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Tumore al seno: le 17 sostanze chimiche da evitare e i 7 modi per proteggersi

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tumore seno sostanze pericolose

Tumore al seno, gli scienziati statunitensi hanno individuato 17 gruppi di sostanze chimiche presenti nell'ambiente che le donne dovrebbero evitare per ridurre il rischio di contrarre la malattia. Lo studio in questione è stato pubblicato dalla rivista Environmental Health Perspectives con il titolo di "New Exposure Biomarkers as Tools For Breast Cancer Epidemiology, Biomonitoring, and Prevention" e comprende alcuni consigli rivolti proprio alle donne.

A parere di Ruthann Rudel, che ha diretto la ricerca preso il Silent Spring Institute del Massachusetts, gli esperti hanno dato vita a delle linee guida per la prevenzione del cancro al seno che identificano i prodotti a cui le donne sono più esposte. Inoltre, viene indicato come misurare tale esposizione.

I dati emersi aiuteranno i ricercatori ad approfondire gli studi sul cancro al seno e a potenziare le iniziative volte a proteggere le donne dall'esposizione alle sostanze chimiche pericolose. Negli Stati Uniti nel solo 2014 sono stati registrati ben 40 mila casi di decesso provocati dal cancro al seno. Si tratta della seconda causa di morte per le donne negli Usa.

Tra le sostanze chimiche pericolose individuate dagli esperti troviamo benzina, gasolio, vernici, solventi, derivati di disinfettanti utilizzati per il trattamento dell'acqua potabile, benzene, acrilamide, emissioni delle automobili e fumo di tabacco, ritardanti di fiamma, componenti dei farmaci per la terapia ormonale sostitutiva, cibi bruciacchiati.

A parere degli esperti, fino a questo momento il legame tra sostanze chimiche pericolose e tumore al seno non è stato preso in considerazione come invece si dovrebbe. Secondo i ricercatori, potenziali sostanze cancerogene sarebbero presenti persino nell'acqua potabile.

Lo studio rappresenta il primo esempio di documento e ricerca che indaga nei dettagli le sostanze chimiche in grado di incrementare il rischio di cancro al seno e che fornisce ai medici i dettagli per misurarne la presenza nel sangue e nelle urine. Le sostanze più pericolose sono rappresentate da benzene e butadiene.

Lo studio raccomanda alle donne 7 modi per evitare le sostanze pericolose.

1) Limitare l'esposizione ai gas emessi dai veicoli, compresi le macchine per tagliare il prato. Sarebbe meglio scegliere le auto elettriche.

2) Utilizzare una ventola mentre si cucina ed evitare di mangiare cibi bruciacchiati.

3) Evitare tappeti, tessuti e mobili fabbricati con materiali antimacchia.

4) Evitare le lavanderie che utilizzano PERC (perchloroethylene) o altri solventi per il lavaggio a secco.

5) Non acquistare mobili con schiuma di poliuretano o trattati con ritardanti di fiamma.

6) Togliere le scarpe prima di entrare in casa e utilizzare un aspirapolvere con filtro Hepa (ad alta efficienza contro il particolato). Scegliere un panno inumidito per fare le pulizie.

Sostanze da evitare: butadiene, acrylamide, aromatic amines, benzene, halogenated organic solvents, ethylene e propylene oxide, ritardanti di fiamma e metaboliti, heterocyclic amines, ormoni farmaceutici e interferenti endocrini, MX, Nitro PAHs, Ochratoxin A, PFOA, PAHs, styrene e altri composti chimici.

Clicca qui per approfondire.

Secondo Dale Sandler, esperto dell'US National Institute of Environmental Health Sciences, lo studio costituisce una risorsa di fondamentale importanza per coloro che si occupano di approfondire le cause ambientali del cancro al seno. Le cause di una malattia tanto grave possono risultare complesse e multiformi. La speranza è che la ricerca possa aiutarci ad individuarle e a limitare la nostra esposizione alle sostanze pericolose.

Marta Albè

Fonte foto: vanderbilt.edu

Leggi anche: Cancro al seno: un software valuta il rischio di ammalarsi

 


India, sentenza storica: mai più corse con carri trainati da buoi (FOTO e VIDEO)

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Jallikattu

La Corte Suprema Indiana ha messo al bando le corse con carri trainati da buoi, incluso il controverso festival nazionale di Jallikattu in cui tori molto giovani vengono terrorizzati e rincordi dalla folla che tenta violentemente di afferrarli per la coda e le corna. È una sentenza storica per i diritti degli animali e per gli attivisti che da tempo si battono per il divieto di questa sorta di crudele corrida.

I tori che partecipano al Jallikattu, infatti, vengono regolamento umiliati, tormentati, mutilati, accoltellati, picchiati, inseguiti e lasciati senza cibo e acqua, come documenta bene una recente investigazione della Peta.

Ora, però, la Corte Suprema Indiana ha detto stop al controverso festival e a tutti gli eventi di intrattenimento sul territorio nazionale che prevedono l'uso di questi animali. La sentenza si basa sulle evidenti violazioni delle leggi nazionali sul benessere animale.

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Anche la coordinatrice in India di Animal Equality, Amruta Ubale, in collaborazione con alcune associazioni e una squadra di avvocati molto preparata, ha lavorato con impegno negli ultimi anni per porre fine a queste competizioni crudeli e violente. La svolta, che ha portato a questa decisione storica per la difesa degli animali in India, è stata la presentazione di quattro casi, denunciati nel 2012, di violenze e crudeltà sui buoi usati nelle corse.

{youtube}coZvTRHt2m4{/youtube}

Nelle parole di Amruta il significato di un risultato così importante:

"Questo divieto è una pietra miliare per i diritti degli animali in India. Indica che stiamo facendo significativi passi in avanti nella nostra società, e che alcune tradizioni non possono essere considerate più importanti della sofferenza inflitta agli animali".

 

Roberta Ragni

Foto Credit

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Corrida: l'Europa finanzia con i nostri soldi l'allevamento dei tori (petizione)

 

Plumcake salato con zucchine al profumo di menta

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plumcake salato cover

Il plumcake non è soltanto un dolce. Lo possiamo preparare anche in versione salata, da servire a fette come antipasto o come aperitivo, oppure per arricchire un secondo piatto. L'abbinamento tra menta e zucchine è originale e gustoso. 

Darà alla vostra ricetta un sapore fresco e delicato. Se potete, scegliete delle foglioline di menta fresca.

Ecco gli ingredienti e le istruzioni per preparare il vostro plumcake salato alla menta e zucchine.

Ingredienti

400 gr di farina di farro
300 ml di latte di riso
250 gr di zucchine
30 gr di nocciole sgusciate
3 cucchiai di olio extravergine
2 cucchiaini di menta tritata
2 cucchiai di farina di riso
1 bustina di lievito in polvere bio
1 cucchiaino di miele o di malto di riso
1 rametto di menta fresca per guarnire
½ cucchiaino di rosmarino
Sale fino integrale e pepe nero

Preparazione

Per iniziare a preparare il vostro plumcake salato versate le nocciole sgusciate nel mixer e tritatele per un paio di minuti, fino ad ottenere una farina grossolana. Setacciate la farina di farro e versatela in una ciotola capiente, a cui unire le nocciole tritate e due cucchiai di farina di riso.

Unite alle farine anche la menta tritata, fresca o essiccata, e il rosmarino. Lavate le zucchine (dovrebbe bastare una zucchina tonda piccola) e affettatele a cubetti sul tagliere. Aggiungete l'olio extravergine nella ciotola con le farine e versate a poco a poco il latte di riso, iniziando a mescolare con energia con un cucchiaio.

In alternativa, potrete utilizzare il robot da cucina. L'impasto deve risultare liscio e cremoso, non troppo liquido. Se occorre versate ancora un po' di latte di riso. Unite anche un cucchiaino di miele o di malto, per dare alla ricetta un gusto agrodolce. Insaporite l'impasto con sale fino integrale e pepe.

plumcake salato

Unite al composto ottenuto una bustina di lievito in polvere biologico. Scegliete lievito a base di bicarbonato e cremor tartaro non vanigliato. Mescolate bene per distribuire il lievito. Da ultimo unite le zucchine e amalgamate il tutto. Versate l'impasto in uno stampo da plumcake. Cuocete il plumcake salato in forno ventilato a 180°C per 45-50 minuti. Fate la prova dello stecchino prima di sfornare e, infine, decorate il plumcake salato con un rametto di menta.

