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Spaghetti all'oppio: il ristoratore che drogava i clienti per farli tornare

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noodles ristorante

Spaghetti cinesi con un insolito ingrediente. Il proprietario di un negozio di noodles, in Cina, ha dovuto ammettere di aver alterato i piatti serviti ai suoi clienti con dosi massicce di semi di papavero. Si trattava di un escamotage per farli tornare e fidelizzarli.

È successo a Yan'an, nella provincia dello Shaanxi, come rivela la BBC, dove il misfatto è venuto alla luce in seguito a un test di routine sulle urine da parte della polizia stradale su un cliente, Liu Juyou. Cosciente di non aver in alcun modo ingerito droghe, il malcapitato è riuscito a collegare i risultati positivi alla droga con il pasto un paio d'ore prima.

Liu è stato detenuto per 15 giorni e, nel frattempo, ha chiesto alla sua famiglia di aiutarlo a testare questa strana teoria. I suoi parenti, quindi, sono andati a mangiare le 'tagliatelle' al ristorante incriminato e si sono sottoposti a loro volta al test delle urine. Quando anche loro sono risultati positivi alla droga, hanno allertato la polizia, che ha avviato un'indagine.

Si è così scoperto che, in effetti, proprietario del negozio aggiungeva al cibo delle parti della pianta di papavero, da cui si ricava l'oppio. Se assunte in maniera continua, le sostanze chimiche contenute al loro interno possono accumularsi nel corpo tanto quanto basta da rendere positivo un test di droga sugli oppiacei.

Nonostante la provata colpevolezza, il ricorso di Liu contro la sua detenzione è stato respinto dalla polizia, si legge su South China Morning Post. Nulla si può contro la missione di individuare le droghe e punire i consumatori. La legge anti-droga cinese vieta non solo oppio, eroina e marijuana, ma anche la morfina.

Roberta Ragni

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High Line Park: ecco il parco zen di Manhattan ricavato dall'ex ferrovia sopraelevata

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Lì dove c'era una ferrovia abbandonata ora c'è...un meraviglioso giardino zen immerso nel silenzio nel cuore della Grande Mela. Era già bella così ma adesso la newyorkese High Line è finalmente pronta. Anche la terza fase di riqualificazione è stata portata a compimento, regalando ad abitanti e turisti un posto nuovo dove trascorrere qualche attimo di relax immersi nel verde nel Meatpacking District.

Situato nella parte occidentale di Manhattan, il suggestivo parco nato sui ruderi di una vecchia stazione sopraelevata inizialmente destinata al trasporto di carni, è stato portato a compimento.

L'inaugurazione della terza parte ha avuto luogo lo scorso sabato, con una cerimonia coloratissima tenutasi in prossimità della sua parte meridionale, lungo la West 31st Street, alla presenza dei fondatori di Friends of the High Line, Joshua David e Robert Hammond, grazie ai quali il vecchio rudere abbandonato è tornato a nuova vita.

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Essa si snoda dal precedente capolinea nord della High Line tra la West 30th Street e la 10th Avenue, fino alla 12th Avenue, con vista sul fiume Hudson, e con un nuovo ingresso sulla West 34th Street di fronte al Javits Center. Quest'ultimo ha una particolarità: è l'unico di tutto il parco a non avere l'accesso elevato, ma a livello strada.

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La prima parte dell'High Line era stata aperta nel 2009, mentre la seconda è stata completata nel 2011. Adesso, con la terza appena realizzata, il parco ha un totale di 2,3 chilometri di verde e aree relax con vista sulla città. Oggi, a lavori ultimati, il parco parte da Gansevoort Street, attraversa Meatpacking e arriva fino alla 34esima, tra la10th e la 12th Avenue.

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Al suo interno sono presenti numerose specie vegetali, alcune delle quali cambiano in base alla stagione. Sono stati tracciati nuovi percorsi, pedonali e ciclabili, segnalati da vari segnali colorati, progettati sia per i grandi che per i piccoli. 

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Tra le novità appena inaugurate anche la Pershing Square Beams. In un'area chiusa nei pressi della 11th Avenue, è stato rimosso un vecchio ponte di cemento per mostrare le vecchie travi originali dell'High Line, oggi rivestite in silicone e inserite in un'area giochi per i bambini.

Il parco è aperto tutti i giorni e ospita eventi come concerti, lezioni di yoga e attività per bambini.

Francesca Mancuso

Foto: Flickr

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OGM addio? Da tre 16enni irlandesi la soluzione alternativa per migliorare la resa dei raccolti

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google science fair 2014

Tre ragazze irlandesi di 16 anni, Ciara Judge, Émer Hickey e Sophie Healy-Thow, hanno vinto il premio Google Science Fair 2014 con il progetto Combating The Global Food Crisis. L'obiettivo è fornire una soluzione alle scarse rese alimentari in agricoltura dovute all'impoverimento dei terreni e gettare le basi per combattere la fame nel mondo con una soluzione alternativa alla biotech e agli OGM.

La loro soluzione risiede in un batterio che si trova naturalmente nel suolo e che è in grado di fissare l'azoto anche in presenza di coltivazioni di cereali, come orzo e avena, cosa che di solito non avviene. I risultati sono stati incredibili. Le ragazze hanno visto che le coltivazioni in fase di test hanno germinato nella metà del tempo, dando vita a risultati fino al 74% superiori alla norma.

Le tre giovani irlandesi sono appassionate di giardinaggio. Nel 2011 a scuola hanno studiato il problema della crisi alimentare nel Corno d'Africa e hanno deciso di entrare in azione per trovare una soluzione. Le loro osservazioni hanno avuto inizio per caso dalle radici delle piante di piselli del loro orto, che come altre leguminose hanno una relazione speciale con il batterio "diazatrophic rhizobia".

Questa relazione permette ai legumi di contribuire a fissare l'azoto nel terreno, un aspetto positivo, che può ridurre il ricorso a fertilizzanti di sintesi. Le ragazze hanno pensato di sperimentare l'azione del batterio su piante non leguminose, con particolare riferimento ai cereali. Due tipi di rhizobia in particolare hanno mostrato applicazioni promettenti in agricoltura.

Con l'aumento della popolazione cresce la domanda di cereali e a partire da questa scoperta si potranno sperimentare dei miglioramenti in agricoltura grazie all'azione dello speciale batterio. Per le tre ragazze ci saranno ricchi premi: un viaggio alle Galapagos promosso da National Geographic e una borsa di studio da 50 mila dollari offerta da Google. Dai giovani una nuova speranza per sconfiggere la fame nel mondo e soprattutto per un'agricoltura più sostenibile e libera da OGM?

