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Auto guasta? L'officina ti fornisce gratis una bicicletta realizzata dai carcerati (VIDEO)

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piedelibero

Ti si è rotta l'auto e non sai come muoverti? Niente paura, l'officina ti fornisce la bicicletta in sostituzione del veicolo guasto! E non una due ruote ecologica qualunque, ma una bici nuova di pacca assemblata dai detenuti delle carceri fiorentine. E' il progetto '2×4' che promuove il trasporto sostenibile, con una funzione anche sociale.

L'iniziativa, realizzata da Gestioncar in collaborazione con la Cooperativa Ulisse, è stata presentata al Museo Novecento di Firenze, alla presenza, tra gli altri, del sindaco Dario Nardella e della giunta, dell'amministratore delegato Gestioncar Mario Gargano, del presidente della Cooperativa Ulisse Gianni Autorino e di Marco Berry, testimonial del progetto.

Tutte le officine della rete Gestioncar, oltre alle auto, avranno in dotazione delle vere e proprie bici 'di cortesia' da offrire gratuitamente al cliente per tutto il tempo di fermo auto necessario alla riparazione. Le biciclette, già consegnate a 50 officine, sono state realizzate dai detenuti del carcere di Sollicciano che ha aderito al progetto 'Piedelibero' promosso dalla Cooperativa Sociale Ulisse e che prevede la rigenerazione e il restauro di bici abbandonate provenienti dai depositi comunali.

{youtube}XlqIORQUE9o{/youtube}

"E' bello che i promotori abbiano scelto Firenze per lanciare questa iniziativa. Evidentemente la nostra città evoca un modello positivo, rispettoso dell'ambiente e coglie la sfida di una mobilità diversa – ha detto il sindaco Nardella – In tutto ciò c'è anche un valore di socialità, dato che le bici utilizzate sono realizzate dalla Cooperativa Ulisse nell'ambito del progetto Piedelibero, grazie al quale i detenuti possono sentirsi molto più utili. Sono sicuro che Firenze sarà un esempio per tutta l'Italia. Un bel messaggio – ha concluso Nardella – che lanciamo in un periodo difficile per la mobilità a causa dei lavori per la tramvia: dobbiamo puntare al massimo sulla collaborazione dei fiorentini e sulla possibilità di usare mezzi alternativi come la bicicletta".

Sempre nell'ottica di incentivare l'uso della bici in città, Gestioncar offrirà gratuitamente a chiunque acquisti una bici "Piedelibero" la Gestioncard, una tessera che permetterà di avere a disposizione un numero verde, attivo h24 sette giorni su sette, per il soccorso stradale e indirizzamento su rete di riparatori a condizioni agevolate.

Roberta Ragni

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La UE boccia le etichette a semaforo del Regno Unito

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etichette a semaforo uk italia

Tutti contro l'iniziativa del Regno Unito di applicazione volontaria delle etichette a semaforo sui prodotti alimentari. L'UE ha avviato una procedura di infrazione contro la decisione del Governo UK di introdurre i semafori in etichetta. L'Italia gioisce per la decisione di osteggiare il provvedimento britannico che penalizza il Made in Italy e la dieta mediterranea.

Secondo Coldiretti e Confagricoltura, l'applicazione delle etichette a semaforo sui prodotti alimentari tipici della produzione italiana, come formaggi, prosciutti e salumi, avrebbe messo in pericolo le esportazioni. I semafori indicano infatti, con il colore rosso, quando gli alimenti, o le bevande, presentano un contenuto eccessivo di sale, zucchero e grassi.

Dunque i semafori in etichetta avrebbero indicato l'eccesso di sodio e zuccheri nei formaggi e nei prosciutti Dop e Igp? Probabilmente sì. E forse i consumatori UK avrebbero preferito non acquistarli, nonostante la loro predilezione per il cibo italiano. A parere di Coldiretti le etichette a semaforo penalizzano la dieta mediterranea, anche se è stata inserita nel Patrimonio culturale immateriale dell'Umanità dall'Unesco. Sorge dunque un dubbio legittimo: formaggi e salumi italiani sono davvero salutari? E sono realmente il simbolo della dieta mediterranea?

L'Italia ha osteggiato fin dall'inizio la possibile introduzione di etichette a semaforo nel nostro Paese e in Europa poiché considera questo sistema fuorviante e poco trasparente nei confronti dei consumatori. Non terrebbe infatti conto delle quantità di un determinato alimento consumato da ciascuno sotto forma di porzione, ma si riferirebbe al contenuto generale di grassi, zuccheri e sale presente nelle confezioni. Potrebbe dunque creare confusione tra i consumatori.

L'Italia e l'Europa stanno davvero pensando alla salute dei cittadini e di chi acquista prodotti confezionati o si preoccupano solamente del danno all'export Made in Italy che le etichette a semaforo rischiano di causare?

Secondo quanto comunicato da Coldiretti il semaforo rosso penalizza la presenza di materia grassa superiore a 17,5 grammi, quello giallo tra 17,5 grammi e 3 grammi e il verde fino a 3 grammi. Una scelta che è già stata adottata in molti supermercati in Gran Bretagna a danno di alcuni settori cardine dell'export Made in Italy e, più in generale, dell'intero trend di consumo nel Regno Unito del cibo italiano, che nel 2013 ha fatto segnare un aumento del 6%, per un valore di 2,8 miliardi.

Se gli italiani conoscessero realmente il contenuto di grassi e sale di formaggi, prosciutti e salumi ne limiterebbero forse gli acquisti e il consumo come forse e accaduto nel Regno Unito? Secondo Confagricoltura, in ogni caso, il semaforo rosso dà percezioni sbagliate al consumatore, con l'dea di una situazione di pericolo per la salute "ma non è il prodotto in sé che è dannoso ma il suo uso non corretto, non inquadrandolo nella dieta complessiva". Confagricoltura chiede dunque etichette con indicazioni trasparenti, chiare e dettagliate.

"L'Italia e altri Paesi europei hanno messo in rilievo" – ha dichiarato Coldiretti"come il sistema del semaforo avrà un impatto negativo sul commercio, con la possibile presenza di barriere tra Stati membri, e quindi una violazione all'articolo 34 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, senza dimenticare l'irregolarità di inserire la presenza di un claim sulla nutrizione di tipo non benefico".

Sottolinea infine che non è con i semafori che si fa una corretta informazione alimentare, ma con iniziative educative adeguate. Siete d'accordo? Secondo voi le etichette a semaforo possono risultare utili per identificare i prodotti ad alto contenuto di zucchero, sale e grassi o rischiano di creare confusione mentre si fa la spesa?

Marta Albè

Leggi anche:

Etichette alimentari: l'Ecuador adotta il sistema del semaforo per segnalare l'eccesso di sale, grassi e zuccheri

 

 

Olio d’oliva per un cuore sano

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olio oliva cuore

Olio d’oliva. Un prodotto che la maggior parte di noi utilizza ogni giorno in tavola per la sua straordinaria capacità di sposarsi con quasi tutti gli alimenti e che tra l'altro non finisce mai di stupire per le sue ottime proprietà. Nuove conferme scientifiche arrivano su un beneficio in realtà già noto dell’olio d’oliva ovvero quello di aiutare il cuore nelle sue funzioni. Questa volta però l’argomento è stato ulteriormente approfondito.