Marta Albè
(Testi e Foto)

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Simona c'è. L'idea sociale a offerta libera di una disoccupata

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simona alesi2

Mettersi a disposizione di chi ha bisogno, dagli anziani ai malati, passando per le persone sole, per le commissioni quotidiane: la spesa, il pagamento delle bollette, una visita dal medico o anche solo una passeggiata in compagnia.

È questa l'idea socialmente utile di Simona Alesi, una giovane e intraprendente donna di Ardea, piccola cittadina a ridosso della Capitale. Il servizio si chiama "Simona c'è". La parte più bella? Non prevede alcun tariffario... il perché lo spiega proprio Simona su greenme.it.

Come è nata l'idea?

L'idea è nata dopo aver passato mesi senza trovare alcun posto di lavoro. In questo periodo di ricerca ho cominciato a pensare a cosa voler fare della mia vita. Allora mi sono detta: perché non fare qualcosa per il territorio dove sono cresciuta? Io e mio fratello abbiamo riflettuto, ascoltato e osservato, cercndo di carpire le esigenze della cittadinanza. È così che è nata l'idea!

Che lavoro facevi prima?

Prima avevo una tabaccheria, sempre ad Ardea, creata dai miei genitori 40 anni fa e portata avanti da me e mia sorella negli ultimi anni. Poi a Luglio 2013 abbiamo iniziato a pensare di venderla. Dopo tanto riflettere e con un po' di paura di rimanere disoccupati... Venduta! E abbiamo deciso di ricominciare!

Che riscontro hai avuto dai tuoi concittadini? E quali difficoltà?

Per il momento la difficoltà maggiore è che c'è poca richiesta, forse per vergogna di ammettere di avere bisogno o per diffidenza, non lo so. A chiamarmi sono soprattutto anziani e disabili, ma sono sicura che con il tempo arriverò a tutti coloro che avranno bisogno.

Perché hai scelto di non avere un tariffario?

Ho deciso di applicare un'offerta libera per il semplice fatto che voglio davvero poter aiutare più persone. È un servizio di pubblica utilità quello che offro, non ha intenzione in alcun modo di specularci! In molte famiglie qui si va avanti con un solo stipendio, come nel resto d'Italia, gli anziani vivono di pensione irrisorie... Come avrei mai potuto chiedere una tariffa?!? Non avrebbe avuto senso il mio scopo.

Quali progetti per il futuro?

Per il futuro spero di avere tante richieste e donazioni da parte di chi se lo può permettere da arrivare ad assumere altre persone in questa attività. Sarebbe un doppio aiuto sociale!

simona alesi

Insomma, se abitate ad Ardea e avete bisogno di una mano, "Simona c'è"...

Roberta Ragni

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Original Unverpackt: il primo supermercato di Berlino senza imballaggi (VIDEO)

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Immaginate un supermercato in cui non esistono vasetti di yogurt, lo shampoo si compra a litri e le verdure non sono vendute in sacchetti di plastica. Qui per acquistare i prodotti bisogna portarsi i contenitori da casa e riutilizzarli, senza che nessun sacchetto o packaging finisca nel cestino.

E' il sogno che sta per avverarsi di due giovani berlinesi, Wenn Sara Wolf e Milena Glimbovski: apriranno Original Unverpackt, il primo supermercato di Berlino a zero imballaggi. Nel loro negozio si conserva, infatti, tutto in grandi silos e la merce viene venduta solo a peso. Qui gli ospiti possono portare contenitori riutilizzabili da casa o trovarli in negozio, insieme a sacchetti rigorosamente di carta riciclata.

Consentendo ai clienti di acquistare non solo prodotti senza imballaggi inutili, ma anche nella quantità che desiderano, sarà possibile anche lottare contro lo spreco alimentare. "Potrete trovare tutto il necessario per vivere . Ogni prodotto è stato accuratamente selezionato e testato da noi", spiegano le imprenditrici sulla loro pagina di crowdfunding.

Il progetto, infatti, sarà finanziato attraverso una raccolta fondi dal basso, grazie alla piattaforma Startnext. Gli utenti di Internet possono fare una donazione di 8 a 3mila euro per aiutare le ragazze a raggiungere l'obiettivo di 45mila euro. Per ora si cerca anche della sede, ma tutto potrebbe concretizzarsi entro la prossima estate. Sulla pagina Facebook verranno comunicate tutte le novità e gli sviluppi.

unverpackt

Se questo nuovo concetto di spesa amica dell'ambiente è nuovo a Berlino, molti altri esperimenti di negozi a imballaggio zero sono già stati avviati altrove negli ultimi anni. Anche in Italia, dove abbiamo visto nascere bellissime inziative come Negozio Leggero ed Effecorta.

{vimeo}94340816{/vimeo}

Roberta Ragni

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Rose: come coltivarle, potarle e riprodurle per talea (da una patata)

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coltivare rose

Le rose sono tra i fiori più amati del mondo per via del loro profumo delizioso e dei colori che le contraddistinguono. Da molti sono considerate le uniche regine del giardino. Alcune varietà di rosa, infatti, sono particolarmente pregiate, ma tutte le rose hanno una caratteristica fondamentale: attirano le api e gli insetti utili all'agricoltura.

Per iniziare a coltivare le rose potrete acquistare delle piantine presso un vivaio di fiducia oppure provare a procedere alla moltiplicazione per talea.

Come coltivare le rose

Mettete a dimora le piantine di rosa in autunno, nel mese di ottobre, oppure in inverno, tra gennaio e febbraio, quando si trovano a riposo. Il terreno deve risultare ben vangato e concimato. Per arricchirlo si utilizzano letame o compost casalingo, da mescolare con la torba. Le rose amano i terreni acidi.

Tra i fertilizzanti naturali consigliati per la coltivazione delle rose troviamo i fondi di caffè e le bucce di banana sminuzzate, che potrete interrare in piccole quantità durante la preparazione del terreno. Potrete proteggere le piante dal freddo dell'inverno con una pacciamatura composta da pezzetti di corteccia e da foglie essiccate. Il terriccio deve risultare ricco sia per le rose da coltivare in giardino che per quelle che sistemerete in vaso.

Come trapiantare le rose

Trapiantate le rose in giardino a circa 1 metro di distanza tra una pianta e l'altra. Fate attenzione a non rovinare le radici. Trapiantate le rose in autunno o in inverno, evitando i periodi più freddi. L'esposizione delle rose varia da una varietà all'altra. Alcune piante prediligono il pieno sole, altre la mezzombra. Informatevi al riguardo prima dell'acquisto, basandovi sugli spazi che avrete a disposizione in giardino per dare vita al vostro roseto. Le rose preferiscono un pH del terreno compreso tra 5.5 e 7.0 (esistono sturmenti appositi per misurarlo in vendita nei negozi di giardinaggio). Il valore 6.5, che indica un pH lievemente acido, di norma è considerato ideale per le rose da coltivare in giardino.

Come annaffiare le rose

Annaffiate le rose subito dopo averle trapiantate. In generale, non bagnate mai direttamente le foglie o i fiori, per evitare che le piante di rose si rovinino o si ammalino. Bagnate le rose alla base e in modo abbondante, così che il terreno risulti ben inumidito. Non annaffiate mai le rose in pieno sole. Scegliete la mattina presto e la sera.

Come potare le rose

Per potare le rose è necessario praticare un taglio netto e lievemente obliquo al di sopra della gemma. Le potature servono a ridurre le dimensioni della pianta e a favorire lo sviluppo di nuovi fiori, oltre che ad eliminare rami secchi o rovinati. La potatura invernale delle rose avviene quando le foglie sono cadute e i primi germogli non sono ancora spuntati. Di solito una potatura vigorosa favorisce fioriture più abbondanti. E' bene asportare i rami più vecchi e cercare di dare sempre alla pianta la forma migliore. La potatura estiva delle rose serve ad eliminare i fiori secchi e appassiti e a facilitare nuove fioriture.

potare le rose

fonte foto: idiggreenacres.com

Talee di rose a terra e in vaso

Potrete moltiplicare le vostre rose grazie alle talee. La talea è una tecnica molto semplice che permette di ottenere una nuova pianta di rose da un'altra già esistente. Potrete trasferire le talee di rose direttamente a terra, nel vostro giardino, oppure in vaso. Scegliete gambi giovani e dritti. Recideteli con un taglio netto al di sotto della gemma, da cui si svilupperanno le radici. La lunghezza delle talee sarà di 20 cm. Ricavate le talee con delle forbici da potatura. Per il taglio mantenete un angolo di 45°.

potatura rosa

Fonte foto: http://misslinflower.blogspot.it/

Potrete lasciare alcune foglie all'apice delle talee, ma di solito si consiglia di eliminarle del tutto, in modo che le energie della pianta si concentrino sulle radici e sul loro sviluppo. Inserite nel terreno, arricchito con torba e terriccio, le vostre talee per due terzi della loro lunghezza. Preparate e trapiantate le vostre talee di rose a partire dalla seconda metà dell'estate fino all'inizio dell'autunno, cioè da agosto a ottobre.