Marta Albè

Fonte foto: googleblog.blogspot.ca

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Succo d'ananas come liquido di contrasto nelle radiografie per contenere i costi

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succo ananas radiografie

Succo d'ananas puro al 100% al posto del liquido di contrasto. A Bologna questo ingrediente alimentare con un'applicazione inusuale ha sostituito il liquido di contrasto Lumiren nelle radiografie. All'ospedale Sant'Orsola la decisione fa parte della spending review e di un vero e proprio piano di razionalizzazione delle spese.

Gli esperti hanno concordato che il comune liquido di contrasto per le radiografie è perfettamente sostituibile con il succo d'ananas. I risultati dal punto di vista dell'esecuzione degli esami saranno identici.

Il beneficio per l'ospedale bolognese riguarda soprattutto i costi. Infatti una fornitura annuale di liquido di contrasto Lumiren costa ben 14 mila euro. Mentre la stessa quantità di succo d'ananas avrà un costo di soli 380 euro.

Il succo d'ananas verrà utilizzato come liquido di contrasto sia nelle radiografie che nelle risonanze magnetiche anche nel corso del prossimo anno, come già avvenuto negli ultimi dodici mesi, in via sperimentale, in cui il risparmio è risultato evidente.

Gli esperti sarebbero a conoscenza da tempo della possibilità di sostituire il liquido di contrasto con dei succhi di frutta. Non soltanto succo d'ananas, ma anche succo di mirtillo nero, d'uva, di mora e di barbabietola rossa. A Bologna è la prima volta che un semplice succo di frutta sostituisce un farmaco. Segno che, di nuovo, è la natura ad offrici le soluzioni più semplici, economiche e meno dannose per la salute?

"L'abbiamo scoperto" – ha spiegato Marco Storchi, responsabile dei servizi di supporto alla persona del Policlinico - "parlando con medici e radiologi, cuochi e dietisti, cioè mettendo in connessione le diverse professionalità presenti nel policlinico".

Il vantaggio per i pazienti è innegabile. Potranno sostituire un buon succo di frutta all'ananas ad un liquido di contrasto composto da metile, ferro e propile paraidrossibenzoato, a vantaggio della loro salute e del loro palato. La novità arriverà presto anche in altri ospedali italiani?

Marta Albè

Fonte foto: healthwantcare.com

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Liter of Light: le lampade solari dalle bottiglie di plastica saranno autoprodotte dalle comunita' locali

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Quando il riciclo delle bottiglie di plastica può fare la differenza. Già nel 2012 vi avevamo parlato del progetto Liter of Light che aveva portato luce economica e sostenibile nei vicoli e nelle baracche delle Filippine usando delle semplici bottiglie di plastica, acqua, candeggina e naturalmente i raggi del sole. Ora, due anni dopo, il progetto ha fatto molta strada!

L’imprenditore Illac Diaz, che si occupa della diffusione delle alternative solari e sostenibili di Liter of Light, ha cambiato ora strategia: mentre prima le lampadine solari e gli altri piccoli progetti solari venivano importati già pronti (con lo svantaggio che se qualcosa si rompeva non erano molte le persone in grado di fare le riparazioni e il più delle volte finiva tutto nel cestino), ora si è pensato di sviluppare le luci a livello locale in modo che le riparazioni e le sostituzioni possano essere più semplici e alla portata delle comunità locali.

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"Una delle cose riguardo ai prodotti micro-solari che non ci dicono è che non sono stati realmente un successo nei paesi in via di sviluppo.ha spiegato Diaz - I prodotti sono destinati a fallire. Quando le parti si rompono, non si riesce a risolvere il problema. Vedo grandi quantità di energia solare gettate nelle discariche. Il vero dono è quello di insegnare ad avere la propria industria solare, così possiamo fare tutto qui, trovare parti locali per riparare e crescere dal basso verso l'alto”.

Spesso, purtroppo, le località dove vengono utilizzate queste lampadine sono colpite da inondazioni e disastri naturali, ecco perché risulta particolarmente importante che sul territorio ci siano delle persone in grado di intervenire tempestivamente per ripristinare la luce piuttosto che aspettare gli aiuti dall’esterno. A questo proposito l’associazione Liter of Light ha formato un gruppo molto folto di volontari che, in caso di nuovi e pericolosi fenomeni naturali, sia in grado di entrare in azione non solo per filtrare l’acqua ma anche per produrre velocemente luci per le case e le strade.

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Il progetto Liter of Light lavora con cooperative di donne per creare lampadine solari a partire da una bottiglia di plastica di recupero e, grazie ad un nuovo chip high-tech garantito, per fare in modo che la luce duri più a lungo. Nei due anni di attività, l'organizzazione ha distribuito 360.000 luci in 15 località del mondo. Diaz spera di arrivare al traguardo di 1 milione di luci entro la fine del prossimo anno e di fornire così un’alternativa ad altre tecnologie di illuminazione che vengono proposte ai paesi in via di sviluppo.

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Per maggiori informazioni sul progetto fate riferimento al sito aliteroflight.org.

Francesca Biagioli

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1 Liter of light: lampadari solari dalle bottiglie di plastica fanno luce nelle Filippine

Lampadine dalle bottiglie di plastica: ecco il progetto Liter of Light (video)

Tonno in scatola: doppi standard per eludere le promesse fatte a Greenpeace

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tonno in scatola greenpeace francia

Da tempo Greenpeace, in Italia e nel mondo, si occupa di monitorare le aziende del tonno in scatola e le pratiche di pesca legate alla produzione. Pare che in questo ambito vi siano molte promesse, ma ben pochi fatti. A quanto pare le aziende non mantengono le promesse, oppure seguono un doppio standard, diverso a seconda del Paese in cui operano.

Greenpeace Francia ha stilato una classifica delle aziende produttrici di tonno, dove molti nomi sono ben noti anche sul mercato italiano. La pesca eccessiva e distruttiva sta svuotando i nostri mari. Secondo l'associazione ambientalista gli impegni delle aziende sono solo apparenti e parziali, dunque ci sarebbe ancora molta strada da fare.

Dopo Italia, Australia, Inghilterra, Canada e Stati Uniti la classifica "rompiscatole" di Greenpeace è arrivata anche in Francia. Il mercato del tonno francese evidenzia come l'industria si sia mossa ben poco verso una maggiore sostenibilità nella pesca del tonno e nella produzione di tonno in scatola.

