in particolare scimmie, cervi, suini e ratti.

Secondo il mito legato al nome dell'uccello, se il termine portoghese doudo significava "sempliciotto" e poteva essere interpretato come "preda facile", dall'altra il termine olandese walgvogel significa invece "uccello disgustoso". Di conseguenza, è più probabile che la sua carne non fosse amata dai coloni e che la sua fine sia stata dovuta all'introduzione di specie animali antagoniste. Il dodo, non sapendo volare, costruiva il proprio nido per terra. Ciò lo rendeva vulnerabile agli attacchi degli altri mammiferi.

LEGGI anche:

Tanti sono ancora i segreti che questi bellissimi animali nascondono anche perché i campioni ossei sono rari. Una cosa sembra certa. Anche centinaia di anni fa, l'uomo riuscì a decretarne il triste destino.

Francesca Mancuso

Per star bene, ci vuole anche sano egoismo

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Published in: Mente & emozioni

sano egoismo

Meglio partire dall'inizio però. Quindi: cosa si intende per “egoismo”? Secondo il vocabolario Treccani, si tratta dell'“atteggiamento di chi si preoccupa unicamente di sé stesso, del proprio benessere e della propria utilità, tendendo a escludere chiunque altro dalla partecipazione ai beni materiali o spirituali ch’egli possiede e a cui è gelosamente attaccato”. Di sano, qui, naturalmente, non c'è nulla. L'egoista autentico è – in molte forme e sfumature, ovviamente – un predatore. In genere, pure avido e arroccato nel suo mondo dorato. Nei fatti, la sua è una scelta di vita profondamente sciocca: perché non può condurre che all'infelicità.

Basta fare mente locale su quali siano le circostanze che ci portano veramente gioia nel cuore, piacere profondo e puro: in un modo o nell'altro sono sempre le conseguenze di azioni, situazioni, momenti che nascono da volontà di bellezza, da pensieri mossi dal cuore. Ci fa sta bene fare del bene, essere gentili, raggiungere un obiettivo senza aver calpestato nessun altro, aver realizzato un progetto costruttivo, contribuire a qualcosa di bello o utile. Stiamo bene, cioè, quando non ci preoccupiamo solamente di noi stessi, del nostro bene e della nostra utilità ma allarghiamo la nostra visione, includiamo anche il benessere e il vantaggio per gli altri più o meno vicini a noi, per la comunità.

Lo stesso vale per la "partecipazione"? Immaginiamo una tavola imbandita: è più divertente mangiare da soli o in compagnia? Se pure il cibo a disposizione fosse poco: anche se la pancia rimane magari un po' vuota, non è forse più piacevole e nutriente, anche per lo spirito, farlo con gli altri?

Sviluppare un vero sano egoismo significa dunque pensare al bene proprio e di tutti, e agire di conseguenza: è un'attitudine, un modo di essere. Si nutre della volontà autentica a sviluppare la nostra capacità di amore (che è come un muscolo, va allenata, rinforzata e sostenuta nel modo corretto) e, in ultima istanza, risponde alla chiamata del Sè.

Nel sano egoismo non c'è sacrificio ma consapevolezza: possiamo finalmente costruire relazioni sane, funzionali; diventiamo davvero liberi di scegliere quello che è bene anche per noi (non abbiamo più bisogno di rinunciare a qualcosa per compiacere gli altri, per sentirci accettati, per non creare discussioni, per “essere altruisti” e quindi sentirsi “buoni”). La presenza di un sano egoismo, così come appena definito, esclude insomma la possibilità di cadere nei mille auto-inganni che - invece - possono celarsi sotto certe apparenti volontà di bene che poggiano, ad esempio, su inconsapevolezza, debolezze, mancanza di autostima, bisogno di riconoscimento. 

LEGGI anche:

Ovunque ci si trovi, però, si può cominciare: siamo tutti, sempre, in cammino. L'importante è avere l'intento, la volontà ferma nel cuore: il Cielo (o il Destino, per chi non crede) provvederà a mettere quello che serve sulla nostra strada.

Anna Maria Cebrelli

Arsenico nell'acqua: in Pakistan 60 milioni di persone rischiano di avvelenarsi

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Published in: Acqua

acqua arsenico

In assenza di norme e regole, "le persone hanno sfruttato brutalmente le acque sotterranee, e  i livelli di arsenico stanno aumentando" ha detto Lubna Bukhari, responsabile del Council for Research in Water Resources. 

L'eccessivo sfruttamento del sottosuolo e delle falde acquifere sarebbe dunque alla base dell'emergenza che dura ormai da decenni. Lo studio suggerisce che il Pakistan corre un grosso pericolo. L'estensione del problema è stata accertata solo negli anni '90, quando una serie di ricerche confermarono le elevate concentrazioni nel Delta del Gange-Brahmaputra.

A elevate concentrazioni, l'arsenico può essere dannoso per la salute, provocando ad esempio lesioni cutanee, cancro, malattie cardiovascolari e ritardi neurologici.

Precedenti studi avevano rivelato che le acque sotterranee in alcune aree del Pakistan contenevano livelli elevati di arsenico, ma finora la portata era sconosciuta, come ha precisato Joel Podgorski, scienziato del Swiss Federal Institute of Aquatic Science and Technology di Dübendorf (EAWAG) e autore principale del nuovo studio.