Talee di rose con le patate

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Fonte foto: http://www.dbshopping.it/

Un metodo all'apparenza un po'insolito ma molto utilizzato per preparare le talee di rose consiste nell'utilizzare delle patate. Le patate favoriscono la formazione delle radici e forniscono alle talee le sostanze nutritive e l'umidità necessarie per la crescita. Praticate un foro al centro di ogni patata, attraversandole da una parte all'altra, e inserite in ognuna una talea di rosa.

Potrete trapiantare le talee di rosa direttamente in vaso o in giardino, e magari creare una mini-serra con una bottiglia di plastica per proteggerle dalle intemperie, ricordando di scoprirle per un po'almento una volta al giorno per farle respirare. Scegliete una posizione di mezzombra per le vostre talee e annaffiatele ogni giorno, la mattina presto o la sera, per mantenere il terreno sempre umido. Quando tirando leggermente la talea avvertirete resistenza, le radici si saranno formate. Qui il tutorial completo.

rose patate

fonte foto: gardening-roses.com

Marta Albè

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Contaminazione da arsenico: le 4 peggiori aree d'Italia

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ILVA TARANTO

Contaminazione da arsenico. A Taranto, ma anche a Gela, nell'Amiata e nel viterbese. Nel sangue e nelle urine di cittadini e lavoratori, l'arsenico è un imbroglio travestito di acqua buona e polvere, nei più innocui dei casi.

E già, perché oltre che nelle sostanze chimiche e nei derivati del petrolio, l'arsenico si nasconde nell'acqua che beviamo e nelle polveri che respiriamo. Bello e cancerogeno.

I risultati dello studio SEpiAS – Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica, condotto dai ricercatori dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr e pubblicato sulla rivista Epidemiologia e prevenzione, parlano chiaro: in molti residenti nelle aree valutate ci sono livelli di arsenico superiori alla norma.

Finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della Salute, il lavoro è stato condotto in due aree con inquinamento da arsenico di origine naturale (Amiata e viterbese, dove l'arsenico è presente nelle rocce, nei sedimenti e nelle acque) e in due aree con inquinamento da arsenico di origine antropica (Gela e Taranto con le loro industrie), allo scopo di valutare la relazione tra esposizione umana ad arsenico, attraverso dati di inquinamento ambientale e indicatori di dose assorbita e marcatori biologici di effetto precoce sulla salute.

LE ANALISI – La ricerca ha svolto un biomonitoraggio su 282 residenti in quelle 4 aree. Nelle urine dei partecipanti è stato misurato il contenuto di diverse specie organiche e inorganiche di arsenico, alcune delle quali sono accertate come cancerogene per l'uomo. In più sono stati effettuati analisi del sangue, ecodoppler e visita cardiologica e ogni soggetto ha dovuto compilare un questionario su stile di vita e situazione clinica.

Ebbene, se le quattro aree prese in esame presentano una diversa distribuzione e tipologia di arsenico assorbito dai partecipanti, anche per alcune caratteristiche genetiche, è l'arsenico inorganico (o industriale) a destare più preoccupazioni per valori medi di concentrazione abbastanza elevati: 40% Gela, 30% Taranto, 15% viterbese, 12% Amiata.

"La preoccupazione per i rischi ambientali per la salute appare peraltro acutissima, specie nelle due aree industriali. A Taranto e Gela circa il 60% del campione giudica la situazione grave e irreversibile e oltre l'80% ritiene certo o molto probabile che in aree inquinate ci si possa ammalare di tumore o avere un figlio con malformazioni congenite", ha affermato Fabrizio Bianchi, responsabile dell'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr). Quanto alla relazione tra concentrazione di arsenico e fattori di rischio indagati con il questionario, sono emerse preoccupanti concomitanze "principalmente con l'uso di acqua di acquedotto e di pozzo, ma anche con esposizioni occupazionali e con consumo di alimenti quali pesci, molluschi o cereali, che dovranno essere indagati con studi specifici", continua il ricercatore Ifc-Cnr.

Se quindi a Gela e a Taranto il fattore di rischio più importante è l'esposizione occupazionale, nelle altre due aree i fattori di rischio sono il consumo di acqua per uso civico (cucina e igiene personale) e la contaminazione degli alimenti.

Quanto al livello di fiducia negli enti locali, "nel 40% dei casi nell'Amiata e nel 27 a Viterbo, ma solo nel 6% a Taranto e nel 16 a Gela" si crede nelle istituzioni e nelle loro azioni.

Territori malati, dunque, resi invivibili dalla mala-gestione e da impianti industriali obsoleti. Tutti dati, quelli dell'incidenza sulla nostra salute, che trovano triste conferma nel terzo Rapporto di SENTIERI­– Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, il progetto finanziato dal Ministero della salute e coordinato dall'Istituto superiore di sanità (ISS) che studia il rischio per la salute nei 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (i cosiddetti SIN). Nei casi studiati emergono aumenti riguardo diversi tipi di tumori (alla tiroide, alla mammella, melanomi), patologie del tratto urinario e respiratorie.

Insomma, ben vengano questi biblici programmi di "biomonitoraggio" umano, ben vengano gli studi e le analisi incrociate. Ma, una volta valutati tutti i rischi su ambiente e salute dei cittadini, non sarebbe anche il caso di avviare concrete procedure di bonifica territoriale?

Germana Carillo

Get Together Girls: il documentario sulle donne del Kenya che hanno trasformato la loro vita diventando stiliste

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Chi educa una donna, educa un popolo. Donne che aiutano altre donne a trasformare la loro vita in un progetto di altissimo valore creativo e umano. Ecco la storia al centro di Get Together Girls, un documentario che racconta le vicende di un gruppo di giovani donne del Kenya che hanno trasformato la loro vita e sono diventate stiliste grazie all'iniziativa ideata da una donna italiana.

Get Together Girls è stato prodotto da Vasco Rossi e diretto da Vanessa Crocini, una documentarista e giornalista italiana che vive a Los Angeles e con cui abbiamo avuto il piacere di collaborare negli anni passati. Il documentario è stato proiettato in 14 festival diversi e ha vinto 6 premi. Racconta la storia delle donne africane e la possibilità, per tutti, di un cambiamento in positivo.

E' stato girato in Kenya tra le baraccopoli di Nairobi e a Ngong. Ci conduce tra le vite e le difficoltà quotidiane dei membri di Get Together Girls, un community project nato per aiutare delle ex ragazze di strada a diventare stiliste. Il merito è di Grazia Orsolato, che ha rinunciato alla propria carriera in Pirelli per trasferirsi in Africa e dare nuova speranza ad un gruppo di ragazze del Kenya.

La regista ha condotto le riprese nel marzo 2011. Per avvicinarsi con più facilità alle ragazze, ha deciso di partire senza troupe. Ha seguito le giovani donne durante le loro giornate lavorative. In seguito un cameraman locale, Kelvin Nyangweso, ha dato il proprio contributo alle riprese. Al centro del documentario troviamo le baraccopoli di Ngong, Mathare e Kibera, ma non mancano alcune scene girate in Italia, che documentano le sfilate della GtoG Collection.

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L'obiettivo principale del programma e del progetto riguarda la possibilità di ispirare altre persone, non soltanto in Africa ma anche in altri Paesi del mondo, a fare altrettanto e a creare centri in cui produzione e vendita avvengano nello stesso luogo e possano aprirsi ad altre donne che vivono nella zona. Una bella storia da raccontare e un progetto da imitare.

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Guarda il Trailer di Get Together Girls (sottotitoli ITA).