Una recente ricerca, condotta a Chicago da un team del College of Medicine dell’Università dell’Illinois e pubblicata sulla rivista Circulation, sostiene che consumare ogni giorno olio extravergine d’oliva è un'ottima abitudine per mantenere in buona salute il cuore ed è particolarmente consigliata anche a chi soffre di insufficienza cardiaca.

I grassi contenuti nell’olio, infatti, hanno dimostrato di migliorare le funzioni essenziali del cuore ovvero la contrazione e il pompaggio del sangue. In particolare è l’acido oleico ad essere benefico e ad aiutare anche i cuori più affaticati a svolgere meglio il loro lavoro.

La ricerca, condotta purtroppo su modello animale, ha messo a confronto gli effetti sul cuore dell’acido oleico e del palmitato, estratto dall’olio di palma. Gli scienziati, guidati dal dottor Douglas E. Lewandowski, hanno così potuto osservare i benefici del primo e i risultati negativi del secondo sulla salute cardiovascolare.

Riguardo all’utilizzo dell’acido oleico Lewandowski ha infatti dichiarato “abbiamo osservato un miglioramento immediato nel modo in cui i cuori si sono contratti e hanno pompato sangue” mentre per quanto riguarda il palmitato il risultato è stato ben diverso: si è visto come questa sostanza abbia in realtà squilibrato il metabolismo dei grassi (problema che già hanno le persone che soffrono di insufficienza cardiaca).

Secondo la ricerca, l’acido oleico è in grado anche di riattivare alcuni geni utili agli enzimi che servono a metabolizzare meglio il grasso. Quando i grassi sono ben smaltiti il cuore ha il giusto carburante per lavorare correttamente.

Continuiamo dunque a portare ogni giorno in tavola la nostra bottiglia di olio extravergine d’oliva, può solo che farci bene!

Francesca Biagioli

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La spiaggia di San Rossore si pulisce con i dromedari

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drom

Dromedari tra le pinete e le spiaggie di San Rossore. Domenica 5 ottobre si terrà infatti la prima esperienza di pulizia delle spiaggie del Parco con questi animali.

Ma qual è la storia che lega i dromedari, specie così distanti dalla nostra Italia, al Parco di San Rossore? Da dove provengono i tre esemplari giunti recentemente?

I tre dromedari che fungeranno da "spazzini" delle spiagge sono stati portati nel parco di San Rossore in dono dall'Agesci in occasione della Route Nazionale dell'agosto scorso con l'intento di contribuire al recupero della memoria del luogo e di dare ufficialmente il via ai progetti di reintroduzione, essendo questi animali storicamente legati al territorio.

Effettivamente sono vicende che non tutti sanno, ma, come ci spiega al telefono il Direttore del Parco Andrea Gennai, i dromedari sono stati presenti nel territorio di San Rossore fin dal 1622 quando la Tenuta era sotto i Medici e sono il frutto dei rapporti diplomatici e commerciali che i granduchi toscani intrattenevano con i popoli nordafricani e mediorientali. Nel corso della seconda metà del '700 si decise poi di allevarli per impiegarli come animali da soma e queste pratiche continuarono anche quando l'area divenne di proprietà sabauda nel 1861. In questi anni oltre al lavoro, i dromedari venivano tosati per la realizzazione di materassi e, una volta inabili al lavoro, come probabile fonte di carne. Le guerre del '900 poi li hanno decimati e piano piano sono spariti dalla fino ai giorni nostri.

La reintroduzione dei dromedari nel Parco di San Rossore è una novità che ha suscitato consensi e ovviamente preoccupazioni (è pur sempre una specie indigena).

Questi nuovi esemplari per ragioni sanitarie provengono dal nostro paese. Una giovane femmina dal manto bianco arriva dal Parco Faunistico delle Cornelle (BG) ed è nata e cresciuta in cattività. Gli altri due, un maschio castrato e una femmina adulta sono stati inviati dal Parco Faunistico Leopark di Perugia e sono animali che in passato hanno vissuto in un circo. Con molta probabilità, come confermato dallo stesso direttore del Parco, in collaborazione con la Facoltà di Veterinaria dell'Università di Pisa, verrà presto attuato un progetto di riproduzione controllata di questo primo nucleo di dromedari.

Attualmente sono ricoverati nelle stalle che anticamente erano riservate loro, in località Boschetto a sud del Parco e saranno di ausilio agli operatori per il trasporto dei rifiuti durante le pulizie della spiaggia.

dromedario san rossore

Come dimostrato da un recente studio del Dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa, l'utilizzo di questi esemplari per la pulizia delle spiagge e in aree di riserva integrale non crea alcun pregiudizio per la vegetazione presente.

I dromedari infatti anche nei loro paesi di origine non si trovano più allo stato selvatico (con eccezione dell'Australia) e sono ormai allevati come animali da lavoro.

E' obiettivo del Parco dare rilievo agli aspetti storico culturali del territorio aprendo le aree agricole per la prima volta al pubblico e fare attività didattiche e promozione turistica.

Oltre a i dromedari infatti sono presenti altre razze di animali dall'importante ruolo ecologico e socioeconomico come il mucco pisano in prima linea, cavalli da lavoro TPR (Tiro Pesante Rapido) e cavallini 'monterufolini' che sono in via di  estinzione, ai quali oggi si aggiungono i dromedari e, presto, anche le vacche di razza maremmana, anch'esse presenti nella tenuta in passato.

Insomma, il Parco punta alla valorizzazione della sua storia rurale e agricola e ad un'educazione ambientale originale così da creare nuovi percorsi e itinerari anche all'interno delle zone meno conosciute della Tenuta.

Se desiderate essere coinvolti nella prima sessione sperimentale di pulizia della spiaggia con l'ausilio dei dromedari di domenica 5 ottobre, scrivete a: 

promozione@sanrossore.toscana.it

Cristiana Priore

 

I 10 prodotti di uso comune che contribuiscono alla deforestazione

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prodotti deforestazione

Sappiamo davvero quanto e in che modo le nostre scelte d'acquisto possono contribuire alla deforestazione? Multinazionali senza scrupoli e azioni illegali che coinvolgono il taglio di alberi alimentano una filiera produttiva ad altissimo impatto ambientale. Ancora una volta siamo noi i protagonisti del cambiamento.

Dunque possiamo fare in modo di evitare di comprare i prodotti meno sostenibili, a favore delle alternative più rispettose dell'ambiente. Riflettiamo prima di ogni nuovo acquisto, pensando innanzitutto se ciò che desideriamo è davvero necessario, quale impatto può avere sul Pianeta e se esistono altre opzioni da prendere in considerazione.

1) Dolci e prodotti da forno confezionati

Sappiamo ormai tutti molto bene quale sia il problema fondamentale della maggior parte dei dolci, degli snack salati e dei prodotti da forno confezionati in vendita nei supermercati. Si tratta del loro contenuto di olio di palma, ingrediente che rappresenta forse il peggior nemico delle foreste. Se siamo soliti acquistare questo tipo di prodotti, andiamo con pazienza alla ricerca delle alternative che non contengono olio di palma. Oppure optiamo per l'autoproduzione.

Leggi anche: Olio di palma: perche' e' dannoso per la salute e per l'ambiente

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2) Cacao e cioccolato

Nel caso del cacao, del cioccolato e di tutti i prodotti a base di questi ingredienti la soluzione a minor impatto sull'ambiente e sulle foreste consiste nella scelta di quegli alimenti che provengano dai circuiti del commercio equo e solidale, e dunque risultino garantiti dal punto di vista ecologico, oltre che etico e sociale. Un'alternativa al cacao che non arrivi da così lontano? La farina di carrube.