Quest'ultimo ha analizzato i dati provenienti da 1200 campioni di acqua di falda, combinandoli con parametri geologici ed idrologici per generare una mappa del pericolo.

arsenico pakistan mappa

L'arsenico da fonti naturali può essere presente nelle acque sotterranee. I processi che si verificano nelle falde acquifere variano in base alle condizioni geologiche e idrologiche. Concentrazioni di arsenico sono particolarmente elevate nei sedimenti fluviali con abbondante materiale organico e forniture limitate di ossigeno, come accade ad esempio nel delta del Gange o nel fiume Rosso, in Vietnam.

Se in alcuni casi, le particolari condizioni del suolo mitigano la presenza dell'arsenico nell'acqua, in Pakistan ciò non avviene, non solo per le grandi concentrazioni ma anche per un elevato pH del suolo. A ciò va aggiunto l'eccessivo sfruttamento del suolo.

Secondo Podgorski, geofisico di Eawag, si tratta di un'ipotesi supportata dal fatto che le aree irrigate in gran parte coincidono con le regioni in cui sono state rilevate le concentrazioni elevate di arsenico.

Ciò rivela per la prima volta la portata dei rischi a cui è esposta la popolazione del Pakistan.

Soprattutto nel Punjab orientale, che comprende Lahore, e intorno a Hyderabad, molte persone sono esposte ad un elevato rischio di contaminazione da arsenico: 50-60 milioni utilizzano acque sotterranee che molto probabilmente ne contengono più di 50 μg/litro.

Negli studi precedenti, il campionamento era stato eseguito solo a livello di singoli villaggi e non è stata possibile una valutazione complessiva a causa di una mancanza di risorse.

Per l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), da 35 milioni a 77 milioni di persone in Bangladesh potrebbero venire a contatto con acqua potabile caratterizzata da livelli di arsenico non sicuri. Nel 2014, l'OMS ha stimato che circa 200 milioni di persone in tutto il mondo sono esposte a concentrazioni superiori al limite raccomandato di 10 microgrammi per litro. Di questi, la maggior parte vive in Bangladesh, India, Vietnam e Nepal.

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Che fare? Secondo gli autori dello studio, le tecniche di irrigazione dovrebbero essere adattate in modo da contrastare l'evaporazione e l'infiltrazione dell'acqua di irrigazione. Infine, nelle aree in cui l'acqua sotterranea è contaminata, si potrebbero ricercare fonti alternative di acqua, magari bacini più profondi.

Ad ogni modo, conclude Podgorski, c'è urgente bisogno di promuovere la sensibilizzazione e il coordinamento degli sforzi delle autorità”.

Francesca Mancuso

Università gratis per i redditi bassi: ecco tutti i requisiti

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Published in: Costume & Società

tasse università

Ridotto invece il costo per chi ha Isee fino a 30.000 euro. Respirano dunque le famiglie con figli che frequentano l'università.

Iscrizione delle matricole

Secondo quanto previsto dalle Legge di bilancio, gli studenti che quest'anno si iscriveranno all'università e avranno un Isee fino a 13.000 euro non pagheranno le tasse universitarie ma solo l'imposta regionale e quella di bollo, che ammontano rispettivamente a 140 euro e 16 euro.

La novità riguarderà circa 600mila famiglie e permetterà loro di risparmiare, rispetto al passato, da 300 a 500 euro. Il grafico che segue, realizzato dal Ministero dell'Istruzione, indica quali saranno i costi in base al proprio Isee.

no tax universita

Iscrizione degli studenti agli anni successivi

Anche chi si iscrive agli anni successivi al primo può usufruire della stessa agevolazione e non pagare le tasse universitarie ma a una condizione: il merito. Zero tasse per gli studenti in corso o al primo anno fuori corso che hanno maturato determinati crediti.

Nello specifico, per iscriversi gratuitamente al secondo anno gli studenti dovranno aver conseguito almeno 10 crediti entro il 10 agosto del primo anno. Per gli anni successivi, invece bisogna averne 25 nei dodici mesi antecedenti la data del 10 agosto precedente all'iscrizione al nuovo anno accademico.

secondo anno tasse

Borse di studio

Sarà possibile inoltre usufruire delle borse di studio erogate dalle Regioni. In questo caso occorre soddisfare i requisiti economici e di merito:

“Il requisito economico consiste nell'avere dei valori dell'ISEE e dell'ISPE inferiori a determinate soglie specificate nei bandi di concorso. Il requisito di merito significa che devi acquisire un certo numero di crediti formativi universitari (CFU) entro il 10 di agosto dell’anno di iscrizione. Il numero di crediti richiesto varia in base all’anno di corso. Le borse hanno importi differenti (specificati nei bandi) a seconda degli enti erogatori ed il loro valore cresce a seconda se sei studente in sede, pendolare o fuori sede” spiega il Ministero.

Se non si conosce il proprio Isee, ci si può rivolgere a un consulente del CAAF.

Per consultare i bandi regione per regione clicca qui

Francesca Mancuso


Punture di insetto: come riconoscere le 10 più comuni (foto)

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Published in: Salute & Benessere

Insetti punture

Insetti come le api, le formiche, le pulci, ma anche le mosche o i ragni possono pungerci e provocare piccoli o grandi disturbi. Il contatto iniziale può essere anche doloroso – come quello di una vespa – e potrebbe essere seguito da una lieve reazione allergica, mentre la maggior parte dei morsi e punture non causano nient’altro che un lieve disagio. Ma attenzione se si soffre di allergie severe!

La prevenzione è, dunque, la migliore medicina, per saper riconoscere gli insetti è il modo migliore per rimanere al sicuro. Ovvio molto dipende dal posto in cui si vive o che si visita e dalla stagione in corso.