Agli ultimi posti della classifica francese troviamo Petit Navire, marchio del colosso MWB, che possiede nel Regno Unito il marchio John West e in Italia Mareblu. Greenpeace lo definisce un colosso anche nei doppi standard, dato che, mentre in Italia e nel Regno Unito si era impegnato negli scorsi anni ad avere entro il 2016 nel 100% dei propri prodotti tonno sostenibile, ora si scopre che in Francia non vi è ombra di tale impegno, e alcune delle flotte da cui arriva il tonno sono state coinvolte in episodi di pesca illegale.

tonno in scatola

La classifica del Rompi-scatole pubblicata da Greenpeace in Italia dove MareBlu figurava tra i più virtuosi

Secondo un'indagine svolta da Greenpeace nei supermercati italiani, anche nel nostro Paese Mareblu non sta facendo abbastanza. La maggior parte del tonno continua a essere tonno pescato con reti a circuizione, senza alcuna garanzia chenon vengano usati dei sistemi di aggregazione per pesci (FAD) che causano la cattura accessoria di squali, tartarughe e balene. Meno del 4% dei prodotti esaminati indica in modo chiaro che il tonno è stato pescato "a canna", uno dei metodi dal minor impatto ambientale (anche se ovviamente è comunque inaccettabile dal punto di vista della difesa dei diritti degli animali).

"Le aziende devono dimostrare di mettere in pratica le loro promesse, e di farlo allo stesso modo nei diversi Paesi. Greenpeace controlla con attenzione il loro comportamento e non permette che i consumatori siano presi in giro" – ha dichiarato Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeeace Italia.

Le grandi aziende del tonno non sono le sole ad applicare due pesi e due misure, prosegue Greenpeace. Nella classifica troviamo il tonno di due supermercati francesi, Carrefour e Auchan, leader nella distribuzione anche nel nostro Paese.

Si trovano al terzo e quarto posto nella classifica di Greenpeace Francia, perché il 10% del tonno che finisce nelle loro scatolette è pescato a canna, peccato che di questi prodotti non provenienti da pesca sostenibile - sostiene Greenpeace - non se ne trovi neanche uno in Italia. Carrefour si è impegnata a rinnovare la propria politica di acquisti nei prossimi mesi: speriamo che adotti precisi criteri di sostenibilità, e che valgano per tutti i mercati in cui è presente – ha aggiunto Greenpeace.

"I nostri oceani sono in crisi, e la maggior parte delle risorse di tonno sono oggetto di una pesca eccessiva e indiscriminata. Aziende leader del mercato mondiale, come MWB, Bolton, Carrefour o Auchan hanno la responsabilità di esserlo anche nel garantire la sostenibilità dei loro prodotti. Solo se riusciremo a cambiare la domanda che viene da Paesi forti consumatori di tonno, come la Francia e l'Italia, potremmo generare un vero cambiamento nelle flotte che operano in mare. Senzatonno non c'è futuro, n'è per i nostri oceani né per queste aziende" – ha aggiunto Monti.

classifica francese tonno in scatola

Di fronte alla classifica di Greenpeace sul tonno in scatola francese, ecco la reazione immediata di Thai Union, che ha definito l'operato dell'associazione ambientalista ben poco corretto. Thai Union avrebbe assicurato di essere al lavoro sul miglioramento dei propri metodi di pesca, di fronte alle accuse di Greenpeace riguardo all'operato per la produzione di tonno in scatola in vendita in Francia.

Secondo Greenpeace, l'87% del tonno proveniente da Thai Union e Petit Navire è frutto di pesca eccessiva, una pratica insostenibile che mette a rischio gli stock ittici. Secondo Thai Union, Greenpeace non avrebbe tenuto conto dei dati forniti dalla stessa organizzazione e le informazioni comunicate sarebbero scorrette. Secondo Thai Union, infatti, l'80% del tonno di Petit Naivre proverrebbe da stock definiti sostenibili dalle organizzazioni regionali di gestione della pesca. Fino a che punto, dunque, arriva il doppio standard? Anche la definizione di stock sostenibili può risultare equivocabile o variabile da un Paese all'altro?

LEGGI anche: 6 buoni motivi per scegliere di non mangiare tonno

Consulta qui la classifica del tonno in scatola di Greenpeace Francia.

Guarda qui Tonno in Trappola, la classificadi Greenpeace Italia sul tonno in scatola.

Marta Albè

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Turf Church of Hof: l'ultima chiesa dal tetto verde d'Islanda

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Una spettacolare chiesa dal tetto verde, immersa nella natura, molto diversa dalle cattedrali che ci aspetteremmo altrove nel mondo. Hof è un piccolo villaggio nel sud-est dell'Islanda, a circa 30 chilometri ad est di Vatnajökull, e 20 chilometri a sud del Parco Nazionale di Skaftafell.

I tetti verdi sono molto comuni in Islanda per quanto riguarda le case dei villaggi. Questa pratica si è sviluppata nel Nord Europa già a partire dell'età del ferro. Ma solo da un paio di decenni la stiamo riscoprendo nel resto dell'Occidente. Gli uomini in passato iniziarono a ricoprire i tetti con un tappeto erboso per riparare le abitazioni dal freddo.

La pratica dei tetti verdi dal 18esimo secolo interessò le abitazioni e gli edifici in legno del villaggio di Hof e di altre località dell'Islanda. Le chiese non erano escluse da questa pratica. Alcuni di questi edifici sono sopravvissuti fino ai giorni nostri e la Hof Church ne è un esempio.

LEGGI anche: Tetti verdi: in Norvegia una tradizione preistorica. Le immagini piu' belle

Fu costruita nel 1884 e dotata di un tappeto erboso sul tetto, secondo i metodi di edificazione del tempo. Ha pareti spesse e pesanti per isolare dal freddo. Il tetto è in lastre di pietra e coperto dall'erba. Ora questa singolare chiesa dal tetto verde fa parte dei monumenti storici islandesi. A costruirla furono il falegname Pall Palsson e il fabbro Porsteinn Gissurarson.

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Ora la chiesa dal tetto verde è gestita dal Museo Nazionale Islandese, ma serve ancora come edificio parrocchiale. I tetti verdi in Islanda venivano utilizzati su tutti i tipi di edifici, dalle stalle alle chiese. Dal 20esimo secolo questa tradizione iniziò ad essere abbandonata e ai giorni nostri soltanto un gruppo ristretto di falegnami e artigiani conserva e cerca di tramandare questa arte.

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La chiesa islandese dal tetto verde ha un aspetto magico e surreale. Inoltre sappiamo bene quanto i tetti verdi siano utili per il risparmio energetico e per l'assorbimento dell'acqua piovana. Sarebbe dunque davvero bello se la tradizione dei tetti verdi venisse ripresa in Islanda e si diffondesse altrove, sfruttando anche le tecnologie di oggi.