3) Carta, legno e cellulosa

Purtroppo non sempre la filiera del legno, della carta e della cellulosa risulta virtuosa. Eppure basterebbe impegnarsi di più per rendere la gestione delle foreste più sostenibile, visto che il legno rappresenta una risorsa rinnovabile e che il nostro Pianeta ha bisogno della presenza di alberi per l'assorbimento della Co2. In questo caso la scelta dovrebbe rivolgersi ai prodotti certificati. Pensiamo anche semplicemente a libri e quaderni. Tra le certificazioni più importanti troviamo FSC e PEFC.

4) Soia

La coltivazione non sostenibile della soia riguarda principalmente la produzione di mangimi per animali, che richiedono di produrre questo alimento su larga scala in nome della crescita del fatturato degli allevamenti intensivi. Ma anche noi, con le nostre scelte quotidiane, possiamo fare la differenza. Scegliamo sempre soia biologica e italiana. In questo modo non contribuiremo alla deforestazione e eviteremo anche gli Ogm.

deforestazione prodotti

5) Carne

Ormai anche la scienza ha riconosciuto l'elevato impatto ambientale della produzione e del consumo di carne. L'American Dietetic Association afferma che le diete vegetariane e vegane correttamente bilanciate sono salutari e adeguate dal punto di vista nutrizionale e che comportano così benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Dunque, abbiamo davvero bisogno di mangiare carne? Se non riusciamo proprio ad eliminarla dalla dieta, cerchiamo almeno di ridurne il consumo al minimo. E' sufficiente pensare a quante foreste vengano abbattute per fare spazio a campi da coltivare esclusivamente per la produzione di mangimi da destinare agli animali da allevamento. Non esiste forse nulla di meno sostenibile al mondo.

Leggi anche: Meno carne per affrontare il cambiamento climatico, dicono gli scienziati

6) Caffè

Il discorso del caffè è molto simile a quello del cacao e del cioccolato. Possiamo scegliere caffè biologico e del commercio equo e solidale per avere a disposizione un prodotto rispettoso dell'ambiente e che non contribuisca alla deforestazione. Inoltre, pare che le piante di caffè coltivate all'ombra garantiscano maggiori benefici per l'ambiente, proprio perché almeno in parte preservano la presenza di alberi.

Leggi anche: Come l'industria del caffè sta minacciando l'ambiente ora piu' che mai

7) Sigarette

Piantagioni di cacao e caffè, ma non dimentichiamo quelle di tabacco. Sappiamo che smettere di fumare è difficile ma conosciamo anche l'alto impatto ambientale delle piantagioni di tabacco. Cosa possiamo fare noi per migliorare la situazione? Se non riusciamo a dire addio alle sigarette, magari possiamo scegliere tabacco coltivato in Italia.

8) Zucchero

Nel caso dello zucchero le opzioni sono differenti. Possiamo decidere di non acquistare zucchero raffinato e di privilegiare lo zucchero di canna integrale del commercio equo, oppure optare per altri dolcificanti naturali sempre derivanti da filiere etiche, sostenibili e rispettose dell'ambiente. A volte per arricchire i nostri dolci basta aggiungere più frutta, come mele mature e uvetta, senza dover esagerare con l'aggiunta di zucchero.

9) Magliette e abbigliamento in cotone

La coltivazione del cotone è tra le meno sostenibili del mondo per quanto riguarda il settore tessile. La domanda di cotone biologico sta crescendo ma il cambiamento delle tecniche di coltivazione richiederà probabilmente ancora molti anni e operazioni mirate di formazione degli agricoltori. Nel frattempo, quando possiamo, scegliamo il cotone biologico, rammendiamo e riutilizziamo gli abiti che possediamo già e optiamo per tessuti alternativi e sostenibili, come la canapa organica, se ne abbiamo la possibilità.

10) Cosmetici e detersivi

Ecco un ultimo punto, che comunque rimane tra i più importanti, in cui possiamo orientare le nostre scelte di acquisto per non supportare la coltivazione insostenibile di olio di palma e la deforestazione. Scegliamo cosmetici, saponi e detersivi che non contengano olio di palma, un ingrediente largamente utilizzato dall'industria della detergenza. Proviamo a limitare il più possibile i cosmetici e i detersivi convenzionali, optiamo per le alternative bio e ecologiche leggendo sempre le etichette. L'olio di palma è presente in molte saponette, anche di marchi "green", ma con pazienza possiamo individuare le alternative già in commercio. E, come sempre, dedicarci all'autoproduzione di detersivi e cosmetici.

Marta Albè

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Lo Yoga come soluzione al cambiamento climatico. Parola del primo ministro dell'India

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Lo Yoga, inteso come approccio alla vita e al rispetto dell'ambiente, potrebbe aiutarci a salvare il Pianeta. Ce lo ricorda Narendra Modi, il nuovo primo ministro dell'India. Si teneva che la sua mancata partcupazione al vertice sul clima di New York fosse un brutto segno per il destino del Pianeta, dato che anche l'India, come Cina, Europa e Stati Uniti, è coinvolta nell'effetto serra e nel riscaldamento globale.

Ma ora Narendra Modi ha voluto rendere nota a tutto il mondo la sua posizione sui cambiamenti climatici. E probabilmente mai nessuna autorità internazionale aveva mai affrontato il tema in modo così filosofico e profondo, andando alle radici della cultura di una civiltà millenaria.

Secondo il primo ministro indiano, lo Yoga potrebbe essere la soluzione al cambiamento climatico. A suo parere l'India è in grado di raggiungere lo stesso livello di sviluppo, la prosperità e il benessere senza necessariamente seguire la strada del consumo sconsiderato. Ciò non significa che le economie subiranno effetti negativi, ma che assumeranno un carattere diverso.

"Per noi, in India, il rispetto per la Natura è parte integrante della vita spirituale. Trattiamo come sacri i doni della Natura. Lo Yoga è un dono inestimabile della nostra antica tradizione, incarna l'unità di mente e corpo, pensiero e azione, moderazione e appagamento, armonia tra uomo e Natura, con un approccio olistico alla salute e al benessere. Non si tratta di semplice esercizio fisico, ma di scoprire il senso di unità con se stessi, il mondo e la Natura. Modificare il nostro stile di vita può aiutarci ad affrontare il cambiamento climatico".

Il Primo Ministro indiano ha deciso di iniziare a lavorare per l'adozione di una Giornata Internazionale dello Yoga. Dunque, se siete alla ricerca di una nuova unità tra mente e corpo o se siete semplicemente preoccupati di come le emissioni di gas serra provenienti dalle attività industriali stiano provocando il riscaldamento del Pianeta, ecco che lo Yoga può diventare la risposta per trovare un nuovo equilibrio.

LEGGI anche: Dai Sutra dello Yoga 5 modi per essere "green" dentro e fuori

Naturalmente, l'India deve ancora affrontare gravi problemi, come la fame e la povertà, la speranza è che tutto ciò avvenga secondo i principi dello sviluppo sostenibile e della moderazione. Sono le stesse linee guida che i Paesi che hanno già ottenuto il massimo della ricchezza dovrebbero finalmente iniziare a seguire per sopravvivere, magari con un occhio di riguardo verso la decrescita felice, che non indica per nulla un ritorno alla povertà, ma una strada alternativa per la conservazione delle risorse del Pianeta. La cooperazione del primo ministro indiano sarà fondamentale per raggiungere un accordo climatico ai negoziati che si svolgeranno a Parigi nel 2015. Una visione più ampia sarà d'aiuto a tutto il mondo?