Perché gli insetti ci pungono

punture insetti

La risposta è che dipende dal tipo di insetto. Alcuni insetti pungono per nutrirsi, come gli ematofagi, quelli che si nutrono di sangue, come zanzare, dei tafani, pappataci o pulci, per citarne alcuni. Altri pungono per difendersi da un nostro attacco, come nel caso di api, vespe, calabroni o formiche, e generano una puntura decisamente più dolorosa.

Generalmente la zona colpita si arrossisce e si gonfia, dando origine a un pomfo. A seconda dell’insetto si crea un singolo pomfo, oppure più microlesioni. Nel caso di insetti che pungono per difesa è anche possibile trovare il pungiglione nella lesione o la testa dell’insetto, come nel caso per esempio della zecca.

Le 10 punture di insetto più comuni:

1) Punture di zanzare

zanzara

La puntura si trasforma subito in un pomfo arrossato. Si distingue per il prurito che provoca, che a volte può risvegliarsi anche dopo giorni. I pomfi possono essere anche più di uno nella stessa area e diventare molto duri.

2) Punture di zecca

zecca

La puntura di zecca non provoca dolore (non ci si accorge nemmeno di essere stati morsi) o prurito. In genere i primi sintomi si avvertono soltanto successivamente, quando la zecca comincia a succhiare, provocando gonfiore ed eruzioni cutanee. Sintomi che, tuttavia, possono anche non presentarsi. Una volta staccata la zecca seguendo precisi movimenti, la zona colpita si gonfia un po' di più e forma una piccola crosta.

3) Punture di api o vespe o calabroni

ape

Nel caso di una puntura di api, vespe o calabroni, la zona interessata diventa rossa, gonfia, dolente (il dolore si sente in genere anche al momento della puntura stessa) o pruriginosa in uno spazio di circa 2 o 3 centimetri. Quando si superano i 10 centrimetri si è in presenza di una lieve reazione allergica, ma ancora non deve destare preoccupazione. Nei casi gravi la puntura può generare un vero e proprio shock anafilattico ed è necessario andare al pronto soccorso se si è in assenza di respiro e se si verificano vomito, rush cutaneo, prurito diffuso, stordimento o perdita di coscienza.

4) Punture di pappataci

pappataci

La puntura di pappataci in genere provoca semplicemente prurito e fastidio, un po' più elevati rispetto alla puntura della comune zanzara. Solo in rari casi questi insetti possono essere pericolosi e trasmettere la Leishmaniosi, malattia che rappresenta un grande rischio soprattutto per i cani.

5) Punture di tafani

tafano inran
 
Fonte foto: Inran

Se generalmente i tafani maschi si nutrono di nettare e polline, sono i tafani femmina ad alimentarsi del sangue dei mammiferi. Rispetto a quella dell’ape, una puntura di tafano è più fastidiosa e dolorosa e la lesione provoca dal morso è più profonda. La zona interessata si infiamma e dà prurito e, in più, anche la puntura di tafano può causare allergie, una seria reazione cutanea, vertigini, mancanza di respiro e un evidente arrossamento agli occhi ed alle labbra. Anche in questo caso è bene rivolgersi a un medico.

6) Punture di pulci

pulce
Fonte foto: Inran

Le pulci spesso possono pungere sui piedi e sulle caviglie lasciando dei segni rossi e prurignosi. Una sola pulce può pungere più volte e quindi generare sulla zona colpita delle irritazioni a grappolo. Se le pulci colpiscono delle persone particolarmente sensibili alle loro punture, si può avere una orticaria papulosa, con una serie di rigonfiamenti pruriginosi e rossi sulla pelle.

7) Punture di cimici da letto

punture cimici dei letti

 Poco attive durante il giorno, le cimici escono soprattutto di notte e prevalentemente nelle nostre camere da letto. Anche le cimici succhiano il sangue in più punti diversi provocando piccole macchie rosse e prurito, che possono anche comparire dopo qualche giorno. I pomfi, inoltre, non compaiono quasi mai da soli, ma a gruppi.

8) Punture di formiche

formica

Anche le fromiche nel loro piccolo mordono! In questo caso, la formica inietta del veleno per difendersi che provoca prurito, gonfiore e arrossamento. La puntura ha cl'aspetto di una piccola piaga rossa, cui segue una vescica trasparente. Il liquido che si forma nella vescica può diventare torbido e la zoparte colpita comincia a dar prurito, a gonfiarsi e a dolere.

9) Punture di ragni

ragno

La puntura di un ragno, come quella di uno scorpione che vediamo dopo, è un evento piuttosto raro, ma che potrebbe comunque accadere. Risulta quindi utili conoscere i vari tipi di animali con cui si potrebbe venire a contatto, soprattutto se si gira molto per il mondo. Quanto ai ragni, in Italia, la specie più diffusa è la vedova nera, dalla livrea gialla e nera. Se infastidita, può attaccare e iniettare del veleno che in rari casi può risultare anche mortale e può provocare effetti sulla parte colpita come intorpidimento e rigidità muscolare. La puntura, generalmente molto dolorosa, si caratterizza per i due tipici buchi di entrata (nel caso della vedova nera) o dalla ferita denominata “a bersaglio” (nel caso del ragno violino), diventa man mano sempre più rossa e gonfia. Si possono verificare anche crampi muscolari, brividi, nausea, pressione del sangue più elevata, sudorazione e mal di testa.

10) Punture di scorpione

scorpione tanta salute
Fonte foto: Resize Image

Le specie di scorpione che si possono incontrare in Italia sono praticamente innocue per l'uomo, ma è bene sapere che la puntura può essere particolarmente dolorosa, oltre a dare prurito, gonfiore e un possibile aumento della temperatura cutanea, intorpidimento o formicolio della parte colpita.