Marta Albè

Fonte foto: hof1.is

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Romeow Cat Bistrot: il bar dei gatti sbarca anche a Roma, sara' vegano

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miagolacafe

Arriva un Neko Caffè anche a Roma. Si chiama Romeow Cat Bistrot, sarà vegetariano e vegano e aprirà a fine ottobre nel quartiere Ostiense (in via Negri). Tra dolci raw e smoothies, ci saranno anche sei gatti: Romeo, Maos, Nino, Frida, Lamù, Irì.

Proprio come avviene a Taiwan e in Giappone, dove i Neko café sono diffusissimi. O, da qualche anno a questa parte, anche in alcune città d'Europa, che ospitano queste piccole isole felici all'interno delle quali, protetti, controllati e sicuri, uomini e felini possono liberamente interagire e scambiarsi affetto e coccole. L'importante è rispettare alcune regole basilari, come la tranquillità dei felini.

Dopo Torino, dove è nato da un po' di tempo un altro Neko Caffè, MiaGola caffè, anche i romani potranno godersi un bel caffè mentre accarezzano i gatti.

cat caffe

"I due chef spazieranno tra le cucine dei 5 continenti, rispettando stagionalità delle materie prime. La pasticciera preparerà. I gestori promettono non un semplice bar che ospita gatti ma un raffinato bistrot, aperto dalla colazione al dopocena", si legge su PunatrellaRossa.it, che ha dato notizia della nuova imminente apertura.

Roberta Ragni

Photo Credit MiagolaCaffe

Fonte PuntarellaRossa

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Porto Tolle: Enel rinuncia alla riqualificazione della centrale a carbone

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Enel Porto Tolle

L'Enel non trasformerà in un grande impianto a carbone la grande centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, sul delta del Po. Niente riconversione a carbone, dunque, e le associazioni ambientaliste esultano. Ma pure i cittadini e gli agricoltori, gli imprenditori veneti e quelli romagnoli.

 

Il motivo? Pare sia un intreccio inestricabile di difficoltà normative, i contenziosi locali che vanno avanti sin dagli albori del progetto, il processo penale. E 2,5 miliardi di euro che andrebbero letteralmente buttati, in un momento in cui, invece, il contesto energetico è sostanzialmente cambiato: i consumi elettrici sono, infatti, al minimo e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia (circa il 40% della corrente elettrica prodotta in Italia) mantiene spente moltissime centrali, producendo ormai perdite anziché di chilowattora.

Dall'Enel ancora nessun annuncio ufficiale. Fatto sta che ora quella centrale spenta da cinque anni, dalla quale svetta l'edificio più alto d'Italia (la ciminiera, di ben 250 metri), potrebbe lasciare a casa un mucchio di dipendenti. Ed è proprio quello che non vogliono i sindacati. E nemmeno le associazioni ambientaliste, Legambiente e WWF in primis, che dal 2005 hanno condotto una battaglia ideologica e legale. Sono proprio gli ambientalisti, ora, a chiedere che l'investimento sia subito reindirizzato verso le fonti rinnovabili del futuro: in questo modo, tutti i progetti di rinnovabili e di efficienza energetica nell'area dell'ex centrale sarebbero in grado di riassorbire i lavoratori dell'ex centrale a olio combustibile e di assicurare nuova occupazione.

PERCHE' NO AL CARBONE - Il carbone è tra tutte le fonti fossili la peggiore fonte di emissioni di gas serra: le emissioni di CO2 provenienti dalla combustione del carbone arrivano a essere del 30% superiori a quelle del petrolio e del 70% superiori a quelle del gas naturale. Dai processi di combustione si liberano molte sostanze tossiche (alcune delle quali sono bioaccumulabili e altre cancerogene).

È per questo motivo che l'uso del carbone non è solo la principale minaccia per il clima del pianeta, ma anche una delle maggiori fonti d'inquinamento con gravi impatti sugli ecosistemi e sulla salute delle persone e degli organismi viventi.

Legambiente e WWF si augurano che alla rinuncia di Enel segua la rinuncia a tutti i nuovi progetti di centrali a carbone in Italia e che si comincino a chiudere le centrali a carbone esistenti (attualmente in Italia ne sono in funzione 13), considerate soprattutto la "overcapacity" in Italia (ossia la capacità di produrre energia elettrica più del doppio del picco massimo di domanda mai raggiunto) e la diminuzione della domanda, in base alla quale ormai le centrali italiane lavorano a scartamento ridotto.

Germana Carillo

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Auto elettriche: in Germania parcheggi gratis e corsie preferenziali

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parking eletric car

Parcheggi gratuiti e possibilità di transitare nelle corsie preferenziali. Sono questi alcuni dei bonus che la Germania sta pensando di introdurre per incentivare l'acquisto di un'auto elettrica contenuti nel nuovo disegno di legge presentato dal Ministro dell'Ambiente tedesco.

Se entrasse in vigore permetterebbe ai Comuni di concedere maggiori privilegi ai conducenti come la possibilità di parcheggiare gratuitamente nelle strisce blu o di transitare nelle corsi dedicate a taxi e mezzi pubblici. 

In Germania sono le stesse Case produttrici a chiedere maggiore sostegno per il mercato elettrico. Un aumento della domanda migliorerebbe sia la produzione, stimolando lo sviluppo di modelli sempre di efficienti, sia la qualità dell'aria delle città, favorendo il raggiungimento di standard ambientali più elevati in un Paese in cui i trasporti rappresentano il 16% delle emissioni di CO2.

Attraverso questa misura la Germania punta a raggiungere un milione di auto elettriche entro il 2020. Un obiettivo ambizioso visto che nel 2014 sono appena 21.000 i veicoli alimentati ad energia elettrica.

Basteranno questi benefits a risvegliare un mercato limitato dalle infrastrutture ancora poco capillari, un'autonomia della batteria non sufficiente a coprire le lunghe distanze  e un prezzo ancora troppo poco competitivo? 

Cristiana Priore

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L'ufficio che scompare a fine giornata per far spazio alla creatività

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ufficio che scompare cover Stop al lavoro oltre l'orario stabilito. Ad Amsterdam c'è un ufficio che alle 18 scompare letteralmente dal locale in cui si trova per dare spazio a creatività e socializzazione. Così si evita che il personale lavori fino a tardi.

Durante il giorno questo studio di design di Amsterdam si presenta proprio come un tipico spazio di lavoro. Ma alle 6 del pomeriggio, grazie ad un semplice comando, tutte le scrivanie si sollevano verso l'alto, con tanto di computer e documenti. Lo spazio di lavoro scompare e si trasforma in qualcosa di nuovo.

Le scrivanie si spostano verso il soffitto e lo studio diventa una sala per lo Yoga, una pista da ballo, un luogo di ritrovo per i creativi o qualsiasi altro spazio utile alla socializzazione. Lo ha confermato Sander Veenendaal, direttore creativo di Heldergoren, la società che utilizza l'ufficio durante le ore lavorative.