Marta Albè

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Gli italiani consumatori sempre più responsabili. Uno su 3 è attento all'etica dei prodotti

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altromercato

Lo stile di vita equo solidale fa breccia nei cuori degli italiani. Anzi, di uno su tre.E' quanto emerge dalla seconda edizione dell'OSSERVATORIO NAZIONALE DEL VIVERE RESPONSABILE che si è svolto a Milano.

Sale infatti la percentuale di italiani (dal 27% al 29% in un anno), ovvero 1 su 3 che hanno scelto di abbracciare comportamenti responsabili, di equità e solidarietà.

L'indagine condotta da Altromercato ha classificato gli italiani in cinque categorie socio demografiche e definisce questa porzione di cittadini come "Etici a prescindere".

In pratica, l'indagine che l'Osservatorio ha svolto nel 2014 individua una quota maggiore di popolazione più consapevole dei problemi, con una solida base di valori condivisi e disponibile ad assumere comportamenti socialmente responsabili. Pertanto, si assottiglia finalmente la percentuale di italiani disinteressati e inconsapevoli.

Ottime premesse, dunque, che spingono ad avere fiducia nei nostri concittadini. Inoltre i dati confermano che oltre 6 italiani su 10 dimostrano sensibilità verso temi quali equità, giustizia sociale, tutela dell'ambiente e si dicono disposti a cambiare il proprio stile di vita. 7 italiani su 10  ritengono  che il cambiamento verso uno stile più sostenibile e responsabile debba essere assunto anche da istituzioni e aziende.

L'attenzione nel vivere secondo buone pratiche nasce per di più dalla possibilità di avere accesso a molte informazioni riguardo la "bontà" di certe scelte grazie anche alle moltissime iniziative e progetti che tentano di sensibilizzare, coinvolgere, informare. Una di queste buone pratiche è sicuramente il Commercio Equo e Solidale che avendo come scopo un mercato etico viene identificato molto favorevolmente dagli intervistati. Vengono associati infatti al Commercio equo solidale valori di tutela dei diritti di donne e bambini(24%), difesa dell'ambiente (23%), trasparenza e responsabilità (17%).

Questa filosofia ha promosso lo sviluppo di un progetto chiamato Solidale Italiano che trova ben 8 italiani su 10 favorevoli in particolare per la vicinanza dei produttori e per l'italianità dei prodotti. E' un modello di lavoro che, applicando li stessi principi di equità, sostenibilità e solidarietà contribuisce allo sviluppo delle realtà locali di agricoltura sostenibile, di cooperazione sociale e di economia carceraria. Nascono così quei prodotti di eccellenza, biologici e biodiversi proveneinti da terreni liberi dalla mafia, dallo sfruttamento e dal caporalato o prodotti che danno possibilità di riscatto con la dignità del lavoro.

"I risultati della seconda edizione dell'Osservatorio del Vivere Responsabile confermano che il terreno è fertile per portare avanti il nostro nuovo progetto lanciando il filone del Commercio Equo e Solidale italiano – ha commentato Vittorio Rinaldi, presidente di Altromercato –. I consumatori si dimostrano infatti consapevoli, informati e sensibili ai valori di equità, responsabilità e solidarietà, che il Commercio Equo e Solidale promuove da decenni, oltre che sempre più attenti a sostenere i prodotti italiani e dell'economia locale."

Con l'occasione è stato anche lanciato il Manifesto del Solidale Italiano, ovvero i principi del Commercio Equo e Solidale per sostenere i piccoli produttori del nostro Paese e valorizzare i prodotti agroalimentari e artigianali italiani e dare un contributo concreto all'economia sociale italiana.

Cristiana Priore

 

Il ritratto di Nikola Tesla realizzato con l'elettricita'

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ritratto tesla cover

Un ritratto per rendere omaggio a Nikola Tesla. Lo ha appena creato l'artista Phil Hansen, utilizzando soltanto scintille elettriche. Hansen ama dare vita alle sue opere nei modi più insoliti. E con che altro mezzo dedicare un ritratto al leggendario scienziato che si è dedicato all'energia elettrica se non utilizzando proprio l'elettricità?

Hansen si è posto l'obiettivo di realizzare il ritratto sfruttando l'elettricità ricavata dalla batteria di un'auto. Il compito di certo non era semplice, ma il risultato si è rivelato più che dignitoso. Il nuovo ritratto di Tesla sembra richiamare le opere del puntinismo, in cui i dipinti sono realizzati con migliaia di puntini uno accanto all'altro.

Il processo di creazione del ritratto è stato filmato ed è visibile in un video. Phil Hansen ha seguito la propria passione per l'arte per molti anni e ha creato immagini sorprendenti. Sul suo sito web troviamo installazioni grafiche molto complesse. Ad esempio, Hansen ha realizzato un ritratto di Bruce Lee creando delle macchie di colore su una parete con i movimenti delle mani.

Il video in time-lapse mostra il collegamento di alcuni cavi ad una batteria. Le due estremità dei cavi vengono unite per produrre scintille. Ecco che le scintille vengono utilizzate per provocare bruciature sulla Carta. E così, come in un sdegno, si ottengono gli occhi, il naso, i capelli e le altre caratteristiche del viso di Tesla, proseguendo fino a quando il ritratto risulta completo.

nikola tesla elettricita

Così ha dato vita ad una nuova forma di arte moderna in onore di Tesla, autore di una delle 5 più grandi invenzioni dimenticate del mondo. L'ingegnere di origine serba, ma naturalizzato statunitense, tra fine Ottocento e inizio Novecento sperimentò soprattutto nel campo dell'elettromagnetismo.

Trovò il modo di ricavare energia gratis sfruttando le correnti elettriche fornite dalla Terra. Il suo lavoro teorico fondò le basi del moderno sistema elettrico a corrente alternata, ma durante la sua vita fu probabilmente un genio incompreso. Ringraziamo l'artista per l'omaggio all'inventore – o meglio, scopritore – che nella vita seppe seguire un percorso rivoluzionario.

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Marta Albè

Fonte foto: hi-news-ru

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Il vino rosso fa bene alla pelle

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Resveratrolo acne

Vino rosso contro l'acne. Proprio così, signore mie, senza perdere di vista la vostra proverbiale femminilità (leggi: senza ubriacarvi), potreste aver cura della vostra pelle anche col succo di Bacco e aggiungere un altro tassello al vostro spirito green già devoto ai rimedi naturali. Il segreto è nel resveratrolo, una sostanza dalle virtù antiossidanti che si trova nella buccia dell'uva e, in misura minore, nel vino rosso

Checché ne dicano alcune ricerche (secondo le quali questo resveratrolo non sarebbe poi tutta questa fantasticheria), l'antiossidante numero uno del vino rosso in realtà sarebbe in grado di inibire la crescita dei batteri che causano l'acne. Almeno questo è quanto emerge da uno studio condotto all'Università della California di Los Angeles.

Secondo i ricercatori, se si combina il resveratrolo con un comune farmaco contro l'acne a base di perossido di benzoile, si riduce la proliferazione del microorganismo propionibacterium acnes. La sua azione antibatterica volta ad arrestare la formazione dei radicali liberi che danneggiano le cellule e i tessuti, infatti, andrebbe di pari passo con quella del perossido di benzoile che, invece, i radicali liberi in grado di uccidere i batteri che causano l'acne li crea.