Germana Carillo

 

Volpi geneticamente modificate e rinchiuse in piccole gabbie: ecco l'orrore dell'industria delle pellicce (VIDEO)

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Published in: Animali

volpi_modificate_pelliccia

A denunciare la vicenda è da anni il gruppo finlandese Oikeutta Eläimille che nella sua ultima indagine investigativa, diffusa sul proprio sito qualche settimana fa, mostra ancora una volta, cosa si nasconde dietro le pellicce dei brand internazionali.

Le immagini provengono dagli allevamenti finlandesi, perché come sappiamo, la Finlandia è attualmente il paese maggior produttore mondiale di pellicce di volpe. Non a caso, vi avevamo già parlato dell’orribile verità dell’industria della moda europea.

Nel 2015, un dossier dal titolo “Nordic fur trade” raccontava le condizioni degli animali, non solo delle volpi, e smascherava l'etichettatura Saga Furs, che da sempre, promette di certificare la tracciabilità e la qualità della pelliccia.

All’epoca sia le ispezioni ufficiali che le investigazioni dei gruppi animalisti rivelavano che di tutto si poteva parlare tranne che di benessere animale nei paesi produttori, molti dei quali (come la Norvegia) ricevono addirittura incentivi statali.

volpi modificate pelliccia

In tutto il mondo, quindi, dalla Danimarca alla Cina, i cosiddetti ‘animali da pelliccia’, (espressione che fa rabbrividire perfino a scriverla) ovvero volpi, visoni, procioni e altri, si trasformano in oggetti da allevamento.

I risultati sono quelli che ci mostra Oikeutta Eläimille secondo cui la pelliccia di questi animali finisce con marchio Saga Furs nelle vie delle shopping di lusso e nelle vetrine di Louis Vuitton e Michael Kors.

A prima vista, nessuno sarebbe in grado di capire che quella nella gabbia metallica è una volpe. Secondo gli investigatori, oltre ad essere deformate, le volpi hanno problemi oculari, ferite aperte, lesioni agli arti e alle orecchie.

Rinchiuse in pochi centimetri sviluppano comportamenti da automi e atti di cannibalismo nei confronti delle carcasse lasciate per giorni accanto agli animali vivi. Senza considerare che non sono in grado di muoversi e camminare.

volpi modificate pelliccia1

Anni di denunce hanno sicuramente portato a passi in avanti, ma l’industria della pelliccia oggi uccide ancora più di 40milioni di animali ogni anno. Cresce per fortuna il numero dei paesi che dice 'Basta': l’ultimo è la Repubblica Ceca, in compagnia di Olanda, Austria, Regno Unito, Croazia, Serbia, Slovenia, Macedonia, Bosnia, Germania e il Belgio che ha già posto un divieto in due delle tre regioni del paese.

Cosa succede in Italia?

Il Belpaese produce meno degli altri, ma ciò non cambia. Tre diverse proposte di legge e centinaia di migliaia di firme non hanno ancora portato alla svolta. Eppure secondo Essere animali, l’86% degli italiani è contrario a questa barbara pratica.

Tornando ai filmati provenienti da cinque aziende di pellicce e girati nella primavera 2017, vediamo come l’allevamento selettivo non si è mai interrotto e che la situazione è anche peggiore rispetto agli anni Ottanta, perché volpi che in natura peserebbero 4/5 chili, arrivano a pesarne oltre 20.

La verità sulle pellicce:

E pensare che esistono già delle direttive finlandesi che proibiscono l’allevamento selettivo se provoca sofferenze, ma tutto ciò come possiamo definirlo? Non è forse sofferenza vivere in gabbia e diventare un prodotto da industria?

Per fermare questo orrore, firma qui la PETIZIONE

Dominella Trunfio

Fonte e foto

In arrivo l'asteroide più grande che si sia mai avvicinato alla terra

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Published in: Universo

asteroide avvicinamento terra 31 agosto

Non è di certo il primo asteroide che si avvicina al nostro pianeta e nemmeno il più vicino. Solo pochi mesi fa l’asteroide 2014 JO25 arrivò ad una distanza di molto inferiore (1,8 milioni di chilometri), ma Florence è il più grande mai avvicinatosi a noi dalla scoperta del primo più di un secolo fa.

Il passaggio "ravvicinato" fornirà agli astronomi un’ottima opportunità per effettuare misure dettagliate sul corpo celeste. Gli scienziati si aspettano in particolare di ottenere immagini ad alta risoluzione che potrebbero rivelare caratteristiche superficiali molto precise.

Infatti, pur essendo perfettamente nota la sua orbita, si sa ancora molto poco sulle sue proprietà fisiche. Le misurazioni a infrarossi dal effettuate dal telescopio spaziale Spitzer della Nasa e dalla missione Neowise indicano che Florence ha un diametro di circa 4,3 chilometri e che ruota una volta ogni 2.36 ore, ma informazioni superficiali sono attese grazie a questo avvicinamento. Si prevede inoltre che la sua luminosità al passaggio sarà di magnitudo 9, facilmente visibile, quindi, anche con un piccolo telescopio.

Florence, così chiamato in onore del fondatore dell’infermiera moderna Florence Nightingale (1820-1910), fu scoperto nel 1981: le osservazioni sul corpo celeste, quindi, hanno ormai quasi 40 anni, rendendo la sua orbita perfettamente nota. Tali calcoli indicano che non vi è e non vi sarà alcun rischio di collisione con la Terra per molti secoli a venire.

L'evento si potrà seguire anche in streaming, collegandosi a questo link.