L'azienda nelle ore serali mette a disposizione lo spazio gratis. Le grandi scrivanie condivise sono assicurate al soffitto con cavi d'acciaio e utilizzano un meccanismo delle produzioni teatrali per sollevare ed abbassare il tutto ogni sera. Alla fine della giornata di lavoro, lo spazio si libera in pochi minuti.

Questo tipo di ufficio impone un maggior equilibrio tra vita lavorativa e tempo libero. Spesso gli uffici sembrano progettati per mantenere i dipendenti al lavoro fino a tardi, ma Amsterdam con questo esempio va contro tendenza. Il sistema rende anche l'ufficio più sicuro. Quando le scrivanie sono sollevate, la stanza sembra vuota e non attira i ladri.

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Infine, l'ufficio è stato progettato per essere il più possibile sostenibile. E' nato in una fabbrica di cioccolato abbandonata e tutti i mobili sono costituiti da materiali recuperati nel quartiere. Le scrivanie mobili, ad esempio, sono state costruite con vecchi pali del telefono. Se da uno spazio disponibile ne nasce uno nuovo nelle ore in cui non viene utilizzato, ecco che si riduce il ritmo delle nuove costruzioni, con annessi costi ambientali. Sapete se esistono esperienze simili anche in Italia?

Marta Albè

Fonte foto: heldergoren.nl

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Bimba uccisa dal pastore tedesco: come evitare queste tragedie?

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Sta facendo discutere tutta Italia la vicenda del pastore tedesco che ha azzannato, uccidendola, una bambina di 3 anni a Fiano Romano, in provincia di Roma. Sul posto sono intervenuti i carabinieri. Sembra che la bimba sia entrata nel recinto in cui veniva tenuto per la maggior parte del tempo il cane e si sia avvicinata alla sua ciotola, il tutto all'insaputa dei genitori. La piccola è morta poche ore dopo all'ospedale Sant'Andrea di Roma.

Se, da un lato, resta il dolore per l'orribile tragedia, dall'altra, appare opportuno sottolineare come da questa storia si possa trarre un insegnamento per salvare altre vite. Già, perché drammi di questo tipo - non è di certo il primo - spesso si possono evitare semplicemente gestendo bene il cane, acquisendo un minimo di competenza cinofila ed educando i più piccoli.

Non si tratta di "giudicare" l'accaduto, ma di fare in modo che non ci siano nuove innocenti vittime, altri bambini e altri cani. Cani che, dopo essersi resi protagonisti di episodi violenti, vengono spesso abbattuti, o nella migliore delle ipotesi abbandonati in strada o portati nei canali.

È proprio per questo che l'Ente Nazionale Protezione Animali, respingendo ogni ipotesi di abbattimento, si è reso disponibile ad offrire il proprio supporto e la propria collaborazione per la gestione del pastore tedesco.

"Proviamo dolore e sgomento per la tragedia accaduta oggi a Fiano Romano. Esprimiamo tutto il nostro cordoglio alla famiglia della piccola - dichiara la presidente nazionale dell'Enpa, Carla Rocchi - siamo fiduciosi che la Procura di Rieti, che come atto dovuto ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e omessa vigilanza di minore, chiarisca la dinamica di questo terribile incidente".

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Anche l'associazione Earth vuole farsi carico di questo sfortunato cane e lancia un appello su Facebook: 

"Era rinchiuso in un recinto da 9 anni. Ha aggredito la bambina di 3 anni che ha aperto il cancello ed è stato condannato a morte senza appello. EARTH vuole salvarlo ed affidarlo ad educatori cinofili. AIUTACI, scrivi alla Asl RmF chiedendo che lo affidino a noi urp@aslrmf.it".

Le reazioni dei cani, però, è bene dirlo chiaro e forte, dipendono dal modo in cui vengono tenuti, gestiti e socializzati, anche nei confronti dei bambini. Non lo diciamo noi, ma gli esperti. E nel caso specifico, purtroppo, appare evidente che tutta la situazione era ad altissimo rischio.

"Dal racconto del padre emerge come:

a) il cane non vivesse in famiglia, ma "in un recinto, insieme ad alcuni segugi"; quindi non stava in casa e non poteva considerare la bimba come parte del suo branco. Non era, insomma, affatto il "suo cane", come hanno titolato decine di giornalisti palesemente incompetenti.
Ah... il fatto che in passato avesse ammazzato uno dei segugi è del tutto ininfluente, anche se molti hanno commentato "Ehhh! Aveva già ammazzato un cane, era logico che potesse attaccare anche una persona". Invece non è logico affatto: cani e persone sono cose diverse, e i cani lo sanno benissimo);

b) la piccola, che a quanto pare stava nella villetta del nonno (ci sono versioni contrastanti tra le varie testate, ma quella che ricorre più frequentemente è questa) è entrata nel recinto "dove il cane stava mangiando": quindi il cane ha visto invadere il suo territorio da un'intrusa che probabilmente è andata anche a toccarlo durante il pasto.

C'erano, insomma, tutti i presupposti perché succedesse qualcosa di grave".

Lo scrive Valeria Rossi su Ti Presento Il Cane.

Franco Fassola, veterinario e presidente della Società italiana scienze comportamentali (Sisca), all'Adnkronos Salute spiega:

"Quando in casa convivono bimbi e cani, è bene che l'attenzione dei genitori sia sempre massima. È una regola di buon senso. Ma oltre al "buon senso", sarebbe necessario organizzare dei corsi ad hoc per i proprietari di cani, con tutte le informazioni per sapere bene come comportarsi".

Salvatore Montemurro, presidente dell'Osservatorio italiano cani mordaci, infine, aggiunge:

"Far socializzare il cane e il bambino è fondamentale, perché senza un corretto inserimento il bimbo, per il cane, resta un estraneo. I bambini, inoltre, sono incapaci di leggere i segnali che danno fastidio al cane, per cui vanno educati. Devono sapere che mentre il cane mangia, dorme o gioca col suo osso, non va infastidito. E nel gioco tra cane e bimbo deve essere sempre presente un adulto".

Prima di inneggiare alle uccisioni di masse di certe razze canine, all'abbandono o al canile (come si legge nei commenti sui social che girano in queste ore), sarebbe bene quantomeno riflettere. Ma, soprattutto, invitare tutti i proprietari di cani a informarsi, a rivolgersi a degli esperti cinofili, a iniziare un nuovo rapporto col proprio animale, che rispetti le sue esigenze.

Perché non ci siano più vittime dell'incompetenza e dell'ignoranza.