{youtube}nQOuh171Z5c{/youtube}

 

Per capire il contenuto del film guarda l'anteprima di 10 minuti: 
 
Domani è prevista la proiezione con la regista a Roma alle ore 19.30 (offerta libera)
Per maggiori info: 

 

Marta Albè

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Salsa migrante: autoproduzione per la liberta’ e i diritti di migranti e braccianti precari

 


Cambiamenti climatici: in Antartide i venti oceanici rallentano lo scioglimento dei ghiacci

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Venti freddi, freddissimi, in Antartide. E livelli di ghiaccio record nel mese di aprile nel "continente" più a sud della Terra. Contro i cambiamenti climatici arrivano i venti oceanici. Ma c'è poco da stare allegri. È colpa ancora una volta dell'aumento dell'anidride carbonica nell'atmosfera.

Analizzando i dati dell'Università Nazionale Australiana un team di scienziati guidato da Nerilie Abram, ha scoperto che la crescita dei livelli di CO2 nell'atmosfera sta rendendo più violenti i venti oceanici, che a loro volta spingono le piogge sull'Australia meridionale e ancora più a sud, verso l'Antartide. Ma i risultati sono da brivido, letteralmente. Nel mese di aprile infatti il ghiaccio marino del Polo Sud ha raggiunto livelli record. Ma al Polo Nord accade il contrario. Qui le temperature sono sempre più calde e il ghiaccio è sempre meno.

Esaminando i campioni di ghiaccio dell'Antartide, la dottoressa Abram e i colleghi sono stati in grado di ricostruire la storia dei venti occidentali nel corso dell'ultimo millennio.

“I venti dell'Oceano Meridionale oggi sono più forti che in qualsiasi altro momento negli ultimi 1000 anni”, ha detto Abram. “Il rafforzamento di questi venti è stato particolarmente importante nel corso degli ultimi 70 anni, e combinando le nostre osservazioni con i modelli climatici si può chiaramente collegare ciò all'aumento dei livelli di gas serra”.

Ma non solo. Se si considerano gli ultimi 50 anni, i venti occidentali hanno visto crescere la loro velocità tra il 10 e il 15% e si sono avvicinati da 2 a 5 gradi al continente ghiacciato.

Se il ghiaccio marino dell'Antartide ha raggiunto livelli record - pari a 110 mila kmq al giorno per un totale di 9 milioni di kmq -, al Polo Nord la situazione è capovolta. Qui lo scioglimento legato alle temperature estive, al di sopra della media, ha abbassato i livelli di ghiaccio al di sotto del periodo compreso tra il 1981 e il 2010.

{youtube}cAXQY1D58w0{/youtube}

Con il riscaldamento globale e l'effetto serra, l'Antartide in realtà sta rubando più pioggia all'Australia. Non è una buona notizia,” spiega Abram. Secondo gli esperti, dunque, la maggiore presenza e intensità di questi venti occidentali può spiegare perché gran parte del continente antartico non stia ancora mostrando i segni del riscaldamento globale.

Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Francesca Mancuso

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Cina: il 60% dell’acqua è troppo inquinata, a rischio anche vitamine e integratori

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inquinamento acqua cina

La pessima reputazione della Cina in quanto ad inquinamento è ormai rinomatamente conosciuta e nonostante questo continuano ad affiorare nuove pubblicazioni che testimoniano come la situazione stia raggiungendo picchi davvero drammatici. Un rapporto, opera del Ministero della Terra e delle Risorse naturali di Pechino, ha analizzato la situazione delle falde acquifere cinesi nel corso del 2013 evidenziando come il 60% di esse sia inquinata.

La maggior parte di quest’acqua non è dunque potabile ma lo diventa solo in seguito a trattamenti adeguati (almeno questo sostengono in Cina). La stessa acqua però viene utilizzata per irrigare il suolo che quindi a sua volta sarà inquinato e contaminato, anche da metalli pesanti. Gli esperti locali hanno stimato che circa il 20% del terreno agricolo subisce questo tipo di inquinamento.

Il problema a prima vista sembrerebbe non riguardarci da vicino ma in realtà non è così, dato che molti prodotti come erbe ed integratori alimentari vengono coltivati e prodotti proprio in Cina. Possiamo citare ad esempio materie prime per gli integratori come la Vitamina C (acido ascorbico) o il riso. A tal proposito su un articolo pubblicato su The Epoch Times si legge: “le vitamine prodotte in Cina sono ovunque, e anche chi non consuma vitamine ed integratori difficilmente può sfuggirvi: molte delle vitamine sintetiche aggiunte ai cereali tradizionali e ad altri alimenti provengono appunto dalla Cina”.

I dati riportati dal giornale online fanno riferimento alla situazione americana ma anche in Italia probabilmente non c’è da stare tanto sereni: che provenienza hanno le vitamine e i sali minerali che si trovano comunemente addizionati nei succhi di frutta, cereali e altri alimenti venduti nei nostri supermercati? Non è dato sapere, sulle confezioni infatti non è indicata la provenienza di questi supplementi nutrizionali.

Sembrerebbero a rischio anche alcuni integratori naturali provenienti dalla Cina come ad esempio il Ginko Biloba. A questo proposito il Natural News Forensic Food Lab investigation in una recente inchiesta ha scoperto che alcune marche di Ginkgo Biloba importato dalla Cina contengono alti livelli di piombo (metallo pesante tossico), mentre altri prodotti analizzati provenienti dagli Stati Uniti non avevano lo stesso problema. La presenza del piombo in questa pianta sembrerebbe causata appunto dalla contaminazione industriale dei suoli e delle acque di irrigazione: il Ginko Biloba infatti, come molte altre erbe, assorbe il piombo e i metalli pesanti durante la sua crescita.

Alla luce di tutto ciò capire la provenienza dei prodotti che assumiamo risulta dunque sempre più importante. E' bene ogni volta leggere l'etichetta di quello che compriamo, anche se in questo caso potrebbe non bastare.

Francesca Biagioli

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Scoperta una nuova pianta "mangia-nichel"che assorbe metalli pesanti dal terreno

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Come eliminare i metalli pesanti dal terreno? La "Rinorea niccolifera", una nuova pianta scoperta nella parte occidentale dell'isola di Luzon, nelle Filippine è balzata all'onore delle cronache come pianta "mangia-metalli" e sarebbe "ghiotta" in particolar modo del nichel. 

La Rinorea niccolifera, infatti, potrebbe essere impiegata tanto per bonificare terreni inquinati quanto per estrarre lo stesso nichel a fini commerciali.

Appartenente alla famiglia delle Violacee e scoperta da un gruppo di ricercatori dell'Università filippina Los Baños, l'appellativo "niccolifera" si riferirebbe proprio alla capacità della pianta di accumulare ingenti quantità di nichel nelle foglie. Qui sarebbe in grado di accumulare fino a 18mila parti per milione di metallo senza subire gli effetti dell'avvelenamento.

"L'iperaccumulo di Nichel è un fenomeno molto raro visto che solo lo 0,5% delle piante che nascono nei terreni ricchi di metalli possiede tale capacità di assorbimento", spiega Edwino Fernando principale autore della ricerca pubblicata sulla rivista PhytoKeys e facente parte di un progetto finanziato dal dipartimento di scienza e tecnologia del Consiglio filippino per industria, l'energia e lo sviluppo di tecnologie emergenti.

pianta nichel

In tutto il mondo si contano circa 450 le specie conosciute che abbiano questa insolita caratteristica sulle oltre 300mila specie di piante vascolari scoperte.

"Gli iperaccumulatori vegetali sono piante che hanno grandi potenzialità per lo sviluppo di tecnologie verdi. Per esempio il fitorisanamento e il phytomining", conclude Augustine Doronila, della scuola di chimica dell'Università di Melbourne e co-autore del rapporto. "Il fitorimedio si riferisce all'uso di queste piante per rimuovere i metalli pesanti in suoli contaminati. Mentre il phytomining è il loro utilizzo per produrre raccolti al fine di recuperare commercialmente il metallo nei germogli di quelle cresciute in siti che ne sono ricchi".

Insomma, la flora è sempre più un alleato nel mitigare i danni ambientali prodotti dall'uomo e dalle sostanze inquinanti rilasciate nell'ambiente. Lasciamo crescere le piante!

Germana Carillo

Foto: PhytoKeys

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System of Rice Intensification: in India nuovi raccolti di riso da record senza Ogm

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system of rice intensification

In India è in atto una vera e propria rivoluzione nella coltivazione del riso. Sempre più agricoltori rinunciano agli Ogm e si affidano al metodo System of Rice Intensification (SRI), che garantisce rese dei raccolti quattro volte maggiori rispetto alle coltivazioni convenzionali.