Roberta De Carolis

Nestlé richiama il latte crescita Nidina Optipro 3. Ecco perché e i lotti interessati

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Published in: Allerte alimentari

latte nestlè nidina

Il richiamo del prodotto riguarda due lotti, caratterizzati dal numero 71560295A e 71560295AN, con termine minimo di conservazione: 03/2018.

L'allerta è stata diramata, al momento, nei supermercati Iper Auchan e Simply di varie regioni italiane: Campania, Lazio, Puglia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Milano, Sardegna.

Va precisato che si tratta di un ritiro volontario, a scopo cautelativo. Nestlè infatti ha riscontrato

“una non conformità negli aspetti organolettici del prodotto, che potrebbe infatti presentare un affioramento di grasso in grumi sulla superficie”.

Per questo motivo ha deciso di ritirare i due lotti di Nidina Optipro 3 dal mercato:

“Pur essendo i prodotti sicuri per il consumo, ma non rispondendo ai requisiti dei nostri alti standard di qualità, la nostra società in via volontaria e cautelativa ha deciso di avviare le procedure di richiamo dalla vendita dei lotti in questionesi legge nel comunicato ufficiale.

richiamo latte nestlé

Se avete acquistato questo prodotto evitate di darlo ai bambini e riportatelo presso il punto vendita dove è stato acquistato per ottenere un cambio o un rimborso. In ogni caso è possibile contattare il numero verde di Nestlé: 800 434 434.

LEGGI anche:

Anche noi abbiamo provato a contattare la società, che ha confermato quanto detto,. non aggiungendo altre informazioni relative alla causa del richiamo del latte.

Francesca Mancuso

Stress da rientro dalle ferie: come combattere il post vacation blues

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Published in: Costume & Società

Depressione post ferie

La conclusione delle vacanze, miei cari, si porta appresso un carico così di stress! Secondo statistiche, se già prima delle vacanze 1 italiano su 5 (21%) era preoccupato per ciò che avrebbe trovato al rientro, ora che agosto è agli sgoccioli 1 su 3 (il 32%) è più stressato di prima.

Quello che preoccupa di più sono il ritorno alla routine, le ansie sul lavoro e i colleghi, con effetti devastanti di varia natura che possono essere emicranie, agitazione e nervosismo, difficoltà di digestione e disturbi intestinali.

Come fare, allora, per allontanare questo stress settembrino e fare in modo che si parta con il piede giusto?

Ecco 8 regole fondamentali per combattere la sindrome da rientro:

  • Alimentazione giusta. Soprattutto se durante le vacanze ci siamo abbuffati a sbafo, è bene rimetterci in riga e scordarci le bombe di mezzanotte. Riprendiamo a consumare molta frutta e verdura e a bere molta acqua. Una buona idratazione, infatti, mantiene in equilibrio le facoltà intellettive e l’umore. Limitiamo inoltre legumi, caffè, fritture, pizza e cibi piccanti, mentre potremmo consumare un po’ di cioccolato fondente, ricco di triptofano che viene trasformato dal corpo in serotonina, sostanza che regola la sensazione di benessere.
  • Probiotici. Al ritorno dalle ferie l’intestino è spesso in subbuglio: una volta tornati è bene aumentare il consumo di alimenti probiotici e prebiotici, capaci di nutrire la flora batterica buona e magari assumere per un breve periodo degli integratori di probiotici.
  • Fare le cose con gradualità. Torniamo in città almeno un paio di giorni prima di riprendere la solita routine e facciamo così riabituare il nostro organismo alle vecchie abitudini.
  • Calma! Diretta conseguenza del punto precedente, non c’è fretta a riprendere tutto di un botto! Non immergiamoci a capofitto nelle faccende domestiche e lavorative, ma dedichiamoci del tempo, magari con un po’ di sana meditazione e ascoltando della musica rilassante.
  • Movimento! Un mantra per il corpo e lo spirito: dedicare un’oretta al giorno a della attività fisica soft serve a sbarazzare la mente dai brutti pensieri e a mantenerci attivi.
  • Abbigliamento. Se il contesto ce lo consente, vestiamoci casual per non deprimerci col passaggio dall’abbigliamento informale delle vacanze alle “uniformi” del lavoro.

Sullo stress da rientro puoi leggere anche:

  • Ridere. Via quei musoni lunghi! L’estate è finita e che ci volete fare? Comincia la stagione più fresca e frizzante, non ci avete pensato? Leggiamo un bel libro umoristico e vediamo film leggeri, circondiamoci di gente positiva e godiamoci il gusto di una risata, che ha da sola la capacità di stimolare la produzione di beta endorfine e potenziare il sistema immunitario. E farci sentire decisamente meglio.

Germana Carillo

Cipolline in agrodolce: la ricetta per conservarle tutto l'anno

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Published in: Ricette

cipolline in agrodolce

Da preparare con le cipolline borettane, note per la loro piccola dimensione e per il loro sapore dolce, questa conserva per l'inverno è molto facile da fare; occorrono ovviamente delle cipolline borettane fresche di raccolto e dei barattoli con capsule nuove.
Aromatiche e dal sapore irresistibile, con questa ricetta avrete la certezza di preparare delle cipolline in agrodolce che restino ben sode e che abbiano una sapidità ben bilanciata.