"Inizialmente abbiamo pensato che, poiché le azioni dei due composti si oppongono, l'associazione dovrebbe far sì che si annullino l'un l'altro, ma è accadutospiega Emma Taylor, assistente professore di medicina nella divisione di dermatologia della David Geffen School of Medicine alla UCLA – Questo studio dimostra che la combinazione di un ossidante con un antiossidante permetta un miglioramento vicendevole e contribuisca a sostenere l'attività contrastante i batteri per un periodo di tempo più lungo".

In pratica, se da un lato il perossido di benzoile è capace di uccidere i batteri che causano l'acne a qualsiasi concentrazione, ma per un massimo di 24 ore, dall'altro il resveratrolo, non ha la stessa capacità di uccidere i batteri, ma riesce comunque a inibirne la crescita per un periodo molto lungo. Quindi, la combinazione dei due composti avrebbe consentito di ottenere effetti batterici prolungati, riducendo la tossicità del prodotto finale che, nella visione degli scienziati, sarà una crema più efficace e meno irritante (dicono che non sarà testata sugli animali e speriamo che, in ogni caso, abbia un INCI adeguato alle nostre eco-aspettative!).

"Era come combinare il meglio dei due mondi e offrire un duplice attacco sui batteri", ha dichiarato l'autore senior Jenny Kim, professore di medicina clinica nella divisione di dermatologia presso la Scuola di Geffen.

Mentre si attendono ulteriori prove a sostegno delle ipotesi dei ricercatori americani, ricordate tutti i nostri consigli e rimedi fai-da-te su come togliere di torno questi brutti brufoli.

Germana Carillo

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Alle Isole Canarie un referendum per fermare le trivellazioni petrolifere

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isole canarie trivellazioni

Alle Isole Canarie il mese prossimo ci sarà un Referendum per votare sulle nuove esplorazioni petrolifere. Il presidente regionale delle Canarie, che teme che le trivellazioni possano danneggiare l'ambiente, chiederà ai residenti di votare sui piani futuri.

I gruppi ambientalisti attivi alle Canarie temono che potenziali perdite di petrolio possano devastare gli ecosistemi e gli habitat marini, oltre che minacciare in modo molto grave il turismo. Il Governo spagnolo non ha tenuto conto della posizione delle autorità e dei residenti delle Canarie e lo scorso agosto ha concesso al gruppo petrolifero Repsol il permesso di condurre esplorazioni nelle vicinanze dell'arcipelago.

Paulino Rivero, presidente regionale delle Canarie, ha deciso che i residenti voteranno le proposte di trivellazione, a cui egli si oppone fieramente, il prossimo 23 novembre. "Pensate che le Canarie debbano cambiare il proprio modello ambientale e turistico in nome della ricerca di gas e petrolio?" – questo sarà il quesito che verrà messo ai voti.

I residenti delle sette isole dell'arcipelago temono che le trivellazioni, anche solo esplorative, possano rovinare in modo irrimediabile l'ambiente in cui vivono. Repsol è stata autorizzata ad esplorare per tre anni i fondali tra Lanzarote e Fuerteventura. La società dovrà garantire un deposito da 20 milioni di euro per coprire le proprie responsabilità ambientali. Dovrà anche fermare le esplorazioni in caso di terremoto di magnitudine superiore a 4.5.

Queste linee guida di sicurezza non hanno soddisfatto coloro che si oppongono alle esplorazioni per la ricerca di gas e petrolio. Un gruppo che lotta per i diritti civili ha dato il via ad una serie di proteste, che culmineranno il prossimo 18 ottobre, seguendo lo slogan "Viviamo qui, dunque decidiamo noi".

Perché in Italia non è mai stato proposto un Referendum sulle trivellazioni in cui tutti i cittadini possano esprimere la propria opinione? E' giusto proseguire con la ricerca di petrolio anche se può mettere a rischio l'ambiente? E' arrivato il momento di rivolgersi a fonti rinnovabili, più rispettose dell'ambiente.

Magari tutto l'arcipelago delle Canarie potrebbero seguire l'esempio di El Hierro, la prima isola del mondo ad alimentarsi solo grazie alle rinnovabili. Dato che la soluzione è già qui, la speranza è che gli abitanti delle Canarie sfruttino il Referendum per opporsi all'unanimità alle trivellazioni.

Marta Albè

Fonte foto: www.tourist-destinations.net

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L'olfatto ti svela quanto vivrai e quando morirai

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olfatto quanto vivrai

Da un test sull'olfatto è possibile capire quanto vivremo. Non sapete riconoscere l'odore del pesce o della menta piperita? Allora forse morirete presto. Superstiziosi? Chi perde le capacità olfattive in tarda età potrebbe trovarsi di fronte ad una previsione ben precisa: morirà entro 5 anni. Il calo delle capacità olfattive dunque è correlato sia all'invecchiamento che alle aspettative di vita.

A rivelarlo è uno studio condotto presso l'Università di Chicago. Niente panico, avvertono gli esperti, perché saranno necessari ulteriori approfondimenti. La nuova ricerca è stata da poco pubblicata su Plos One. I ricercatori hanno preso in considerazione oltre 3000 persone di età compresa tra i 57 e gli 85 anni.

Ognuno di loro è stato sottoposto a test olfattivi per verificare se fosse in grado di riconoscere alcuni odori, secondo un grado di difficoltà crescente. Il test ha riguardato cinque odori ben precisi: menta piperita, pesce, arancia, rosa e cuoio.

Dopo cinque anni, 430 partecipanti erano morti. Si trattava delle stese persone a cui erano stati diagnosticati dei disturbi olfattivi, sia lievi che gravi. La perdita dell'olfatto potrebbe rappresentare un fattore correlato all'aumento del rischio di morte, ma gli esperti non hanno ancora compreso come funzioni questo collegamento.

Ci sono al momento due teorie, entrambe piuttosto preoccupanti. Secondo la prima teoria, le sostanze inquinanti che respiriamo prima danneggiano l'olfatto e poi il cervello e il corpo. La seconda teoria ipotizza che la salute del nervo dell'olfatto, che trasmette le informazioni dal naso al cervello, sia un segno della salute generale dell'organismo.

Dovremo attendere ulteriori sviluppi della ricerca scientifica per comprendere la connessione tra olfatto, invecchiamento e aumento del rischio di morte fino in fondo. Nel frattempo non dimentichiamo che questa vita è fatta anche per concedersi una pausa per annusare il profumo di un fiore.

Marta Albè

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A Panama apre il museo della biodiversità a forma di origami

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A Panama ha appena aperto le porte ai visitatori un innovativo museo della biodiversità a forma di origami. Il Biomuseo è stato finalmente inaugurato dopo un lungo periodo di costruzione, durato dieci anni. Lo ha progettato l'archistar Frank Gehry.

Come potete vedere, i colori vivaci del Biomuseo a forma di origami spiccano sullo sfondo grigio della metropoli. Le tettoie variopinte sono state progettate per ricordare la ricca e variegata flora e fauna di Panama, uno dei luoghi più preziosi per la biodiversità nel mondo.