Lo scorso hanno vi avevamo parlato del caso di Kumar, un giovane agricoltore del distretto di Nalanda, in Bihar, che grazie al metodo SRI ha potuto ottenere oltre 22 tonnellate di riso per ettaro. Altri abitanti della zona avevano raggiunto le 17 tonnellate o avevano comunque raddoppiato le rese dei raccolti precedenti.

Ora il System of Rice Intensification si diffonde e raggiunge ulteriori traguardi. Il nuovo record nazionale spetta a Sethumadhavan, agricoltore di Alanganallur, nello stato meridionale indiano del Tamil Nadu, che proprio grazie al SRI ha raccolto 24 tonnellate di riso per ettaro.

Per molto tempo questo metodo di coltivazione è stato trascurato dagli accademici e non ha ricevuto alcun supporto in denaro, principalmente per ragioni economiche. Ora lo Stato di Tamil Nadu mira a raddoppiare i raccolti di riso e a triplicare i guadagni degli agricoltori, utilizzando il System of Rice Intensification e preferendo i fertilizzanti organici a quelli inorganici.

Il metodo SRI è stato sviluppato per oltre 30 anni dai piccoli coltivatori di almeno 20 Paesi. Vede al proprio centro il miglioramento della gestione del suolo, dell'acqua e del nutrimento delle coltivazioni e rinuncia alle modificazioni genetiche dei semi, che sono state il focus primario della ricerca scientifica per decenni.

Questa tecnica perette di utilizzare molti meno semi del previsto e di trapiantare il riso nei campi quando le piantine sono ancora molto giovani, ad una distanza maggiore rispetto alle risaie. Per migliorare la qualità dei suoli, si utilizzano in prevalenza concimi organici. Il sistema di coltivazione garantirebbe risultati straordinari. Sethumadhavan per raggiungere il nuovo record ha utilizzato riso non Ogm e un mix di fertilizzanti naturali e chimici. Sebbene il riso prescelto appartenesse ad una varietà molto produttiva, le rese non avrebbero dovuto superare le 6 tonnellate per ettaro. La resa media di gran parte delle qualità di riso è di 3 tonnellate per ettaro.

La tecnica fu sviluppata in Madagascar 30 anni fa. Secondo il SRI International Network e il Resources Center della Cornell University, il metodo sarebbe stato adottato da almeno 9,5 milioni di agricoltori in Cambogia, Cina, India, Indonesia, Vietnam e in altri Paesi produttori di riso. Per il governo del Bihar, dove migliaia di ettari vengono coltivati in questo modo, le rese superano di almeno il 40% quelle del riso coltivato in modo convenzionale.

Rispetto alle risaie, il System of Rice Intensification richiede una quantità d'acqua minima, non rapporta un maggior dispendio economico e non richiede l'acquisto di sementi OGM. Per coltivare il riso in questo modo è previsto un maggiore sforzo fisico e, in quanto ai macchinari, si utilizza soltanto una speciale attrezzatura per rimuovere le erbacce. La soluzione per rese migliori, per garantire maggiori guadagni agli agricoltori e per sfamare la popolazione risiederebbe dunque nell'applicazione di una tecnica fino ad ora poco considerata e molto criticata dall'agribusiness.

Marta Albè

Fonte foto: oxfamamerica.org

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Tumori, un tatuaggio all'henné per ridare un sorriso alle donne

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tattoo cover

Henna Heals fa tatuaggi. Henna Heals è un'associazione vicina alle donne che soffrono per un cancro. Henna Heals è, letteralmente, l'henné che guarisce, che dà loro un sorriso e fa dimenticare la bruttezza delle conseguenze di una chemioterapia. 

L'associazione è quella creata in Canada inizialmente da 5 tatuatrici per non lasciare in solitudine quelle donne che, a causa di un tumore, devono subire una terapia chemioterapica e pagarne il conto dal punto di vista psicologico.

Non è poco, infatti, perdere i capelli, principale simbolo di femminilità. È per questo che il compito che si è auto assegnato quella società di Toronto, ormai diventata globale tanto che oggi conta già 150 artisti volontari in tutto il mondo, è quello di abbellire con motivi tatuati all'henné la dove c'era una chioma.

tattoo 1

In pratica, i volontari dell'associazione realizzano meravigliosi tattoo all'henné sulla testa delle pazienti per renderle ancora più belle nel corso della lunga terapia. Da motivi floreali a frasi, da messaggi religiosi a simboli personalizzati: delle vere e proprie corone faranno comprendere che un modo nuovo per sentirsi meglio per quelle donne esiste.

"Per le donne è importante sentirsi belle e femminili anche durante la malattia" spiega dal suo sito la fondatrice Frances Darwin.

tattoo 4

Per ora, l'associazione ha lanciato una campagna per creare e formare tatuatori in tutto il mondo. Negli Stati Uniti sono già molti i professionisti che lavorano con le pazienti malate di tumore, mentre in Europa se ne contano solo due. Per questo Frances Darwin lancia un appello dal suo sito a tutto coloro che sentono di voler partecipare a questa importante missione.

Germana Carillo

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Come leggere le etichette di olio e vino: la Guida

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etichette olio

Come leggere in modo corretto le etichette alimentari di olio e vino? Il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura ha pubblicato una guida molto utile sull'argomento, che porta il titolo di "Guida alla lettura delle etichette alimentari. Etichette di olio e vino" (a cura di Gabriella Lo Feudo, Autori vari).

La guida nasce per garantire una giusta tutela del consumatore. I prodotti agro-alimentari italiani sono purtroppo sempre più spesso oggetto di frode. Recente è il caso del falso olio extravergine toscano venduto nel Regno Unito. Per assicurarsi di acquistare olio e vino buono, meglio affidarsi a produttori di fiducia e imparare a leggere bene le etichette.

Quando le etichette di olio e vino sono appropriate e facili da leggere, tutto diventa più semplice sia per le aziende che per i consumatori. Le aziende dovranno adeguarsi alle nuove normative europee sulle etichette alimentari. L'etichetta rappresenta una vera e propria carta d'identità del prodotto, che facilita le scelte d'acquisto, ed è una vetrina positiva sia per l'olio che per il vino e per altri alimenti.

Data di scadenza, origine del prodotto, caratteristiche nutrizionali e ingredienti: le etichette alimentari forniscono informazioni essenziali al consumatore che vuole effettuare una spesa orientata all'acquisto di prodotti di qualità. Come leggere le etichette al meglio? Ecco alcune indicazioni basate sul decalogo compilato dai NAS e sulla guida di Ente Cra.

Etichette dell'olio

1) Diffidate dalle etichette poco trasparenti, che presentano scritte minuscole e che sono poco chiare sull'origine dei prodotti. Le etichette devono indicare bene marchio, processo produttivo, luogo di produzione e caratteristiche del prodotto.

2) Verificate che sulle etichette siano presenti i marchi di qualità previsti dall'Unione Europea, se siete alla ricerca di un prodotto di valore. Ad esempio potrete trovare le diciture DOP, IGP, STG e "Biologico". I prodotti provenienti dall'estero possono contenere Ogm e questa caratteristica deve essere indicata in etichetta.

etichetta olio1

3) Le etichette alimentari devono rispettare 3 caratteristiche fondamentali: devono essere chiare, leggibili e indelebili. Per quanto riguarda l'olio extravergine, ad esempio, devono riportare nome del prodotto, denominazione di vendita, volume nominale e data di scadenza entro cui consumarlo.

etichette olio 2

4) Le etichette devono rispettare i regolamenti vigenti nell'Unione Europea. Devono dunque descrivere con precisione la tipologia di olive utilizzate per la produzione dell'olio e i metodi adottati per ottenere il prodotto, ad esempio "unicamente mediante procedimenti meccanici". Inoltre, devono riportare le indicazioni per la conservazione. Ad esempio "Conservaare in un luogo asciutto al riparo dalla luce e da fonti di calore".

etichette olio punto 6

5) Denominazione di vendita. Fate molta attenzione alle denominazioni di vendita presenti sulle confezioni. Ad esempio, per l'olio d'oliva tra le dicitura valide troviamo: olio extravergine d'oliva, per l'olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e solo con processi meccanici, e olio di oliva vergine, cioè olio d'oliva ottenuto direttamente dalle olive, solo con procedimenti meccanici, ma non di qualità superiore. Altre indicazioni sempre obbligatorie per le etichette dell'olio d'oliva sono nome o ragione sociale o marchio depositato e sede del produttore o del confezionatore o di un venditore stabilito nell'Unione Europea.