Roberta Ragni

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A Roma arrivano i primi taxi d'Italia 100% elettrici

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taxi elettrici nissan roma

A Roma arrivano i primi taxi d'Italia 100% elettrici. Un primo passo verso la mobilità green e la sperimentazione di vetture a emissioni zero (quando si trovano in circolazione) che in seguito coinvolgerà anche altre città. come Milano e Firenze.

URI, 3570 e Nissan nel corso di una conferenza stampa hanno presentato i primi due taxi 100% elettrici, una novità unica in Italia. In aggiunta, ecco anche la presentazione di un camper per la ricarica mobile, praticamente unico al mondo. La mobilità sta cambiando e prendere il taxi presto sarà davvero green.

Si tratta di una svolta importante, che va ad alimentare le possibilità di spostamento a basso impatto ambientale nella capitale. Ci sono spostamenti che talvolta non è possibile effettuare con i mezzi pubblici. I taxi elettrici possono rappresentare una soluzione per ridurre l'impatto ambientale del traffico cittadino, anche quando la corsa viene effettuata per una sola persona.

L'introduzione dei taxi elettrici fa parte di Via col Verde, un progetto lanciato da URI nel 2012 per andare incontro alle esigenze degli italiani e alle loro preoccupazioni sull'inquinamento in città. Da un sondaggio inserito nell'iniziativa è emerso che il 71% dei nostri connazionali ritiene che la propria città sia abbastanza o molto inquinata. L'80% giudica in modo positivo l'utilizzo dei taxi elettrici, con i loro vantaggi ambientali.

I due taxi Nissan Leaf presentati oggi sono a basso impatto sul Pianeta e non emettono Co2. Sono prodotti con il 99% di materiali recuperabili e oltre il 60% della plastica utilizzata per la loro costruzione è ricavata da materiali riciclati. Nei prossimi mesi i taxi elettrici, dopo la sperimentazione di Roma, arriveranno anche a Firenze e Milano, in vista di Expo 2015.

"Questo per noi non è certo un punto di arrivo, ma il primo passo verso una mobilità veramente sostenibile e una Roma sempre più green". - ha commentato Loreno Bittarelli. - "Attualmente, però, nella Capitale sono presenti poche colonnine per la ricarica, e non tutti i tassisti hanno un proprio box nel quale ricaricare la vettura. Abbiamo, quindi, previsto un'unità mobile per la ricarica dei taxi che in 20 minuti consente di ripristinare l'80% della carica. Questo camper, unico al mondo, utilizza l'energia fotovoltaica prodotta grazie ai pannelli istallati nella nostra sede".

taxi elettrici roma

Infine, anche i tassisti sembrano aver accolto bene la novità dei taxi elettrici. Uno dei due attisti che oggi hanno sperimentato la guida delle nuove vetture elettriche ha affermato che la guida è molto più confortevole e sicura, oltre che meno faticosa. Il motore è silenzioso e a basso impatto, e si precede che i cittadini, a parità di servizio, preferiscano proprio i taxi elettrici, nella speranza di salvaguardare l'ambiente e inquinare di meno. Sareste curiosi di provarli?

Marta Albè

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Renzi vuole trivellare l'Adriatico. 7 ragioni per dire No allo Slocca Italia

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 La lotta contro i cambiamenti climatici è la sfida del nostro tempo, dice Renzi a New York davanti ai capi di governo mondiali. Frenare l'aumento globale delle temperature è una sfida ancora possibile, ma di certo le trivellazioni di petrolio per terra e per mare a cui il governo guarda con interesse non sono la soluzione.

E se il premier si mostra conciliante e preoccupato al Summit Onu, in realtà quello che accade in Italia è tutta un'altra storia. I panni sporchi, in questo caso, non si lavano in famiglia. E si cerca di trivellare a dispetto dei famosi “comitatini” che si oppongono alla corsa al petrolio tricolore. Renzi aveva già fatto intendere di strizzare l'occhio all'oro nero. E nonostante le volontà espresse a New York, i fatti parlano chiaro: il decreto Sblocca Italia (ribattezzato da più parti Trivella Italia) che aveva chiamato in causa lo sblocco delle attività estrattive di idrocarburi in Sicilia e Basilicata, riguarda invece tutto il paese. A partire dall'Adriatico.

Il famigerato art. 38 del decreto legge 133/2014, ha già dato di fatto il via libera a tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, svuotando il valore delle valutazioni ambientali e mettendo da parte le Regioni. La denuncia arriva da WWF, Legambiente e Greenpeace che hanno chiesto ai membri della Commissione Ambiente della Camera di abrogare l'articolo, per almeno 7 motivi:

  1. le disposizioni in esso contenute consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi senza individuare alcuna priorità;

  1. trasferiscono d'autorità le VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente;

  2. forzano le competenze concorrenti tra Stato e Regioni regolate dal Titolo V della Costituzione;

  3. prevedono una concessione unica che riguarda sia la ricerca che la coltivazione contro la distinzione delle norme comunitario tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;

  4. applicano impropriamente e erroneamente la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Ambientale;

  5. trasformano in maniera forzata gli studi del Ministero dell'Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico legato sia alle attività di prospezione, che di ricerca e coltivazione di idrocarburi in “progetti sperimentali di coltivazione”;

  6. compiono una distorsione rispetto alla tutela dell'ambiente e della biodiversità rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/13/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.“Verranno quindi favorite le attività estrattive di idrocarburi su tutto il territorio nazionale a discapito della salute, delle economie locali come turismo e agricoltura che mal si conciliano con l'estrazione petrolifera e di altri idrocarburi. Le regioni più interessate oltre a Sicilia e Basilicata saranno Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Lazio, Calabria” ha sottolineato Gianni Girotto, capogruppo del Movimento 5 Stelle nella Commissione Industria e Commercio del Senato.

decreto trivelle

Legambiente

 

Verranno quindi favorite le attività estrattive di idrocarburi su tutto il territorio nazionale a discapito della salute, delle economie locali come turismo e agricoltura che mal si conciliano con l'estrazione petrolifera e di altri idrocarburi. Le regioni più interessate oltre a Sicilia e Basilicata saranno Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Lazio, Calabria” ha sottolineato Gianni Girotto, capogruppo del Movimento 5 Stelle nella Commissione Industria e Commercio del Senato.

 

E intanto, mentre il mondo aspetta la Conferenza di Parigi, l'Italia non riesce a guardare nel proprio giardino, faticando a tracciare la roadmap per la decarbonizzazione.