Si tratta del primo progetto di Frank Gehry in America Latina. La sua facciata multicolore attira subito l'attenzione. L'edificio servirà da importante punto di ritrovo civico e educativo per i residenti di Panama. Nello stesso tempo sarà un'attrazione per i turisti più attenti all'ambiente.

Il Biomuseo ospita una serie di mostre permanenti curate da Bruce Mau Design ed è circondato da un Parco della Biodiversità di 6 ettari, realizzato in collaborazione con la paesaggista Edwina Von Gal. La parte coperta del museo si distingue per una serie di tettoie multicolore che servono non soltanto per garantire un impatto visivo inaspettato, ma anche per proteggere il Biomuseo dagli acquazzoni e dalle raffiche di vento tipiche di questa regione.

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Nel Biomuseo troviamo anche una caffetteria, un negozio e uno spazio espositivo. La principale mostra permanente si intitola "Panama: Ponte di Vita" ed è distribuita su otto gallerie, cinque delle quali sono delle vere e proprie installazioni. Le gallerie utilizzano un mix di proiezioni digitali, suoni, arti e segnali da interpretare per raccontare la storia di Panama e la sua biodiversità, con tante opportunità educative per la scuola e l'istuzione.

Marta Albè

Fonte foto: biomuseo.org

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Essere vegetariani in Egitto durante la festa del sacrificio

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Le mucche sono state ingrassate e i coltelli affilati. Macellai e allevatori espongono i capi migliori, le donne si affollano nei mercati e le pecore e le capre vengono già legate fuori dalle case dei ricchi de Il Cairo. Gli egiziani, come sta accadendo in tutto il mondo musulmano, si preparano all'Eid el-Adha - la festa del sacrificio, detta anche Grande Festa, la ricorrenza più importante nell'Islam.

Le celebrazioni prevedono l'immolazione dei capi di bestiame e prendono spunto dalla volontà del profeta Abramo (Ibrahim in arabo) di sacrificare il suo primogenito, Ismaele, per dimostrare la sua sottomissione a Dio. Si tratta di una festa attesa con trepidazione da tutta la comunità. Ma che si trasforma in uno dei giorni più brutti della vita per un piccolo gruppo di persone. Sono i vegetariani e i vegani d'Egitto, costretti a vedere capre sgozzate e macellate in strada.

"Fin da quando sono ragazzino, vado via da Il Cairo", dice Alaa Sharshar, giovane proprietario del Vegan Kitchen, che si autodefinisce il primo ristorante vegano dell'Egitto. "Stavano macellando una mucca dietro il mio palazzo, e ricordo di aver visto uscire il sangue, di aver sentito la sua vita andare via. E quell'odore... Mi sono sentito molto a disagio. Così da allora vado fuori la città quel giorno".

Essere vegetariani e vegani in Egitto può essere davvero difficile. La carne qui è un'indicazione di ricchezza e status sociale. Sono in molti, infatti, a seguire una dieta senza derivati animali, ma solo perché non possono permettersi questo tipo di cibo. Le esperienze dei vegetariani tuttavia differiscono tra loro.

Per Maie El-Zeiny, per esempio, "non è molto difficile essere vegetariano in Egitto, gli amici iniziano a capirti in poco tempo".

E poi la maggior parte delle tante prelibatezze egiziane non contengono carne. Foul, taameya e koshary sono i tre cibi di strada più popolari in Egitto. E si tratta rispettivamente di una purea fave e fagioli, di falafel con ceci e di un piatto di riso, pasta e lenticchie in salsa di pomodoro. Ma altre vecchie e cruente abitudini sono, purtroppo, dure a morire.

Roberta Ragni

Fonte e Photo Credit

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Il condominio psichedelico di Rotterdam che affaccia sul mercato contadino (VIDEO)

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È l'unico mercato dove frutta e verdura non si possono ammirare solo sui banchi ma anche... sul soffitto. Il nuovo mercato di Rotterdam fa sfoggio di uno psichedelico e maestoso soffitto a volta. Si tratta in realtà di un tempio del cibo abitato: quello, infatti, è un condominio di 230 appartamenti, piegato in due sulla meravigliosa hall allucinogena.Questo gioco di prestigio è il lavoro dello studio di architettura MVRDV.

Tutto nasce dalle nuove leggi nei Paesi Bassi che richiedono coperture aree per i mercati di carne e pesce tradizionali, a causa di nuove misure igieniche. MVRDV allora si è chiesto: "Possiamo usare questa operazione per evolvere la tipologia di mercato e densificare il centro della città?". Da qui questa perfetta combinazione sostenibile di cibo, tempo libero e abitazioni, tutti completamente integrati per valorizzare e sfruttare al massimo le possibilità sinergiche delle diverse funzioni.

{youtube}WXhSFvEIIkg{/youtube}

La sala è formatoa da un arco di appartamenti sviluppati privatamente, permettendo strategicamente investimenti privati che fornissero uno spazio pubblico. Il risultato è una piazza coperta che funge da sala centrale del mercato durante il giorno e, dopo l'orario di chiusura resta vivace con i ristoranti sul suo primo piano.

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Gli appartamenti seguono rigide leggi olandesi in materia di luce naturale: tutte le stanze che richiedono illuminazione sono situate sulla parte esterna. Cucine e sale da pranzo sono posizionate sul lato del mercato, stabilendo con esso un collegamento. La parte anteriore e quella posteriore sono rivestite con una flessibile facciata in vetro sospesa, che consente la massima trasparenza. È la più grande del suo genere in tutta Europa.

Roberta Ragni

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Giornata Nazionale degli Animali 2014: oggi festeggiamo i nostri pelosi

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Oggi diamo una carezza in più ai nostri pelosi: è la Giornata degli Animali. Come ogni anno, in corrispondenza del giorno dedicato a San Francesco, Patrono degli Animali, il 4 e 5 ottobre si festeggia il World Animal Day.

Si tratta di una ricorrenza istituita nel 1931 in occasione di un convegno di ecologisti a Firenze, in cui si decise di dar vita a una giornata mondiale dedicata alle creature che condividono con noi il Pianeta Terra. Inizialmente avrebbe dovuto essere un canale per concentrare l'attenzione popolare sulle sole specie in via d'estinzione, ma poi il 4 ottobre 2003 Naturewatch UK lanciò la prima giornata dedicata agli animali, e divenne gradualmente un momento di riflessione sulla loro tutela e sul loro benessere in generale.

In Italia, in realtà, la giornata è spostata di un paio di giorni: si celebra, infatti, nel week end più vicino alla memoria di san Francesco. Quest'anno il 04 e 05 Ottobre vedranno tanti eventi lungo tutto la stivale per tutti coloro che credono, sostengono e combattono affinché il benessere degli animali sia una condizione basilare per tutti.

A scendere in piazza l'Enpa con la sua tradizonale raccolta fondi per visite veterinarie, acquisto dei farmaci, microchippature, sterilizzazione e tutto quanto riguarda la salute dei trovatelli accuditi nei rifugi dell'associazione.

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Presso i banchetti i volontari della Protezione Animali saranno a disposizione per illustrare i tanti comportamenti con cui, spesso inconsapevolmente, creiamo sofferenza ai nostri amici con la coda; per consigliare ai proprietari di animali i modi migliori per accudirli; per suggerire, in base alle esigenze di ciascuno, le opportunità più adeguate per aiutarli.