Etichette del vino

1) Anche le etichette del vino devono rispettare le indicazioni stabilite dai regolamenti europei. Sulle etichette dovrete ricercare la denominazione del prodotto, la tipologia di vino, ad esempio "rosso" o "bianco", il quantitativo di prodotto contenuto nella bottiglia e la percentuale di alcol presente nel prodotto.

2) Tre le informazioni obbligatorie da inserire nelle etichette del vino troviamo: denominazione di vendita, indicazione dell'imbottigliatore, indicazione dell'importatore nel caso di vini importati, indicazione della provenienza, del lotto, della presenza di sostanze allergizzanti e modalità di conservazione. Per i vini DOP o IGP sarà obbligatorio inserire la denominazione di origine protetta o l'indicazione geografica protetta.

etichette vino punto 5

3) I solfiti sono potenzialmente allergizzanti. Vengono indicati in etichetta quando la loro quantità supera i 10 mg per litro. I derivati delle uova e del latte usati per il processo di chiarificazione del vino devono essere sempre indicati, indipendentemente dalla quantità presente.

etichette vino 2

4) Su alcune etichette di vini DOP o IGP possiamo trovare termini o illustrazioni come Torre, Castello, Abbazia, Villa o Rocca, che possono essere ricollegate all'azienda produttrice. Si tratta di termini, a volte accompagnati da illustrazioni, che possono essere usati solo se i vini sono ottenuti esclusivamente da uve provenienti dai vigneti coltivati direttamente dall'azienda in questione.

etichette vino 3

5) Sui vini liquorosi, i vini frizzanti e i vini frizzanti gassificati sono presenti talvolta indicazioni sul tenore di zuccheri residui, che non deve esser superiore ai 40g/l per il vino secco. Per il vino semisecco o amabile il tenore di zucchero è compreso tra 40 e 100 g/l, mentre per il vino dolce il tenore di zucchero deve essere superiore a 100 g/l.

 

Scarica qui la Guida completa alla lettura delle etichette di olio e vino.

 

Marta Albè

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Consumo di suolo: piu' cemento e case vuote. La mappa dei luoghi a rischio

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Consumo di suolo, senza fine. In soli tre anni, l'Italia ha perso, secondo Ispra, 720 chilometri quadrati di suolo. Al suo posto sono apparse case non sicure, spesso fragili, non coibentate, poco efficienti dal punto di vista energetico, o peggio ancora disabitate. Nessuna novità positiva emerge dal nuovo dossier di Legambiente “Basta case vuote di carta”.

Neanche la crisi è riuscita a frenare il cemento selvaggio. Se il consumo negli anni '50 era pari al 2,9%, oggi siamo al 7,3% l'anno. Chi divora i nostri terreni? Dei 22mila chilometri quadrati urbanizzati in Italia, il 30% è occupato da edifici e capannoni, il 28% da strade asfaltate e ferrovie. Più case, meno persone in mezzo ad una strada? Falso.

Negli ultimi 5 anni infatti sono stati emessi oltre 311mila sfratti, e milioni di famiglie vivono condizioni di grave disagio, non riuscendo più a pagare le rate del mutuo. Ma dall'altra parte, secondo Legambiente, sono 2,7 milioni le case vuote su tutto il territorio italiano.

Tra le città divorate dal cemento, in testa ci sono Napoli e Milano (con oltre il 60%) seguite da Pescara e Torino (oltre il 50%), da Monza, Bergamo, Brescia e Bari con oltre il 40% di superficie impermeabilizzata.

Mancano i controlli. È questo il problema alla base. In gran parte d'Italia, infatti, non c'è un sistema di controlli e sanzioni rispetto ai consumi delle abitazioni. Non è ancora in vigore il libretto del fabbricato. E, ciliegina sulla torta, anche il settore dell’edilizia sta vivendo un momento di crisi occupazionale, che si è tradotto nella perdita di 600mila posti di lavoro e nella chiusura di migliaia di imprese. Ma gli edifici italiani hanno bisogno di essere riqualificati.

Sono oltre 2milioni e 500mila le costruzioni residenziali sulle quali sarebbe urgente intervenire. Di esse, 865mila sono gli edifici che sorgono in aree ad alto rischio sismico, per un totale di circa 1,6 milioni di abitazioni, mentre il totale degli edifici residenziali a rischio medio e alto raggiunge i 4,7 milioni, con punte elevatissime in Sicilia (oltre 1,2 milioni di edifici) ed in Campania (quasi 800 mila edifici). Non va meglio agli edifici a rischio frane ed alluvioni, che superano 1,1 milioni, in particolare in Campania ed Emilia-Romagna.

Da qui la necessità di trovare una soluzione in grado di risolvere in un colpo solo tutti questi problemi, partendo dal consumo di suolo, passando per l'emergenza casa fino all'occupazione. Interventi non previsti però nel Decreto Lupi sulla casa, in corso di approvazione in Parlamento.

Senza un serio impegno politico la situazione non cambierà. Servono subito provvedimenti specifici per frenare il consumo di suolo e per la riqualificazione del patrimonio edilizio con chiari obiettivi di efficienza energetica e sicurezza anti sismica,” ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. “Non servono altre case di carta in periferia, insicure e invivibili, ma nuove politiche per ripensare periferie degradate e dismesse con procedure che permettano finalmente di avviare progetti innovativi”.

Intanto, ieri a Comacchio e a San Lazzaro di Savena sono stati effettuati due blitz di protesta. Qui infatti verranno distrutti 300.000 mq di terreno agricolo vergine per realizzare nuovi palazzi, centri commerciali, un centro sportivo e una scuola in mezzo alla campagna. A Comacchio invece a far discutere è la E55. Si protesta oggi anche a Roma, a Paglian Casale, dove si vorrebbero realizzare edifici per 922.012 metri cubi su un’area agricola di 288.129 metri quadri, ma anche a Perugia e a Padova, ad Agrigento e a Milano, contro i progetti autostradali e di cementificazione collegati all'Expo2015.

Curiosi di sapere quali sono gli altri luoghi a rischio in tutto lo stivale? Ecco il portale stopalconsumodisuolo.crowdmap.com, con la mappa su cui sono indicate le località a rischio.

Francesca Mancuso

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Un po' bici, un po' toilette: in vendita il triciclo-gabinetto

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Elegante biciletta multifunzionale. È il titolo di un annuncio postato su Craiglist dall'utente Victoria, che ha messo in vendita un triciclo per adulti dotato di WC per 110 dollari. Si tratterebbe di un progetto artistico realizzato al primo anno di college Camosun, per un corso di Visual Arts.

Da allora, però, sono passati 5 anni e la giovane artista prova a vendere la sua opera. E con motivazioni convincenti. "Il telaio è davvero robusto perché è stato costruito da un triciclo per adulti, (decisamente non la è bici adatta per San Francisco!). La parte del water è grande abbastanza per portare generi alimentari", scrive sul social.

E se non ci mettono cestini da picnic o buste della spesa, può essere utilizzato come una vera e propria toilette, per fare pipì e popò "nature". La parte inferiore, infatti, è un foglio di acciaio rimovibile che si tiene con fascette robuste, rendendo facile pulire...

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Non è propriamente igienico farla dove si ripone il cibo, quindi, se per qualche strano motivo vorrete acquistarla, scegliete: o uno o l'altro uso! D'altronde, se c'è chi ha creato un bagno portatile da valigia, perchè non portarsi dietro il bagno pedalando?

Roberta Ragni

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Suika, il gatto disperso con lo tsunami del Giappone, torna a casa dopo 3 anni

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Un gatto scomparso tre anni fa, nel corso del disastro del terremoto e dello tsunami giapponese del 2011, è inaspettatamente tornato a casa dai suoi proprietari. Si chiama Suika e, a 3 anni dalla sua scomparsa dalla sua casa di Ofunato, prefettura di Iwate, si credeva fosse ormai morto da tempo.

E invece il micio, che di vite ne ha davvero 7, è stato recentemente avvistato in una città vicina. Una volta portato alle autorità, queste ultime hanno rintracciato la famiglia tramite le informazioni che portava sul collare, secondo quanto dicono i media giapponesi.