Ingredienti

  • 600gr di cipolline borettane già pulite
  • 1 L di aceto di vino bianco
  • 300 ml di olio evo
  • 180 gr di zucchero di canna
  • 50 gr di sale
  • 1 L di acqua
  • timo essiccato q.b.
  • cannella in polvere q.b.
  • 2 barattoli da 32 cl
  • Tempo Preparazione:
    15 minuti
  • Tempo Cottura:
    20 minuti
  • Tempo Riposo:
    tempo di raffreddamento
  • Dosi:
    per 4 persone
  • Difficoltà:
    bassa

Come preparare le cipolline in agrodolce: procedimento e conserva

  • Sbucciare le cipolline, sciacquarle sotto l'acqua corrente e metterle a sgocciolare.
cipolline in agrodolce 2
  • Nel frattempo unire in una pentola capiente lo zucchero e il sale,
  • aggiungere l'aceto, l'acqua e un cucchiaino scarso di timo e di cannella.
  • Mettere la pentola sul fuoco e portare a bollore,
  • aggiungere le cipolline e cuocerle per cinque minuti,
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  • quindi toglierle dal liquido di cottura tenendo questo da parte, e farle raffreddare per qualche minuto.
  • Lavare i barattoli e le capsule e sanificarli.
  • Sistemare le cipolline borettane nei vasetti,
  • coprirle interamente con il liquido di cottura avendo cura di lasciar libero almeno un centimetro fino al bordo,
  • chiudere con i coperchi senza fare troppa forza
  • e precedere quindi alla sterilizzazione e pastorizzazione.
cipolline in agrodolce 4

 

Come conservare le cipolline in agrodolce:

Una volta messe sottovuoto le cipolline in agrodolce dovranno essere riposte in un luogo asciutto e preferibilmente al buio in modo così da non alternarne il colore.
Dopo l'apertura le cipolline in agrodolce dovranno essere conservate in frigorifero, è opportuno comunque consumarle in pochi giorni.Le cipolline in agrodolce, se in sottovuoto, potranno essere conservate in dispensa per tutta la stagione invernale.

 cipolline in agrodolce 1
Potrebbero interessarti altre ricette di conserve fai-da-te per l'inverno

Ilaria Zizza

Il governo brasiliano regala l'Amazzonia alle lobby: via libera alle miniere nella (ex) riserva Renca

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Published in: Ambiente

Amazzonia

Il decreto presidenziale, pubblicato mercoledì scorso, ha abolito lo status protetto della Riserva, che copre 46.000 chilometri quadrati. Situata a cavallo tra gli Stati di Anapu e Pará, dal 1984 era al riparo dalle mire delle multinazionali grazie allo status di “zona protetta”. Il regime militare, nonostante non brillasse per l'attenzione all'ambiente, aveva comunque deciso di tutelare questo polmone verde non solo del Brasile ma della Terra.

Adesso invece, la foresta, i nativi che la popolano così come gli animali dovranno fare i conti con l'estrazione mineraria.

Il presidente del Brasile Michel Temer ha aperto dunque la vasta riserva nazionale dell'Amazzonia agli interessi di pochi. Un'area più grande della Svizzera, che da adesso sarà in balia dell'esplorazione mineraria, nell'ambito di un piano più ampio per rilanciare l'attività economica del Paese. Nelle intenzioni del governo, lo sfruttamento di queste ricchezze dovrebbe aiutare il Brasile ad accelerare il recupero dalla recessione.

Il 30 per cento dei 46mila chilometri quadrati di foresta potranno dunque essere acquistati dalle imprese minerarie.

In pericolo anche le popolazioni indigene che da centinaia di anni vivono nella riserva. Anche se il governo rassicura che 9 aree, incluse quelle abitate dai nativi, “continueranno ad essere tutelate”, la preoccupazione è tanta.

Per Michel de Souza del WWF Brasile, si tratta di una catastrofe, una decisione presa senza consultare la popolazione, e che genererà conflitti e corruzione. Un rapporto pubblicato dalla WWF la settimana scorsa ha avvertito che l'estrazione mineraria nella zona causerà

"problemi demografici, deforestazione, distruzione delle risorse idriche, perdita di biodiversità e creazione di conflitti territoriali".

Una catastrofe annunciata che metterà in pericolo le nove aree protette che si trovano entro i confini della riserva come il Parco nazionale di Tumucumaque, il più grande parco delle foreste pluviali del mondo.

Il Brasile ha una vasta rete di aree protette, che coprono quasi 2,2 milioni di chilometri quadrati. Questa rete protegge biomi con un enorme biodiversità. Negli ultimi anni, le pressioni dei conservatori hanno causato profondi cambiamenti nella legislazione ambientale e sui diritti umani nel paese.

Sono già scattate le proteste. Le associazioni e la popolazione sono già scesi in piazza contro la decisione del governo:

“Quello che succede a Renca è solo un piccolo esempio di quello che sta succedendo con il piano del governo per l'Amazzonia” ha detto Nilo D'Avila, a capo di Greenpeace Brasile.

amazzonia proteste

Foto

L'associazione ha lanciato una petizione chiedendo al presidente di fare un passo indietro e salvare l'Amazzonia.

Per firmare la petizione clicca qui

LEGGI anche:

Dal canto suo il governo si difende dicendo che solo il 30% della Riserva sarà aperto alle miniere, contribuirà a creare posti di lavoro, a generare reddito e a combattere l'attività mineraria illegale.

Peccato che a guadagnare saranno in pochi e le conseguenze ricadranno su molti.

Francesca Mancuso


Acufene: spiegato perché chi ne soffre si sente sempre stanco

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Published in: Salute & Benessere

Acufene

È questo l’esito di alcune ricerche condotte dall’Università dell’Illinois, dalle quali è emerso che l’acufene cronico sarebbe associato ai cambiamenti in alcune reti nel cervello, determinando il fatto che questo rimanga sempre “sveglio” senza poter andare in riposo.