Per scoprire la piazza più vicina a te, clicca qui

Roberta Ragni

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Singhiozzo: 10 consigli per prevenirlo e rimedi farlo passare in fretta

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Hic! All'improvviso è arrivato il singhiozzo. Cosa fare perché passi in fretta? Il singhiozzo è determinato da una contrazione involontaria del diaframma che si ripete in modo insistente. Succede quanto il nervo che controlla il diaframma (nervo frenico) riceve uno stimolo che viene trasmesso al muscolo. E così ecco il singhiozzo.

Il singhiozzo può arrivare, ad esempio, quando si mangia o si beve troppo in fretta o quando ci si sposta all'improvviso dal caldo al freddo.

Sono tanti i rimedi naturali e popolari per il singhiozzo. Abbiamo raccolto alcuni dei più noti. Ovviamente non siamo certi che tutti i rimedi per il singhiozzo indicati funzionino. Ma probabilmente mentre li sperimenterete il singhiozzo passerà comunque, dato che di solito si manifesta solo per qualche minuto.

1) Succo di limone

E' uno dei rimedi della nonna più popolari per far passare il singhiozzo. Ecco allora la nonna pronta a somministrare un cucchiaino di succo di limone al nipotino. Ma dato che il limone è aspro e di solito sgradito, questo rimedio si tramuta in un cucchiaino di zucchero a cui unire qualche goccia di succo di limone. Ora abbiamo a disposizione diversi dolcificanti naturali alternativi allo zucchero. Bisognerebbe fare una prova. Pare che il sapore dolce possa "distrarre" le terminazioni nervose.

2) Sacchetto di carta

La prossima volta che avrete il singhiozzo, provate a mettere in pratica questo rimedio. Si tratta di respirare in un sacchetto di carta, prendendo ad esempio un sacchetto per il pane. Soffiare forte in un sacchetto di carta e respirare al suo interno, dove si accumulerà anidride carbonica, pare possa dare sollievo.

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3) Lobo dell'orecchio

Altre raccomandazioni indicano di appoggiare i palmi delle mani sulle orecchie o di afferrare delicatamente i lobi tra pollice e indice per fermare il singhiozzo. In questo modo si dovrebbero stimolare le terminazioni nervose dei nervi coinvolti nel singhiozzo. Attenzione comunque a non inserire mai le dita nel padiglione auricolare.

4) Bere acqua

Bere acqua a piccoli sorsi, ecco un altro dei rimedi popolari spesso indicati per provare a fermare il singhiozzo, anche nei bambini. Deglutire acqua a poco a poco dovrebbe aiutare ad interrompere il ciclo del singhiozzo e a calmare i nervi. Anche i gargarismi potrebbero avere un effetto analogo.

5) Solleticare il palato

Provate a solleticare la parte molle del palato toccandola con la punta della lingua o sfiorandola con uno spazzolino da denti morbido. Non abbiamo mai sperimentato questo tipo di rimedio, che è piuttosto curioso e che viene indicato per cercare di fermare le contrazioni continue e improvvise del diaframma.

6) Tapparsi il naso

Tappatevi il naso per qualche secondo e trattenete per un attimo il respiro anche con la bocca, come appena prima di un tuffo in piscina. Attendete un attimo per capire se il singhiozzo si ripresenta e provate a rimettere in pratica lo stesso stratagemma.

7) Masticare piano

Se siete abituati a mangiare in fretta, probabilmente non state masticando bene il cibo. Pare che ciò sia tra le cause del singhiozzo. Se mangiando inghiottite aria, ciò può disturbare il nervo correlato al singhiozzo. Dunque, ricordate di masticare e mangiare lentamente anche quando il singhiozzo è ormai passato.

8) Non mangiare troppo

Riempire troppo lo stomaco con il cibo è un'ulteriore causa del singhiozzo. Secondo alcuni esperti il singhiozzo è il modo in cui il corpo ci chiede di smettere di mangiare per permettere all'apparato digerente di occuparsi del cibo già presente nello stomaco.

9) Evitare i cibi piccanti

Alcune spezie e cibi piccanti possono irritare il rivestimento dell'esofago e dello stomaco. Nello stesso tempo possono causare un reflusso acido in grado di passare proprio dallo stomaco all'esofago. E questo reflusso viene considerato tra le cause del singhiozzo.

10) Prendere un bello spavento

E' il rimedio popolare più scherzoso per far passare il singhiozzo. Tentar non nuoce e può essere divertente tormentare un po' la persona già suo malgrado afflitta dal singhiozzo con qualche trovata che possa piuttosto distrarla, più che spaventarla veramente.

Conoscete altri consigli e rimedi per il singhiozzo?

Marta Albè

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Essere bravi a scuola e' questione di Dna

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Andare bene a scuola potrebbe essere non solo un fatto di interesse, impegno e dedizione che ogni bambino o ragazzo mette in quello che studia. Da una nuova ricerca inglese sembra infatti che a fornire un grande aiuto nel rendimento scolastico sia il Dna.

A dare la responsabilità dei nostri successi o insuccessi ai geni, questa volta è un team di esperti del King’s College di Londra, che ha visto pubblicare i risultati della loro ricerca sulla rivista Pnas. Gli scienziati hanno preso a campione oltre 6600 coppie di gemelli sia omozigoti (che condividono l’intero Dna) che eterozigoti (condividono il 50% del Dna) con l’obiettivo di capire quanto alcuni tratti genetici ereditati (come gruppi di geni o sequenze di Dna) potessero influenzare il rendimento scolastico.

Dopo aver confrontato il risultato ottenuto da tutti i partecipanti al General Certificate of Secondary Education exam, un esame che si svolge a 16 anni di età nel Regno Unito, e valutando diversi parametri (tra cui intelligenza, grado di autonomia, personalità, benessere e problemi comportamentali) si è potuto notare che l’ereditarietà ha davvero una sua importanza anche sui banchi di scuola e influenza per il 62% il rendimento. L’ambiente conta invece molto meno, solo un 38%.

Ma davvero la scuola frequentata, l’influenza della famiglia, gli insegnanti, ecc. contano meno della genetica nella vita scolastica? Tanti di noi, forse, potrebbero testimoniare il contrario!

Francesca Biagioli

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I cambiamenti climatici non intaccano gli abissi degli oceani?

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Misteri degli abissi. Il profondo e freddo blu degli oceani continua a stupire gli scienziati della Nasa di Pasadena, in California proprio perché....è freddo. O meglio, l'oceano non si è scaldato in maniera misurabile negli ultimi 10 anni e non se ne conoscono le ragioni. Potrebbe non essere colpa del Cambiamento Climatico. Lo rivela uno studio pubblicato il 5 ottobre sulla rivista Nature Climate Change.

Per ricavare questi dati gli scienziati hanno utilizzato le rilevazioni satellitari che hanno registrato le informazioni relative alla temperatura dal 2005 al 2013 scoprendo così che in questo intervallo di tempo la porzione di oceano al di sotto di 1,24 miglia (1.995 metri) non si è riscaldato. Non è chiaro se questa condizione sia imputabile al Cambiamento Climatico visto che il livello dei mari è ancora in aumento, così come rilevato dal 2005, con una rete di 3.000 sonde galleggianti.
Sono state fatte molte ipotesi, cercando nei vari processi geologici e biochimici di terra, aria e mare per spiegare questa condizione di calore "mancante". Una delle ipotesi al vaglio è che la porzione inferiore dell'oceano stia rallentando, ma è un'idea che deve essere ancora vagliata.