Kazuko e Takeo Yamagishi, i suoi proprietari, avevano trascorso tre mesi a cercarlo in tutta la città, duramente colpita dalle forze della natura, prima di abbandonare ogni speranza che fosse sopravvissuto al disastro. Tuttavia, in quella che sembra un'incredibile vicenda, il gatto è stato ritrovato.

gatto tsunami

gatto tsunami2

gatto tsunami4

La gioia della notizia trapela dalle immagini del ricongiungimento. Non è chiaro come sia sopravvissuto, l'importante è stato poter riabbracciare l'amato felino nero.

Roberta Ragni

Fonte e foto

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Shale Gas: ecco perché l'Europa dovrebbe abbandonare l'idea del fracking

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shale gas terremoti

Le nuove tecnologie di estrazione di gas e petrolio sono davvero percorribili, come alcuni credono? Quali rischi si corrono con il fracking? Per rispondere Report ha fatto un viaggio tra gli stati di New York, Pennsylvania e Texas, andando a visitare i luoghi dove si sta praticando l'estrazione dello shale gas, attraverso la frantumazione del sottosuolo con pressioni e solventi chimici. Una tecnica che consente di estrarre il gas e il petrolio intrappolati tra le rocce.

Le conseguenze? Terribili! A partire da quelle per gli abitanti, che dai loro rubinetti vedono uscire acqua puzzolente che s'incendia a causa del metano penetrato nella falda acquifera a seguito delle frantumazioni. Per questo in Texas la Aruba Petroleum è stata condannata a pagare 3 milioni di dollari per i danni causati alla salute.

È questo il futuro che ci aspetta? Il fracking sta prendendo sempre di più piede, e ora rischia di attecchire anche in Europa. Italia compresa. Qualcuno, infatti, vorrebbe estrarre shale gas nel bel mezzo della Pianura Padana, dove, secondo la compagnia petrolifera Exoma, ci sarebbero ben 28 trilioni di piedi di metano, sufficienti a coprire 10 anni di consumi nazionali. L'Italia intera, invece, possiederebbe 73 mila milioni di barili di petrolio da scisto.

Ma lo stoccaggio di idrocarburi nelle zone altamente sismiche e' ancora praticabile alla luce delle nuove scoperte sulla relazione tra estrazione e iniezione di fluidi nel sottosuolo e sismicità? E cosa sa la nostra classe dirigente di questi temi? Quello che è certo, almeno per ora, è che il nostro ministero dello Sviluppo economico certifica che non ci sia alcuna possibile correlazione tra fenomeni sismici e stoccaggio sotto suolo. Il contrario, invece, lo dice il ministero dell'Ambiente. (Per guardare il video clicca qui).

FederPetroli Italia non ci sta e definisce disinformativa, denigratoria e di puro terrorismo mediatico la puntata. "Non ci stiamo ad essere criminalizzati. Ci dissociamo e prendiamo le distanze ". Sono le parole del Presidente della FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, secondo cui le informazioni fonite sarebbero non corrette. Anzi, destabilizzerebbero soltanto la pubblica opinione "in merito allo sviluppo energetico in Europa ed in particolar modo in Italia".

Le tecniche di Fracking citate, assicura FederPetroli, non sono adoperate nei giacimenti italiani: "ad oggi in Italia abbiamo pozzi che sono stati già perforati e pronti e, si attende solo l'autorizzazione per immettere il gas nella rete nazionale. Siamo sconcertati che per il Servizio televisivo non siamo stati minimamente interpellati e, come noi, altri attori petroliferi presenti sul territorio italiano.

FederPetroli non menziona, nella sua nota, il legame con i terremoti. I molti spergiurano che sia tutto sicuro. Ma quando il 20 e 29 maggio 2012 in Emilia Romagna due terremoti di magnitudo 5.9 e 5.8 della scala Richter provocano 47 vittime e danni valutati per oltre 13 miliardi di euro, il sospetto che a causare il sisma sia stata una attività umana, comincia a diventare concreto. Perché l'11 dicembre 2012, sette mesi dopo, viene istituita una commissione internazionale che studi il caso.

Per più di un anno silenzio completo fino a quando l'11 aprile 2014 la rivista americana "Science" pubblica un articolo intitolato "l'attività umana può aver innescato il disastroso terremoto italiano". L'articolo è basato su una fuga di notizie legata al rapporto della commissione che giaceva in Regione da quasi 2 mesi.

La commissione internazionale ha stabilito che non si può confermare ma nemmeno escludere che estrarre e iniettare fluidi abbia scatenato terremoti in Emilia Romagna. Nel dubbio si va avanti a estrarre. I problemi ambientali e per la salute saranno risolti dopo. 

Per vedere tutta la puntata clicca qui

Roberta Ragni

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Bandiere Blu 2014: tutte le spiagge premiate

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bandiere blu 2014

Bandiere Blu 2014. Sono ben 269 le spiagge italiane che si sono meritate il riconoscimento Bandiera Blu 2014, che ogni anno premia le località turistiche balneari che rispettano criteri relativi alla gestione sostenibile del territorio e delle acque. L'obiettivo principale della premiazioni consiste nello stimolare i centri turistici costieri ad agire sempre meglio per rispettare l'ambiente.

L'Italia quest'anno ha raggiunto un vero e proprio record, con 21 spiagge in più rispetto al 2013. I nuovi Comuni premiati sono 5. Hanno presentato la propria candidatura ben 163 Comuni. La Liguria mantiene il primo posto per quanto riguarda le spiagge più pulite e ben gestite dal punto di vista della sostenibilità e dei rifiuti, per un totale di 20 località premiate.

La Toscana è al secondo posto con 18, mentre al terzo posto troviamo le Marche, con 17. In Campania si è registrato un piccolo grande record, con ben 10 spiagge del Cilento premiate con la Bandiera Blu. Tra le località con i risultati peggiori troviamo invece l'Abruzzo, che perde 3 bandiere, passando da 14 a 10.

La Sardegna, rispetto allo scorso anno, perde una spiaggia. Nella classifica delle regioni premiate l'isola si trova al settimo posto, con 9 spiagge premiate in 6 Comuni: Santa Teresa Gallura-Rena Bianca, Capo Testa ponente, La Maddalena, Caprera, Palau, Oristano Torre Grande, Tortolì-Lido di Orri, Lido di Cea, in Ogliastra, e il Poetto di Quartu Sant'Elena.

La Sicilia si posiziona a metà classifica, a pari merito con la Sardegna, e guadagnando 2 nuove spiagge. Sono state premiata le località di Marsala e di Pozzallo. A conquistare la Bandiera Blu sono anche le isole Eolie di Lipari e di Vulcano e la località di Ragusa, che ha ottenuto ben 3 bandiere.

La cerimonia di assegnazione delle Bandiere Blu 2014 si è svolta questa mattina presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla presenza dei sindaci dei 140 Comuni premiati. I criteri di assegnazione dei premi riguardano soprattutto la qualità delle acque, che deve risultare eccellente.

Le spiagge premiate suddivise per regione:

ABRUZZO (10 - 4  in meno rispetto al 2013)

Chieti

  • Rocca San Giovanni - Cavalluccio
  • Vasto - Punta Penna, Vignola San Nicola
  • Fossacesia
  • San Vito Chietino
  • Francavilla al Mare - Lido Asterope
  • San Salvo - Zona Fosso Molino

Teramo

  • Tortoreto
  • Roseto degli Abruzzi - Lungomare Centrale, Marrarosa, Sud
  • Pineto - Torre Cerrano
  • Silvi - Lungomare Centrale

BASILICATA (1 - uguale al 2013)

Potenza

  • Maratea

CALABRIA (4 - uno in più rispetto al 2013)

Cosenza

  • Trebisacce - Lungomare Sud

Crotone

  • Melissa - Torre Melissa
  • Cirò Marina

Reggio Calabria

  • Roccella Jonica

 

 

 

CAMPANIA (13 - 2 in più rispetto al 2013)

Napoli

  • Anacapri - Punta Faro, Gradola
  • Massa Lubrense

Salerno

  • Castellabate
  • Vibonati
  • Ascea
  • Sapri - Lido di Sapri San Giorgio
  • Pisciotta
  • Positano
  • Pollica - Acciaroli e Pioppi
  • Agropoli - Trentova, S.Marco
  • Montecorice-Agnone - Agnone e Capitello
  • Casal Velino
  • Centola - Palinuro

EMILIA ROMAGNA (10 - 2 in più rispetto al 2013)