L’acufene, quindi, non sarebbe solo un disturbo su base organica, ma inciderebbe negativamente anche sulla qualità della vita, impedendo al nostro cervello di mettersi in pausa. Ora, l’indagine pubblicata su NeuroImage: Clinical, utilizzando la risonanza magnetica funzionale per creare dei modelli sulla funzione e sulla struttura del cervello, dimostra che l’acufene si sviluppa in una regione del cervello chiamata precuneo.

Cos’è l’acufene e i sintomi

Se soffre di acufene, un individuo percepisce un rumore, un fischio o un tintinnio, in una o in entrambe le orecchie, anche se nella realtà non vi è alcun suono. Se in alcuni casi il disturbo può essere lieve e sopportabile, in altri è decisamente più acuto. Molto dipende dalle cause che hanno scatenato l’acufene, che possono andare dalla esposizione a rumori troppo forti alla presenza di tappi di cerume, da alcune infezioni all’uso di determinati medicinali o a precise malattie.

Quanto ai sintomi, in genere si inizia ad avvertire un suono basso che può diventare poi più o meno acuto:

  • ronzio
  • fischio
  • stridio
  • tintinnio
  • fruscio
  • crepitio
  • soffio
  • pulsazione

Con questa ricerca e con la nuova tecnica messa a punto dai ricercatori americani, è emerso che il precuneo dei pazienti con acufene è modificato, più connesso alla rete di attenzione e meno connesso alla rete che mette in pausa il cervello. Da ciò deriverebbe il fatto che i pazienti con acufene non sono veramente riposati e riferiscono di essere stanchi più spesso.

Sui disturbi alle orecchie potresti leggere anche:

Il bello è che in questo modo è che questa attenzione continua fa aumentare anche la concentrazione proprio sul fischio percepito, generando a sua volta ulteriore attenzione e quindi una mancata pausa e un riposo cerebrale ridotto. Un paradosso vero e proprio.

La cura? Finora non esiste un trattamento definitivo, ma l’individuazione da parte di questa nuova ricerca della zona precisa del cervello chiamata in casa apre decisamente nuove speranze.

Germana Carillo

Chi è la mamma di questo bambino? Un semplice test svela se siete attenti osservatori

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Published in: Mente & emozioni

test_personalità_mamma

Un test di logica ( ma non troppo) da prendere alla leggera che sta spopolando su Facebook e che racchiude un solo quesito, ovvero quello di indovinare chi è la mamma di questo bambino che gioca tra due donne sedute.

La grafica in bianco e nero è fatta ad hoc, per non distrarre l’occhio con i colori. La mamma sarà la donna a destra con i capelli raccolti o quella a sinistra? Rifletteteci qualche secondo (non di più) e rispondete!

Dopo l'immagine trovate  le risposte più gettonate e la soluzione al test!

test personalità mamma

 

La donna seduta a destra

Il 70% degli intervistati, secondo Aweita, sostiene che la mamma del bambino sia questa donna. La risposta è quella sbagliata. I capelli raccolti, le gambe incrociate hanno tratto in inganno i più. Chi ha risposto in questo modo, è una persona che non ama i rischi e vive a 'ritmo lento'.

In compenso ha una personalità calma e mantiene il polso della situazione sempre e comunque e si prodiga per gli altri. Va bene essere amichevoli, ma attenzione a non essere troppo ingenui. 

test personalità mamma destra

Altri divertenti e semplici test:

 

La donna seduta a sinistra

Risposta giusta! Solo il 30% ha indovinato. Allora qual è il segreto? Non è legato nè all'abbigliamento nè all'aspetto fisico delle due donne, ma al bambino e al modo in cui gioca. Di solito, infatti, i bimbi tendono a giocare rivolti verso la mamma, il papà o comunque una persona conosciuta. 

test personalità mamma sinistra

L'unica cosa da osservare sulla donna è la sua posizione delle gambe: rivolte verso dietro in senso di protezione e permette al figlio di avvicinarsi senza inciampare. Chi ha scelto questa opzione è una persona logica con uno spiccato senso di analisi. Ma ogni tanto è bene uscire anche fuori dagli schemi!

Dominella Trunfio

Fonte

 

Saturno e la luna si sfiorano: come e quando ammirare la bellissima congiunzione

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Published in: Universo

congiunzione luna saturno

Il gigante con gli anelli e il nostro satellite naturale più volte ci hanno abituati a spettacoli mozzafiato. Sarà così anche il 30 agosto, quando i due pianeti sembreranno sfiorarsi rispetto al nostro punto di osservazione.

Saturno è il secondo pianeta più grande del sistema solare dopo Giove. Tra quelli visibili a occhio nudo è il più lontano anche se non sempre è possibile individuarlo. Si trova infatti a 1,5 miliardi di km dal sole e impiega circa 29 anni e mezzo per completare un'intera orbita attorno alla nostra stella.

Questa sua “lentezza” ai nostri occhi fa sì che Saturno rimanga per lungo tempo all'interno della stessa costellazione, aiutandoci ad individuarlo più facilmente. In questo caso, Saturno si trova nella costellazione dell'Ofiuco.

Il momento migliore per osservarlo è durante le opposizioni, che si ripetono ogni 378 giorni circa, quando il pianeta si trova nel punto opposto rispetto al sole. Nel 2017 è accaduto il 15 giugno scorso. Ciononostante, è possibile ammirare Saturno in determinati periodi dell'anno e adesso siamo in una fase fortunata.