Francesca Mancuso

Foto copertina: Greenpeace

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Climate Summit 2014, Ban Ki-moon: "Basta parole, riscriviamo la storia" (climate2014)

 

Troppo zucchero nei cereali per la colazione dei bambini Kellogg's

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Kellogg-s-cereali_altroconsumo

Troppi zuccheri nei cereali Kellogg's, pubblicizzati come prodotto ideale e ricco di nutrienti per la colazione dei bambini. Altroconsumo ha deciso di segnalare gli spot Kellogg's all'Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Se è vero che nei cereali Kellogg's troviamo ferro e vitamine, è altrettanto vero che questo prodotto presenta un elevato contenuto di zuccheri.

La pubblicità dei cereali Kellogg's si trova in programmazione anche sui canali televisivi tematici dedicati ai bambini. Lo spot ricorda ai più piccoli che il modo migliore per iniziare bene la giornata è fare colazione con i cereali Kellogg's da accompagnare con una tazza di latte, ricca di calcio e proteine.

Altroconsumo tralascia il discorso latte e punta l'attenzione sui cereali per la colazione, ricordando che i prodotti in commercio non sono tutti uguali. E' facile che i genitori si lascino ingannare dai messaggi pubblicitari o che seguano un po' troppo le richieste dei figli dettate dalla Tv.

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Il contenuto di ferro e vitamine dei cereali Kellogg's, così come avviene anche per numerosi prodotti e snack per i più piccoli, non li rende di certo virtuosi. Altroconsumo ha analizzato le etichette dei prodotti Kellogg's per la colazione e ha notato che non tutti presentano lo stesso quantitativo di zuccheri e grassi.

Ad esempio, su un quantitativo di 100 grammi di prodotto, i Kellogg's Frosties conterrebbero più del quadruplo degli zuccheri presenti nei Kellogg's Corn Flakes. Anche sui grassi ci sono delle differenze molto evidenti, per cui si passa dagli 0,3 grammi su 100 grammi per i Rice Krispies ai 3,5 grammi per i Miel Pops.

Ecco dunque un messaggio molto importante per i genitori: fate attenzione alle etichette. I cereali per la colazione tipici dei supermercati, oltre a vitamine e ferro, possono contenere quantitativi elevati di grassi e di zuccheri, un'informazione che di certo non viene veicolata tramite gli spot pubblicitari.

In ogni caso, nei negozi di prodotti naturali e anche in alcuni supermercati, le alternative esistono già: si tratta di semplici fiocchi di cereali o cerali soffiati (ad esempio di mais, riso, orzo, segale, farro e avena) al naturale, preparati senza l'aggiunta di grassi, zuccheri, conservanti o altri ingredienti indesiderati.

Marta Albè

Fonte foto: prevention.com

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Orzo: un toccasana per il cuore, ecco perche'

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L'orzo è un cereale benefico per il cuore. Nell'alimentazione dei nostri giorni questo cereale è davvero ben poco popolare, rispetto al passato, ma la scienza si sta interessando sempre più alle sue proprietà benefiche. A distinguerlo da cereali più comuni come il grano è soprattutto il suo contenuto di beta-glucano, una fibra solubile.

Il più recente congresso della Società Europea di Cardiologia ha rappresentato l'occasione per presentare uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Cellular and Molecular Medicine. Si tratta di uno studio tutto italiano, condotto presso l'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.

Le ricerche si sono svolte in collaborazione con il pastificio Granoro di Corato (Bari) che si è occupato della produzione di una pasta speciale ricca di beta-glucano. Gli esperti hanno scoperto che il trattamento delle cellule endoteliali cardiache con beta-glucano aumenta i livelli dell'enzima MnSod, che aiuta ad incrementare l'abilità rivascolarizzante e riparatrice delle cellule progenitrici endoteliali. Un effetto considerato utile per riparare il cuore dopo l'infarto.

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L'esperto Vincenzo Lionetti ha spiegato che "L'endotelio che riveste le coronarie di un uomo adulto difficilmente genera nuovi vasi in un cuore infartuato. La scarsa capacità 'angiogenica´ delle cellule endoteliali adulte è anche alla base della scarsa capacità auto-riparativa del cuore adulto. I meccanismi alla base di tale insufficienza sono oggetto di intensa ricerca da parte della comunità scientifica internazionale".

"Fino ad oggi, tuttavia, non era noto" – ha proseguito l'esperto – "se un'aumentata espressione dell'enzima "Manganese superossido dismutasi" (MnSod) nelle cellule endoteliali mature riuscisse a incrementare la capacità di generare nuovi vasi sani, senza richiedere l'intervento di cellule progenitrici endoteliali o di cellule staminali, e se questo risultato fosse possibile conseguirlo mediante il trattamento con composti naturali di tipo vegetale".

Il beta-glucano è una fibra considerata benefica per la salute poiché contribuisce a mantenere nella norma i livelli di colesterolo nel sangue, con effetti positivi sul cuore e sull'apparato circolatorio. Inoltre la stessa fibra può contribuire al mantenimento del peso corporeo ideale e a regolare il senso di sazietà. Lo stesso Lionetti ha confermato che la natura spesso offre i rimedi per molte malattie, come il danno cardiaco da infarto, ma occorre cercarli. I risultati ottenuti, a suo parere, incoraggiano lo sviluppo di nuovi approcci rigenerativi e anti-invecchiamento di tipo nutraceutico.

Marta Albè

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CONAI: al via la nuova edizione del concorso di riciclo per le scuole. Ecco come partecipare

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io riciclo e tu

Diffondere la cultura del riciclo dei materiali di imballaggio e promuovere una coscienza ambientale fra i più giovani. E' questo l'obiettivo della nuova edizione 2014/2015 del concorso Conai rivolto alle scuole secondarie di 1° Grado e al biennio delle scuole secondarie di 2° Grado di tutto il territorio italiano.

Pertanto i ragazzi potranno sbizzarrirsi in moltissimi modi, dare sfogo alla creatività e all'invettiva, sperimentare tecniche e materiali nuovi e realizzare cartelloni, spot radiofonici o televisivi, manifesti ecc. Insomma potranno dare forma a tutto ciò che la fantasia suggerirà loro per convincere i propri concittadini che realizzare una buona raccolta differenziata è davvero importante per tutti.

C'è tempo da oggi 29 settembre 2014 fino al 27 marzo 2015, per inviare gli elaborati che saranno valutati dalla giuria, composta da CONAI, Ministero dell'Ambiente e Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

In palio per la classe vincitrice un Kit L.I.M (lavagna interattiva multimediale e proiettore). Per il secondo posto e il terzo posto i premi previsti sono rispettivamente una postazione completa PC e una libreria di eco-design.