Ferrara

  • Comacchio - Lidi comacchiesi

Forlì-Cesena

  • San Mauro Pascoli - San Mauro Mare
  • Cesenatico
  • Gatteo a mareGatteo - Gatteo Mare

Ravenna

  • Cervia - Milano Marittima, Pinarella
  • Ravenna - Lidi Ravennati

Rimini

  • Misano AdriaticoBellaria Igea MarinaCattolica

 

FRIULI VENEZIA GIULIA (2 - come nel 2013)

Gorizia

  • Grado

Udine

  • Lignano Sabbiadoro

 

LAZIO (7 - 2 in più rispetto al 2013)

Latina

  • Ventotene - Cala Nave
  • Sabaudia
  • Sperlonga
  • San Felice Circeo
  • Latina - Marina di Latina
  • Gaeta

Roma

  • Anzio

 

LIGURIA (20 - come nel 2013)

Genova

  • Chiavari
  • Moneglia
  • Lavagna

Imperia

  • Santo Stefano al Mare - Baia Azzurra
  • San Lorenzo al Mare
  • Bordighera

La Spezia

  • Ameglia - Fiumaretta
  • Framura - Fornaci
  • Lerici

Savona

  • Varazze
  • Pietra Ligure - Ponente
  • Bergeggi
  • Albisola Superiore
  • Albissola Marina
  • Celle Ligure
  • Finale Ligure
  • Spotorno - Zona Moli Sirio e Sant'Antonio
  • Savona - Fornaci
  • Loano
  • Noli

 

LOMBARDIA (1 - Come nel 2013)

Brescia

  • Gardone Riviera

 

MARCHE (17 -1 in meno rispetto al 2013)

Ancona

  • Ancona - Portonovo
  • Numana
  • Sirolo
  • Senigallia

Ascoli Piceno

  • Grottammare
  • Cupra Marittima
  • San Benedetto del Tronto

Fermo

  • Fermo - Lido, Marina Palmense
  • Porto S.Elpidio
  • Porto San Giorgio
  • Pedaso - Lungomare Centro

Macerata

  • Civitanova Marche
  • Potenza Picena - Porto Potenza Picena

Pesaro e Urbino

  • Pesaro
  • Gabicce Mare
  • Mondolfo - Marotta
  • Fano

 

MOLISE (3 - Come nel 2013)

Campobasso 

  • Petacciato - Marina
  • Campomarino - Lido
  • Termoli

 

PIEMONTE (1 - 1 in meno rispetto al 2013)

Verbano-Cusio-Ossola

  • Cannero Rivier

 

PUGLIA (9 - 1 in meno rispetto al 2013)

Bari

  • Polignano a Mare
  • Monopoli - Lido Rosso, Castel S.Stefano, Capitolo

Barletta-Andria-Trani

  • Margherita di Savoia - Centro Urbano Canna Fesca

Brindisi

  • Ostuni
  • Fasano

Lecce

  • Melendugno
  • Otranto
  • Salve
  • Castro

Taranto

  • Ginosa - Marina di Ginos

 

SARDEGNA (6 - 1 in meno rispetto al 2013)

Cagliari

  • Quartu S. Elena - Poetto

Ogliastra

  • Tortolì - Lido di Orrì, Lido di Cea

Olbia-Tempio

  • Santa Teresa Gallura - Rena Bianca, Capo Testa Ponente
  • Palau
  • La Maddalena - La Maddalena, Caprera

Oristano

  • Oristano - Torre Grande

 

SICILIA (5 - 1 in più rispetto al 2013)

Agrigento

Menfi

Messina

Lipari - Lipari, Vulcano

Ragusa

  • Ragusa - Marina di Ragusa
  • Pozzallo
  • Ispica

Trapani

  • Marsala - Signorino

 

TOSCANA (18 - 1 in più rispetto al 2013)

Grosseto

  • Monte Argentario
  • Grosseto - Marina di Grosseto e Principina a Mare
  • Castiglione della Pescaia
  • Follonica

Livorno

  • Rosignano Marittimo - Castiglioncello e Vada
  • Castagneto Carducci
  • Bibbona - Marina di Bibbona
  • Livorno - Antignano e Quercianella
  • Piombino - Parco naturale della Sterpaia
  • Cecina - Marina, Le Gorette
  • Marciana Marina (Elba) - La Fenicia
  • San Vincenzo

Lucca

  • Forte dei Marmi
  • Pietrasanta
  • Viareggio
  • Camaiore

Massa-Carrara

  • Carrara - Marina di Carrara Centro

Pisa

Pisa - Marina di Pisa, Tirrenia, Calambrone

TRENTINO ALTO ADIGE (5 - 4 in più rispetto al 2013)

 

Trento

  • Levico Terme - Lido
  • Calceranica al lago
  • Caldonazzo
  • Pergine Valsugana
  • Tenna

VENETO (7 - una in più rispetto al 2013)

Venezia

  • Venezia - Lido di Venezia
  • San Michele al Tagliamento - Bibione
  • Eraclea - Eraclea Mare
  • Chioggia - Sottomarina
  • Jesolo
  • Caorle
  • Cavallino Treport

Scarica qui l'elenco completo delle Spiagge Bandiera Blu 2014.

Marta Albè

Leggi anche:

Bandiere Blu 2013: tutte le spiagge e le localita' premiate

 

Cellulari e tumore al cervello: un’altra ricerca contro l’uso prolungato dei telefonini

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tumore cellulare

Tumori e cellulari: sono anni che ricerche su ricerche affermano che i cellulari, se usati frequentemente e per anni possono, possono causare un cancro. Ora uno studio francese è molto più diretto: perché il cellulare provochi un tumore al cervello è sufficiente usarlo già solo per mezz'ora

La ricerca, che è stata condotta dai ricercatori d'Oltralpe dell'Unità di epidemiologia e prevenzione (Isped) dell'Università di Bordeaux e pubblicata sulla rivista scientifica Occupational and Environmental Medicine, suggerisce che utilizzare il telefono cellulare per soli trenta minuti al giorno raddoppia il rischio di tumore al cervello.

LO STUDIO - Per arrivare a concludere che un uso intenso del telefonino mette a rischio il cervello, i ricercatori hanno esaminato 253 casi di glioma e 194 casi di meningioma riportati in quattro dipartimenti francesi (contee) tra il 2004 e il 2006.
Questi pazienti sono stati confrontati con altri 892 soggetti facenti parte di un gruppo di controllo o individui sani presi dalla popolazione generale, per individuare eventuali differenze tra i due gruppi.

Ebbene, dal confronto è emerso che il rischio era più elevato tra coloro che hanno usato in modo assiduo il cellulare, mentre ne erano più esposti coloro che avevano usato il telefonino per lavoro, con una media di uso di cinque anni.

I ricercatori di Bordeaux hanno così trovato che le persone che hanno usato il loro cellulare o smartphone per più di 15 ore al mese, in cinque anni in media, avevano tra due e tre volte un maggiore rischio di sviluppare dei tumori rispetto alle persone che avevano utilizzato il proprio telefono cellulare molto più raramente.

"È difficile, nel caso, definire il livello di rischiodicono i ricercatori – in particolare perché la tecnologia della telefonia mobile è in continua evoluzione. La rapida evoluzione della tecnologia ha portato a un notevole aumento dell'uso di telefoni cellulari e una diminuzione parallela di onde radio emesse dai telefoni stessi. Saranno dunque necessari studi che tengano conto di questi recenti sviluppi, consentendo l'osservazione di potenziali effetti a lungo termine".

Insomma, molte delle analisi fatte in questi anni, forse da che cellulare esiste, non hanno mai definitivamente chiarito se c'è o no una correlazione con il rischio cancro. "Il nostro studio è parte di questa tendenza, ma i risultati devono essere confermati", conclude Isabelle Baldi, dell'Università di Bordeaux, e coautrice dello studio.

Ricordiamoci che, in ogni caso, nel 2011, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha dichiarato che i campi a radiofrequenza utilizzati dai telefoni cellulari sono potenzialmente cancerogeni. È certo quindi che l'uso prolungato del cellulare ha delle conseguenze tutt'altro che positive. Qui i nostri consigli e le 8 cose da tenere presente prima di fare lunghe chiacchierate con gli amici.

Germana Carillo

LEGGI anche:

- I rischi del cellulare: 8 cose da tenere presente

- Cellulari e tumori: arriva la prima denuncia al Governo. Urgono nuove regole

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