La Luna e Saturno saranno visibili sull'orizzonte meridionale fin dalle prime luci della sera e fino a mezzanotte circa del 31 agosto, quando tramonteranno a sud-ovest.

La mappa che segue mostra il cielo del 30 agosto attorno alle 20.30

luna saturno 30 agosto

LEGGI anche:

La luna è al primo quarto. La prossima luna piena è prevista il 6 settembre.

Francesca Mancuso

Magliette in regalo a chi raccoglie più mozziconi di sigarette: in 4 ore arrivano quasi 15mila cicche

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Published in: Rifiuti & Riciclaggio

mozziconi_pulsano

 Una maglietta in regalo con la scritta 'Pulsano d'a mare' a tutti coloro che porteranno un bicchiere di plastica pieno di mozziconi di sigarette raccolti sulla spiaggia ionica. Un’iniziativa nata dai volontari dell’associazione che stanca dello slalom da fare per arrivare in mare, ha sfidato i propri concittadini.

Oltre un centinaio di bagnanti hanno aderito e dopo appena un’ora, come spiega in questo video pubblicato su Facebook, Mimmo Panzetta, tra i promotori di Pulsano d’a mare, le 71 magliette erano già finite, ma la pulizia è continuata, a dimostrazione che l’evento di sensibilizzazione ha già dato i primi frutti.

I numeri dei mozziconi raccolti? Inquietanti. Nella zona adiacente al Lido Silvana, in quattro ore sono stati raccolti 14mila 616 mozziconi. ‘Quanto ci vuole a lasciare le nostre spiagge pulite?’, dice Panzetta rivolgendosi ai fumatori.

“Noi facciamo il nostro, ma penso che tutti debbano rispettare la spiaggia e la natura, non penso che a casa proprio nessuno si sognerebbe di buttare il mozzicone per terra o sul tappeto”, dice ancora nel video.


Ci uniamo all’appello dell’associazione ricordando che secondo Legambiente, nelle coste italiane l’8,5 % dell’inquinamento è causato proprio dalle cicche, ma nonostante le multe salate previste, a quanto pare, i fumatori continuano a fare orecchie da mercante.

 L'inquinamento delle nostre spiagge:

Quanto inquina un mozzicone di sigarette?

Il mozzicone di una sigaretta senza filtro impiega 6/12 mesi per dissolversi, perché è fatto di sola carta e fibre vegetali di tabacco, insomma è biodegradabile. Se la sigaretta ha il filtro saranno necessari dai 5 ai 12 anni di tempo per distruggerlo. La prossima volta non ci sono scuse per farlo. 

Dominella Trunfio

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Monsanto porta lo Iarc in tribunale: il glifosato non è cancerogeno

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Published in: Agricoltura

glifosato

L'erbicida "Roundup" a base di glifosato è il prodotto più controverso di Monsanto. In attesa del rinnovo della licenza da parte dell'UE, la società sta cercando di screditare l'Organizzazione mondiale della sanità, che ha collegato l'erbicida al cancro negli esseri umani.

Ricordiamo che dall'Oms, in collaborazione con l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), arrivano diverse segnalazioni su alcuni pesticidi classificati come probabili o possibili agenti cancerogeni per l'uomo, tra cui il glifosato.

La decisione fu un duro colpo per Monsanto. A seguito della decisione dello IARC, l'Unione europea cominciò a considerare il divieto totale del prodotto, privando potenzialmente Monsanto di un flusso significativo di entrate. Dal canto suo la società, che sta cercando di ottenere il rinnovo della licenza chimica dell'UE per i prossimi 10 anni, ha optato per un'altra mossa: portare in tribunale l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e le sue indicazioni di due anni fa.

A suo favore, Monsanto porta il fatto che lo IARC non avrebbe preso in considerazione due studi che secondo la società dimostrerebbero la sicurezza del glifosato per la nostra salute.

Il primo è stato condotto dall'Istituto federale per la valutazione dei rischi (BfR) tedesco, secondo cui “è improbabile che il glifosato sia cancerogeno per gli esseri umani”. Il secondo è stato realizzato dallo scienziato tedesco indipendente Helmut Greim, che ha condotto una meta-analisi e ha scoperto che “il potenziale cancerogeno del glifosato è estremamente basso o inesistente”. 

Monsanto si è dunque aggrappata a queste due ricerche per screditare l'opinione dello Iarc, sostenendo che l'Agenzia non avrebbe tenuto in considerazione i due studi, che mostrano un parere diverso sull'esposizione al glifosato e il rischio di cancro. Pare però che entrambi gli studi siano stati finanziati da Monsanto.

La mancata inclusione di questi due ricerche, secondo il vicepresidente di Monsanto, Scott Partridge, dimostra che nello IARC qualcuno è stato corrotto, motivo per cui invita a portare avanti un'indagine esterna sui funzionamenti dell'agenzia e della sua leadership.

“Lo IARC ha trascurato decenni di analisi approfondite e scientifiche da parte delle agenzie di controllo in tutto il mondo e ha interpretato selettivamente i dati per arrivare alla propria classificazione del glifosato. Nessuna agenzia di regolamentazione nel mondo considera il glifosato cancerogeno” ribadisce Monsanto.

Per altre notizie sul glifosato e Monsanto, leggi anche:

L'ennesimo tentativo, da parte della società, di convincere gli enti regolatori e i governi che il suo prodotto di punta sia sicuro e non un pericolo per la salute umana e ambientale.

È ancora possibile firmare la petizione ICE (che3 ha già superato il milione di firme) e chiedere all'Europa di vietare il glifosato.

Per firmare la petizione clicca qui

Francesca Mancuso

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