Proprio in virtù delle difficoltà di misurazione questo è il primo studio a utilizzare le osservazioni satellitari per misurare le temperature dirette dell'oceano superiore. Questo lavoro ha sottolineato l' aspetto importante dell'innalzamento dei mari che infatti avviene a causa dell'espansione dell'acqua quando gli oceani si fanno più caldi e delle acque che provengono dallo scioglimento dei ghiacci.

"Le parti profonde dell'oceano sono più difficili da misurare", ha detto William Llovel, autore principale dello studio di JPL "La combinazione dei dati satellitari e diretta della temperatura ci dà un assaggio di quanto innalzamento del livello del mare avviene a causa del riscaldamento profondo. E in questo caso questo riscaldamento non c'è."


L'altro aspetto che ha colpito i ricercatori è che durante lo stesso periodo, il riscaldamento nella metà superiore del mare è continuato senza sosta, segno inequivocabile che il nostro pianeta si sta scaldando. Inoltre si sono resi conto che i dati registrati dal 1970 al 2005 non fornivano valide informazioni. In questo nuovo studio hanno scoperto che gli oceani hanno assorbito molto più calore in quei 35 anni rispetto a quanto si pensasse. Resta comunque ancora da chiarire il perché gli abissi siano così freddi.

Non si fermano quindi le indagini per capire e proteggere il nostro pianeta e la NASA continua a monitorare la salute della Terra grazie a satelliti e campagne di osservazione aeree e terrestri, sviluppando nuovi modi di interconnettere i dati ottenuti tra le diverse ricerche per vedere meglio come il nostro pianeta stia cambiando.

Dagli innumerevoli lavori scientifici che vanno a confermare il riscaldamento globale appare evidente come gli effetti di questa condizione siano innumerevoli e le conseguenze spesso diverse nei quattro angoli del mondo.
Pensavamo di saperne abbastanza e invece la natura continua a porci davanti i suoi profondi misteri e alle nostre responsabilità.

Cristiana Priore

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Il Nobel per la fisica al LED: la luce ecologica del 21° secolo

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Il Nobel ai LED. Per molti sono già il futuro (ecologico) dell'illuminazione. E ora hanno ricevuto uno dei riconoscimenti più ambiti: il Nobel per la fisica 2014. Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamur, tre giapponesi, hanno avuto il merito di ideare un nuovo sistema a basso consumo energetico e di lunga durata.

Con un duplice vantaggio: una minore richiesta di energia, a parità di illuminazione, e una ridotta produzione di rifiuti visto che le lampade a LED oggi durano fino a 100.000 ore rispetto alle 1.000 delle lampadine a incandescenza e alle 10.000 ore delle lampade fluorescenti.

Perché il Nobel? Secondo la Fondazione Nobel, il merito dei tre scienziati è stato quello di mettere alla portata di tutti la soluzione rivoluzionaria del 21° secolo, al pari della lampadina ad incandescenza nel 20°. Con un vantaggio su tutti: “La lampada LED rappresenta una grande promessa per migliorare la qualità della vita di oltre 1,5 miliardi di persone nel mondo che non hanno accesso alle reti elettriche: a causa dei requisiti di bassa potenza può essere alimentata da energia solare locale a buon mercato”.

Vero. Le soluzioni basate sui LED sono numerose. Ne sono un esempio le lampade solari a LED che la Ong Teri ha portato in India offrendo la luce a 500 milioni di famiglie che prima ne erano prive, senza produrre emissioni inquinanti. O ancora la WakaWaka Light, una lampada LED ad energia solare efficiente il doppio rispetto alle sue simili: con un solo giorno di esposizione al sole, essa è in grado di produrre da 16 a 64 ore di luce.

Il vero problema è il blu. Perché non averci pensato prima? Con le tecnologie sempre più innovative e con la velocità incalzante della ricerca, l'invenzione del LED sembra quasi banale. In realtà, i tre scienziati erano all'opera da circa 30 anni. L'invenzione dei Led blu va fatta risalire all'inizio degli anni '90, quando Akasaki, Amano e Nakamura riuscirono per la prima volta a produrre un fascio di luce blu da materiali semiconduttori. Proprio così. Fino a quel momento, si riusciva a produrre solo il Led a luce rossa e quello a luce verde, colori che da soli non avrebbero potuto generare la luce bianca. Nel 1990, i tre ricercatori iniziarono a lavorare sui fasci luminosi di luce blu nei semiconduttori. Fino ad arrivare ai giorni nostri.

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Anche se alcuni studi ne hanno messo in dubbio il fatto di essere ecologiche, le lampade a LED hanno indubbiamente alcuni vantaggi, tra cui la luce bianca brillante, la lunga durata e il basso consumo energetico. Le lampade a LED sono sempre più efficienti, con flusso luminoso più elevato (misurato in lumen) per unità di potenza di ingresso (misurata in watt). Il record più recente è di poco più di 300 lm/W, che può essere paragonato a 16 per lampadine normali e a 70 per lampade fluorescenti.

{youtube}yul4igVhrMo{/youtube}

Visto che circa un quarto del consumo mondiale di energia elettrica è utilizzato per l'illuminazione, i LED contribuiscono a salvare le risorse della Terra”. Parola di Nobel.

Francesca Mancuso

Foto: Nobel

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Le lampadine a LED sono davvero così ecologiche come sembrano?

The Sub: la macchina per spillare la birra a casa come al pub (VIDEO)

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L'espresso in casa come al bar è ormai diventata consuetudine con le macchine del caffè che in poco tempo sono diventate tra gli elettrodomestici più diffusi. Succederà lo stesso con la birra? E' quanto auspicano i creatori di THE SUB, la macchina per preparare la birra alla spina in casa. Se si aggiunge che il designer che l'ha disegnata è un certo Marc Newson (lo stesso della Apple Mc Pro) il successo è assicurato. Si tratta di una nuova macchina sviluppata da Heineken, in collaborazione con Krups, per spillare fai-da-te la perfetta bionda.

Sviluppata da Heineken, in collaborazione con Krups, il dispositivo per spillare fai-da-te la perfetta bionda consentirebbe, stando ai suoi ideatori, a chiunque nel mondo di sperimentare diversi tipi di birra, che potrebbero altrimenti non essere disponibili.

In una recente intervista su Dezeen, Newson, che si è descritto come un 'bevitore di birra coerente', ha spiegato:

"Credo che si potrebbe chiedere "qual è il punto?". Il punto è che la birra alla spina è fondamentale per chi ama la birra e bere birra, sapendo che la birra alla spina è di gran lunga superiore alla birra in lattina o bottiglia".

La macchina per la birra misura appena 41 centimetri e si presenta come una botte di birra di metallo con un rubinetto collegato a una estremità. Il corpo si siede su una base e ha un pulsante rosso nella parte anteriore per accendere il dispositivo.

{youtube}AfXCANZXxIQ{/youtube}

Come funziona? Un po' come per le capsule del caffè, funziona con ricariche monouso da 2L in PET, dette TORP. Si tratta di moduli pressurizzati di diverso tipo che possono essere ordinati dalla società. Vanno disposti orizzontalmente in un vano circolare al centro della macchina.

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Il costo? È uguale a quello delle birre in bottiglia, mentre The Sub costa 249 euro. C'è da giurare che in molti potrebbero pensare di adottare questo sistema.

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Il dubbio però sorge spontaneo: come le macchine del caffé con le cialde, contribuirà a creare  nuovi rifiuti usa e getta?

Roberta Ragni

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