Alle classi per candidarsi al concorso basterà:

dimostrare di aver seguito il percorso formativo messo a disposizione dal Consorzio attraverso il sito www.riciclotvb.it;

ideare e realizzare una campagna di informazione e sensibilizzazione, rivolta ai cittadini del proprio Comune di residenza, dedicata alla raccolta differenziata e al riciclo dei 6 materiali di imballaggio - acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro.

Maggiori info su come iscriversi e partecipare sono consultabili sul sito ufficiale.

Cristiana Priore

 

Tutti in bici: che mondo sarebbe senza le auto?

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mondo bici

Che mondo sarebbe senza le auto? Sì, insomma, se a farla da padrona fosse sua maestà la bicicletta, se tutti i privati montassero in sella, se le macchine le lasciassimo solo a scopi commerciali? Inutile dirlo: sarebbe disgustosamente fantastico. 

Più belli e più in forma, quindi più felici e con una più lunga aspettativa di vita. Questi saremmo noi, cocciuti cittadini di metropoli ingrigite, spietati assassini di noi stessi, se, invece di indebitarci per una fetentissima macchina, comprassimo tre, quattro, cinque biciclette a seconda dei componenti della nostra famiglia.

Le differenze a tutto vantaggio della bici sono più che evidenti e le mette in luce un'indagine inglese.

Nella ricerca (qui l'infografica), che ha preso in considerazione il Regno Unito, si è supposto che le attuali 13 milioni di bici esistenti diventino 50 milioni. Dal momento che le auto emettono il 58% dei gas serra, un passaggio radicale all'utilizzo delle biciclette andrebbe a vantaggio della nostra salute, se pure consideriamo quelle 76 calorie in più che in media consumeremo al giorno.

E come la mettiamo con l'occupazione? 11,5 milioni di euro sarebbero risparmiati in assenteismo, mentre 87mila persone in più verrebbero assunte nell'industria della bici e degli accessori (in questo modo, il settore contribuirebbe all'economia per quasi 14mila euro).

E non solo: andare in bici non fa solo bene alle tasche e alla salute fisica, ma anche a quella mentale. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Preventive Medicine e condotto su 18mila pendolari, chi andava al lavoro a piedi o in bici era più decisamente felice. Chi, invece, s'ostinava a guidare, aveva mostrato il 13% di possibilità in più di sentirsi stressato e di non riuscire a concentrarsi.

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Tutti vantaggi "intangibili" che, come dicono gli esperti, dovrebbero essere presi in considerazione quando si fanno scelte politiche sulla mobilità urbana. Le auto inquinano? Bene, se invece di mandare un spot ogni due (ma è anche vero che le case automobilistiche pagano fior di quattrini che alle televisioni fanno comodo) di nuovi nuovissimi modelli di auto (dai prezzi tra l'altro esorbitanti), ci fosse un'esortazione mattina e sera verso mezzi di trasposto green come la bicicletta, forse saremmo meno rimbecilliti nella ricerca di come muoverci da casa nostra. La risposta è una soltanto ed è la più semplice ed economica: la bicicletta!

Guarda QUI l'infografica completa

Germana Carillo

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Fotovoltaico, in Nuova Caledonia l'impianto piu' bello del mondo: è a forma di cuore

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impianto fv cuore

Il fotovoltaico è... nel cuore. È il primo nel suo genere e lo hanno battezzato l'impianto più bello del mondo. Una volta costruito, i suoi 7.888 pannelli formeranno un bellissimo cuore di quattro ettari, visibile solo dall'alto.

A realizzarlo su Grand Terre, la più grande isola del Sud Pacifico dell'arcipelago della Nuova Caledonia, a 1200 chilometri a est da Brisbane, sarà Conergy. Produrrà due megawatt di energia elettrica pulita, sufficiente per alimentare 750 case. Il progetto è stato commissionato da TIEA Energie, controllata della società di bevande locale Froico SA. I lavori di realizzazione inizieranno nei prossimi mesi, in partnership con l'appaltatore locale AMBI Energy.

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L'esclusivo design è stato ispirato al "Coeur de Voh", "Cuore di Voh", un'area della vicina vegetazione di mangrovie che ha naturalmente preso la forma di un cuore. Il "Coeur de Voh" è diventato famoso in tutto il mondo grazie alla fotografia aerea dell'attivista ambientale Yann Arthus-Bertrand.

couer de voh

Chiamato il 'Cuore della Nuova Caledonia', il romantico impianto fotovoltaico farà risparmiare circa due milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica per tutta la durata del suo esercizio, stimata in 25 anni, facendo risparmiare alle isole il ricorso a gasolio e carbone, che invece oggi generano la maggior parte dell'energia.

Roberta Ragni

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Salento Green: ecco come ti rivaluto i parchi regionali per avvicinare i giovani alla natura

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parchi salento

Non solo mare, non solo spiagge. Il Salento punta sul turismo verde e alla rivalutazione dei suoi parchi regionali. E lo fa con progetto presentato oggi a Lecce con l'obiettivo di far riscoprire la natura e la bellezza del "tacco d'Italia" . Ai turisti, ma anche agli stessi giovani salentini.

Una terra rossastra e un paesaggio brullo di ulivi contorti dai secoli e un'entroterra di macchia mediterranea selvaggia tra pagghiare e muretti a secco. Un mare limpido, aree umide delicate e i boschi delle pinete costiere.

Il Salento custodisce bellezze come il Bosco di Tricase, il litorale di Ugento, il Bosco di Rauccio con quello che resta dell'antica foresta di leccio che rivestiva la penisola fino a Lecce e oltre. L'isola di Sant'Andrea-Litorale di Punta Rizzo; la 'Palude del Capitano' di Porto Selvaggio; l'oasi 'Le Cesine; la 'Palude del Conte' di Porto Cesareo.

Tutti luoghi incantevoli e da rivalutare, da conoscere innanzitutto, anche per poterli tutelare meglio. La bellezza di cui è intrisa la terra salentina si rispecchia nei suoi cinque parchi naturali regionali, due riserve naturali statali ed un'area marina protetta. Giovani aree protette che custodiscono la storia, la ruralità e biodiversità... Parchi che gli stessi salentini dovrebbero imparare a conoscere di più.

palude conte

Il progetto 'Green Salento', presentato oggi dall'associazione 'Carpe Diem' intende avvicinare i giovani alla natura e alla vita all'aria aperta e quindi a valorizzare i parchi naturali salentini e permettendo loro con diverse attività di conoscerli e amarli.

Una campagna di sensibilizzazione a cavallo tra l'educazione ambientale e civica rivolta a scuola e università che hanno bisogno di scoprire o riscoprire la loro terra. Un primo passo per promuovere sempre di più la crescita di un concreto e diffuso Turismo Ecologico in Salento.

Cristiana Priore

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